Carlo Ripa di Meana

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  1. claudiocosta
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    Carlo Ripa di Meana mi ha mandato un suo articolo su Liberal
    Ve lo giro

    Ambientalismo & affari. Volevano salvare il mondo dal global warming, sono solo riusciti a dare visibilità ai black bloc
    Il business dell’Apocalisse
    La “grande impostura” dell’ecologismo radicale dopo il fallimento del summit di Copenhagen

    di Carlo Ripa di Meana
    La Conferenza sul Clima di Copenhagen voleva salvare dal global warming gli orsi polari bianchi, ed è invece riuscita a far arrivare in Danimarca gli umani neri e incappucciati, i black bloc, che sfasciano le città storiche, concludendo così con un clamoroso fallimento. È stata una Conferenza partita male: preparata con atteggiamenti retorici e teatrali e, soprattutto, fondata su basi scientifiche controverse e manipolate, messe sotto accusa prima dell’inizio dei lavori dai dati emersi con lo scandalo del climate-gate dell’Università dell’East Anglia, falsità confermate durante i lavori, quando Al Gore, annunciando l’avanzato scongelamento del Polo Nord, ha citato una fonte che a distanza di poche ore ha smentito l’ex vicepresidente americano di quanto gli aveva attribuito.

    La gestione della Conferenza da parte del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, dello stesso Al Gore, del principe Carlo e del consigliere del premier Brown, Nicolas Stern, è stata demagogica e imprudente. Un forte contributo in questa direzione isterica e catastrofista è venuto anche per mesi e mesi dal presidente Barack Obama. Così, è accaduto che una capitale europea bene organizzata è stata messa in ginocchio per dodici lunghi giorni concludendosi con un flop planetario.

    Comunque, è preferibile un fallimento ad un cattivo compromesso. Le parole di Obama hanno fatto altre volte miracoli, ma mi pare che la sua capacità di illusionismo climatico si stia riducendo: nel caso global warming, infatti, il presidente non ha avuto dalla sua il Senato, e dunque, alla fine della recita, Hillary Clinton ha annunciato cento miliardi di dollari ai Paesi più poveri per abbattere le loro emissioni. Questa decisione priva di altri impegni fermi e vincolanti degli Stati Uniti si iscrive ancora nella politica dei “doni salva coscienza” che tentano, in questo caso, di occultare gli altri mancati impegni degli Usa. Il problema non si risolve certo così. Non sono infatti le emissioni Co2 dei Paesi emergenti a costituire il maggior problema. Se si vuole abbattere l’inquinamento antropico del pianeta bisogna cominciare col farlo negli Usa, in Cina e, a seguire, in India, in Messico, in Brasile.
    La Conferenza ha svelato molte cose importanti di cui si dovrà tener conto. Prima di tutto è emerso che non è all’ordine del giorno la fine della civiltà industriale basata sul carbone, che include la siderurgia, la metalmeccanica, la petrolchimica.

    La società contemporanea carbon-free non è pronta. Il potere politico, è un’altra constatazione dopo la Conferenza di Copenhagen, non ha imboccato la strada del nucleare che è il modo diretto, piaccia o no, per ridurre il Co2. Eloquente a tale proposito il silenzio della grande Russia nucleare. Si è inoltre visto che la green industry a oggi è molto esile: lo constatiamo con una punta di ironia proprio nel momento in cui ci propongono, con incorreggibile retorica, una nuova generazione di biciclette con pedalata assistita, messa a punto da un italiano negli Stati Uniti. Si deve riconoscere, da parte di osservatori onesti e realisti, che non si vive di reti digitali intelligenti, le smart-grid, peraltro costosissime, che dovrebbero sostituire tutti gli elettrocondotti, le grandi reti energetiche, ecc.

