OGM:LETTERA APERTA AL VICE PRESIDENTE DELLA COLDIRETTI

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  1. claudiocosta
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    LETTERA APERTA AL VICE PRESIDENTE DELLA COLDIRETTI



    Dissento completamente sul seguente articolo, apparso sul sito della coldiretti Lombardia.

    http://www.liberidaogm.org/liberi/approfon...20sett%2007.pdf

    “ Il successo del made in Italy a tavola: prodotti OGM free”

    Di Nino Andena Vice presidente nazionale Coldiretti

    La Lombardia estesa su 23.860 Kmq si presenta divisa in tre zone naturali che si
    succedono da nord a sud: la montagna (40% del territorio) la collina (12,5%) la pianura (47%).
    Zone differenti tra loro per clima e paesaggio, ma caratterizzate ed accomunate da
    un’antica tradizione agricola il cui sviluppo convive con un’agricoltura moderna, altamente produttiva e competitiva, una cultura ancora oggi strettamente legata alle tradizioni del mondo rurale.
    La nostra regione vanta il più importante primato di eccellenza nel sistema agricolo e agro-alimentare sia a livello nazionale, rappresentando oltre il 15 % del totale italiano, sia nell’intero contesto europeo. Un primato che trova la sua forza nelle produzioni di elevata qualità legate ad una specificità territoriale.
    Numerose, infatti, sono le produzioni artigianali che offrono una grande e singolare varietà di prodotti tipici, ben 221 di cui 21 prodotti DOP, IGP - 14 vini DOC e 3 DOCG, di altissimo livello qualitativo (formaggi, es. grana padano, provolone, Taleggio, salumi, ad es. salame di Varzi, vino Franciacorta, Garda,Rosso di Valtellina, olio, olio extravergine di oliva laghi
    lombardi) .
    Con prodotto tipico si intende un prodotto caratteristico, originario di una determinata area geografica.
    Ogni zona presenta specificità che influiscono in modo determinante sulla produzione agricola locale, quali il terreno, il clima, i foraggi, ecc, a cui si aggiunge la tecnica di lavorazione.
    Pertanto quando si parla di prodotto tipico ci si riferisce al risultato di una lunga elaborazione che ha cercato di trarre il massimo da ciò che era disponibile in loco, affinandosi, adattandosi ed evolvendosi.
    Oggi l’agricoltura, nelle moderne economie post-industriali, assume una nuova e decisiva centralità, non più settore solamente produttivo in grado di svolgere un ruolo economico, ma settore che determina le condizioni della qualità della vita e la serenità delle persone, contribuendo a caratteristiche sociali, ambientali e paesaggistiche di una comunità.
    E’ necessario esaltare le caratteristiche di varietà dei prodotti agricoli e alimentari
    valorizzando la loro tipicità, genuinità e il legame inscindibile territorio – storia –cultura.
    Attualmente l’agricoltura e i processi di trasformazione si sono industrializzati ed il raffronto con un mercato non solo nazionale, ma anche comunitario e mondiale sta portando la produzione verso l’uniformità e la standardizzazione.
    L’obiettivo è mantenere, valorizzare e difendere la cultura locale che, nei secoli,
    generazione di contadini e di allevatori si sono tramandati e di cui i prodotti tipici sono una forte espressione.