    Non basta che l’Enel abbia delle tecnologie per chiudere nelle miniere dismesse il Co2 in eccesso per parlare di una consistente green industry italiana. La Conferenza di Copenhagen è nata su attese sviluppate in modo abnorme nelle opinioni pubbliche che, sulla base di una cattiva cultura e di dati scientifici manipolati, per scolpire nel bronzo che l’uomo sta alterando il clima producendo il riscaldamento globale, e che a tal fine occorrono misure autoritarie e spese sovrumane per evitare l’Apocalisse, si attendevano la palingenesi onusiana. Al Gore e Ban Ki-moon hanno già proposto di fare un nuovo summit a fine 2010 in Messico, preceduto da un incontro preparatorio a Bonn verso la metà del 2010.

    Anche lì, a Bonn e poi in Messico, si rischia di non concludere alcunché di efficace e reale, se non verrà rimossa la premessa, oggi ancora indiscutibile, che è alla base della teoria del global warming: è l’uomo che governa il clima e solo lui lo può modificare. Se si vuol fare davvero qualcosa per sbloccare lo stallo in cui la grande impostura climatica ha paralizzato le Nazioni Unite, come abbiamo visto a Copenhagen, quando decine di migliaia di giovani giunti da tutto il mondo hanno vissuto la frustrazione dello scacco, e l’inutilità degli scontri ripetuti contro la polizia secondo il piano dei black bloc, si deve – credo – compiere uno scrupoloso approfondimento scientifico del problema, senza più consegnarci agli apocalittici di professione. Abbiamo veramente bisogno prima di tutto di buona scienza, e non del piagnisteo, per giunta violento, come a Copenhagen, sull’ingiustizia economica come capro espiatorio di tutti i problemi. In questo quadro fatto di dure realtà, l’Europa deve ripensare a chi affidarsi: non può continuare a mettersi nelle mani delle lobby apocalittiche che serrano il primo ministro Gordon Brown, con il maturo principe ereditario, gli enarchi a Parigi, Legambiente, Greenpeace e Rifkin a Roma. Così si crea solo frustrazione, temporanea retorica e nulla di fatto.

    In Italia, ad esempio, un’opinione diversa esiste e si è rafforzata nel 2009, ma molti non la conoscono per il silenzio, non innocente, di una parte della comunicazione ufficiale. Parole di verità, invece, hanno scritto in particolare Il Foglio e liberal. Le analisi del Centro Bruno Leoni hanno offerto una consistente e accuratissima argomentazione contro gli scenari estremi dell’Ipcc (Intergovernamental panel on climate change). Ci sono poi illustri scienziati e grandi divulgatori, come Antonino Zichichi, Franco Prodi, Franco Battaglia, Folco Quilici, che hanno anche loro detto e scritto parole pesate e autorevoli. Anche nel mondo politico non sono mancate posizioni scettiche e propositive. Scettiche verso i pareri adottati a maggioranza dall’Ipcc e intrisi di previsioni catastrofiche, grandi città sommerse, i poli geografici liquefatti, la fine dell’ecosistema. Basti pensare alla posizione, molto critica, assunta autorevolmente dal presidente della commissione Ambiente del Senato, Antonio d’Alì.

    Lo stesso governo italiano è apparso tra i meno demagogici e dogmatici dell’Unione europea: penso ad alcune obiezioni che all’inizio dell’anno 2009 vennero dal ministro dell’Ambiente Prestigiacomo e dallo stesso presidente Berlusconi. Ciò nonostante, l’Italia a Copenhagen non ha giocato alcun ruolo. Non ha pesato. Vorrei ricordare, poi, che sull’eolico (la carta preferita dalle lobby italiane per le energie rinnovabili) è scoppiato uno scandalo sovranazionale. Basti leggere l’Herald Tribune americano di lunedì 14 dicembre, dove si racconta in prima pagina che al seguito delle rinnovabili arrivano le frodi. E si citano i Paesi dove sono avvenute prima che altrove queste illegalità: l’Italia guida il gruppo, che comprende la Spagna e il Portogallo. Non si può continuare a percorrere piste sbagliate. Ci si romperà la testa. Segnalo che il presidente della Repubblica ceca, Vaclav Klauss, ha impostato con chiarezza il problema che ci attende, tra i maggiori del futuro, in materia di energia e clima. Quel parere merita di essere studiato.

    L’Italia dovrebbe prepararsi ad una stagione di accertamento della verità scientifica, affrontando il grande inganno che finora ha dominato la scena ufficiale. Dall’Italia dovrebbe venire una valutazione veritiera delle potenzialità della green economy, che al momento non sono quelle della sua supposta chimerica “travolgente espansione”.
    Anthony Giddens su Repubblica del 5 gennaio non si dà pace e - citando il suo libro The politics of climate changes, pubblicato nove mesi fa - insiste nella sua tesi positiva e parla dell’accordo raggiunto che «potrà costituire un’intesa di riferimento da cui ripartire in seguito», anche se riconosce che ci servirà «oltre a ciò una molteplicità di accordi bilaterali e regionali, come pure – ebbene sì - delle coalizioni di volenterosi ». La babele programmatica. Molto più giusto utilizzare l’implacabile analisi di Carlo Bastasin del Sole24ore di domenica 3 gennaio, che, con una preziosa e documentatissima ricostruzione dell’ultima caotica giornata di lavori a Copenhagen, così riassume l’incapacità dell’Unione europea e singolarmente dei suoi Stati membri: «a rendere inefficace il ruolo europeo non è stata la divisione tra i Paesi bensì l’incapacità di pensare in termini di influenza strategica, nonché la mancanza di responsabilità politica di fronte a un fallimento che ogni leader nazionale può scaricare sull’Europa anziché su se stesso».
    Prima di Copenhagen, alcuni di noi in Italia volevano organizzare, a Volterra, un incontro che ponesse la questione del futuro climatico e energetico del pianeta in modo diverso. Sì, volevamo invitare Vaclav Klauss, uomini politici aperti e problematici, come d’Alì, Bondi, Casini e Granata, numerosi grandi scienziati e tutti coloro che a livello internazionale non vogliono affidarsi solo alle vulgate terrorizzanti promosse anche da interessi non innocenti delle lobby economiche.

    Quel Convegno avrebbe dovuto riaprire le pregiudiziali scientifiche dell’Ipcc, contestandone, dove vi sono, gli errori. Qualcuno ha pensato che non ce l’avremmo fatta a mettere in discussione i presupposti scientifici manipolati del Vertice sul clima, sostenuti ideologicamente e politicamente, senza riserve da una maggioranza dei Paesi partecipanti. I fatti hanno dimostrato che avremmo fatto bene a organizzare quel Convegno, anche se è molto faticoso e stressante chiamare un incontro internazionale in controtendenza, libero, indipendente, razionale. Rimango del parere che quello che non abbiamo fatto sarà bene fare in vista delle due tappe di Bonn e del Messico, dopo Copenhagen. La grande impostura è visibile a occhio nudo. Lo stallo egualmente. Ma i molti profeti dell’apocalisse, quelli naif e quelli del business, ci riproveranno. Sarebbe bene che questa volta fossero piegati dalla conoscenza e dalla razionalità.

     
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    Sublime.

    Claudio perche' non invinti Carlo Ripa di Meana a scrivere sul nostro Forum.
    Anche se non c'e' grande partecipazione sono i piccoli ritrovi, che col tempo e le giuste persone, danno le soddisfazioni migliori.
    Chissa', magari riusciamo a far tornare anche il nostro Franco Battaglia!
     
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  3. claudiocosta
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    intanto gli ho già segnalato il forum poi vediamo.
    E' proprio il Battaglia che gli ha dato la mia e mail...
     
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  4. claudiocosta
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    Sempre il Carlo Ripa di Meana “Il raggiro globale”

    http://mailstore.rossoalice.alice.it/excha...10.pdf?attach=1

    http://mailstore.rossoalice.alice.it/excha...10.pdf?attach=1
     
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  5. claudiocosta
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    La risposta all'appello di Carlo ripa di Meana sulla necessità di fare chiarezza sul global warming con una commissione nazionale:

    Ha ragione Carlo Ripa di Meana, è ora di fare chiarezza ed uscire da un pasticcio che crea solamente confusione. I temi dell’ambiente
    riguardano noi ma, cosa ancora più importante, riguardano il futuro dei nostri figli e di chi verrà dopo.
    Perciò, la questione del Global Warming ha bisogno di essere affrontata con serietà, chiarezza , trasparenza e, soprattutto, senza pregiudizi ideologici. Purtroppo i pregiudizi ideologici imperano, soprattutto sulle pagine di tanti giornali e negli studi di molti programmi televisivi, perché fanno rumore. Fa rumore annunciare catastrofi, fa anche rumore sostenere che non sta succedendo niente. E non è così difficile trovare pareri dal mondo scientifico a supporto dell’una e dell’altra tesi. Un mondo scientifico che qualche volta non si è dimostrato tale. I casi citati da Ripa di Meana (e sono solo i più eclatanti) anziché diventare un richiamo per tutti alla serietà e alla
    consapevolezza, diventano la grancassa per ribaltare all’eccesso opposto le posizioni.
    È doveroso tornare all’equilibrio e, ancor prima, è un dovere per la politica che dovrebbe ritrovare quel ruolo guida che purtroppo
    ha perso. Non è vero che non sta succedendo nulla, ma non è vero che tra pochi giorni ci troveremo nel mezzo di catastrofi senza la possibilità di recupero. Anzi, proprio a proposito dei tanti eventi alluvionali che colpiscono il nostro Paese mi piacerebbe che molti allarmisti ci facessero anche l’elenco degli interventi, reali, consistenti, che hanno predisposto e completato quando sono stati al governo. Così come chiediamo al governo in carica di abbandonare i proclami ed intervenire con piani di lungo respiro che dimostrino capacità di decidere e non solo di parlare. In questi anni se ne è parlato molto anche nelle commissioni competenti di Camera e Senato.
    È sufficiente rileggere i resoconti e si troveranno moltissimi interventi che partono da posizioni equilibrate e di buon senso, che, con capacità critica, analizzano quando sostenuto dal mondo scientifico dando anche idee per eventuali iniziative.
    Credo che si debba raccogliere la sollecitazione di Carlo Ripa di Meana e perciò con Ferdinando Adornato proporremo la costituzione
    di una Commissione d’inchiesta che dia credibilità e soprattutto trasparenza ai cittadini.
    Per un’azione efficace e utile è necessario che il Governo, di qualunque colore, ascolti il Parlamento e che il Parlamento abbandoni, specialmente da parte delle maggioranze di turno, la posizione rassegnata e si faccia sentire. Non è possibile ribaltare quanto fatto
    dalla Natura che ha messo l’uomo al centro. È normale che le condizioni del pianeta cambino, la popolazione aumenta e le attività industriali si sono moltiplicate. Ma non è limitando questo che si darà salvezza al genere umano che, proprio per suo compito deve crescere in nome di un famoso “andate e moltiplicatevi”. Bisogna smettere di abbaiare alla luna e iniziare ad operare affinché ci sia la certezza che i problemi sono reali e non finti. Così si potrà intervenire per le soluzioni, senza ideologie ma con tanta concretezza. L’uomo non vive di solo pane ma di pane ha bisogno. Certamente non vive con le ideologie ed ora ne ha sempre meno bisogno, ha bisogno di idee, di idee serie.
    H

    Edited by MetS - 27/2/2010, 13:46
     
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4 replies since 19/1/2010, 13:19   218 views
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