    Il modello agroalimentare su cui si vuole fondare la ricchezza italiana è basato sui principi fin’ora esposti ed esclude la presenza di organismi modificati (OGM) in quanto incompatibili e inaccettabili: le colture transgeniche sarebbero economicamente non convenienti e ci priverebbero dell’eccezionale genuinità dei nostri prodotti.
    Non è accettabile il rischio di un modello di sviluppo fondato sull’appiattimento e sull’omologazione dell’agricoltura al servizio di logiche industriali, antitetico a quello necessario al nostro paese, il quale ha tutte le potenzialità per crescere verso quella globalizzazione multipolare, multiculturale, multiproduttiva e democratica indispensabile per il confronto.
    Inoltre, non si può ignorare la crescente sensibilità dei cittadini, in Lombardia come in Europa, per un’alimentazione sana, per la tutela dell’ambiente e verso gli aspetti etici nell’economia, rafforzando la domanda di prodotti agricoli e alimentari di qualità e facendo crescere un atteggiamento critico e consapevole verso le applicazioni biotecnologiche in questo campo.
    Tre italiani su quattro (74%) sono convinti che i prodotti contenenti OGM non fanno bene alla salute secondo le indagini Coldiretti Ispo sulle abitudini alimentari. Mentre all’estero danneggerebbe l’immmagine complessiva del Made in Italy alimentari causando danni economici irrimediabili con oltre la metà degli stranieri (55%) che eviterebbe gli alimenti interessati con addirittura il 15% che si rifiuterebbe tutti i cibi nazionali.
    Il consumatore ha le idee ben chiare; i consumatori non hanno alcuna intenzione di acquistare alimenti transgenici, a fronte di un aumento dei rischi (anche solo potenziali) legati al consumo di organismi transgenici, non si ottiene alcun tipo di vantaggio.
    Con l’introduzione della coltivazione di OGM con ogni probabilità si determinerà una riduzione della variabilità genetica e conseguentemente una riduzione in termini di variabilità nutrizionale.
    La crescente opposizione del biotech nel piatto non è per le Imprese agricole il frutto di una scelta ideologica, ma economica a tutela dell’Impresa , la nostra agricoltura dovrebbe abbandonare una strategia sicura, basata sulla qualità, sulla tracciabilità e sicurezza alimentare per far posto ad un a produzione omologante.
    Comprensiva, oltretutto di costi gestionali per gli operatori del settore
    agroalimentare nella separazione delle filiere, e con un irreversibile impatto
    ambientale ed una limitazione di scelta per i consumatori.
    Interpretando questa sensibilità molte istituzioni pubbliche, province e comuni hanno costituito una rete di territori Ogm-free che stanno investendo risorse ed energie nella realizzazione di un modello sostenibile, basato su un rapporto di reciprocità “produttore-consumatore”, sulla tutela dell’ambiente, sulla multifunzionalità dell’impresa e sulla valorizzazione dei saperi e delle conoscenze. Coldiretti da ormai dieci anni ha concretizzato il suo impegno per dare una risposta chiara alle imprese e ai cittadini collaborando con il mondo scientifico che ha permesso di rendere un servizio in termini di conoscenza obiettiva del problema per poi cominciare a costruire una significativa alleanza con le altre parti sociali.
    Si intende pertanto rafforzare la propria azione che in questi anni ha portato ad ottenere già 2360 delibere di comuni OGM free di cui 300, in Lombardia, incluse 7 comunità montane e 2 province.
    I cittadini hanno il diritto di scegliere un modello di agricoltura legato alla qualità nel rispetto dell’ambiente e del territorio , attento alla sicurezza alimentare ed è per questo che da oggi per i prossimi due mesi diverrà il vero protagonista della consultazione nazionale, avrà l’opportunità di dire SI alla domanda: “Vuoi che l’agroalimentare, il cibo e la sua genuinità, siano il cuore dello sviluppo, fatto di persone e territori, salute e qualità, sostenibile e innovativo, fondato sulla biodiversità, libero da OGM?”.
    Il sistema agroalimentare lombardo può e deve decidere di perseguire uno sviluppo “Libero da Ogm e dare una nuova forza competitiva alle produzioni regionali attraverso il valore aggiunto determinato dall’assenza di Ogm. Uno sviluppo che dovrà essere accompagnato da un rinnovato impegno della ricerca, delle istituzioni pubbliche e di tutti i soggetti coinvolti per dare adeguate e innovative risposte alle nuove sfide imposte dalla competizione internazionale, in un contesto di regole condivise e democratiche.

    Nino Andena

    CRITICA:

    Non mi occupo di ortofrutta ma di zootecnia, sono, infatti, un veterinario allevatore, e la mia famiglia è iscritta alla coldiretti da tre generazioni. Ritengo la politica della coldiretti contraria agli OGM deleteria per la zootecnia italiana.

    Lei scrive:

    “Il modello agroalimentare su cui si vuole fondare la ricchezza italiana è basato sui principi finora esposti ed esclude la presenza di organismi modificati (OGM) in quanto incompatibili e inaccettabili: le colture transgeniche sarebbero economicamente non convenienti e ci priverebbero dell’eccezionale genuinità dei nostri prodotti.”

    Tra i prodotti tipici dai i quali chiede di escludere gli OGM perché incompatibili inaccettabili e antieconomici, ci sono i salumi e i formaggi tipici. Attualmente la produzione di latte e carne italiana è attuata con l’uso copioso di mangimi contenenti OGM in particolare soya rr e mays bt, ammessi dall’U.E.
    Le produzioni zootecniche OGM free, che già ci sono e nessuno le vieta, restano e resteranno un prodotto di nicchia, proprio perché i costi di produzione sono più alti.
    Se le coltivazioni erbacce OGM fossero antieconomiche, ci dovrebbe spiegare come mai milioni di agricoltori le hanno scelte nel mondo (perché in realtà o aumentano le produzioni o abbassano i costi dei trattamenti) e perché i mangimi OGM-free sono molto più costosi.
    Obbligare le produzioni zootecniche destinate ai prodotti tipici (cioè gran parte della zootecnia italiana) a scegliere la via degli OGM-free equivale a determinare un generale aumento dei costi di produzione per un settore che è in crisi totale.
    Occorre che gli allevatori si oppongano a quest’assurdità!

    Lei scrive:


    “Tre italiani su quattro (74%) sono convinti che i prodotti contenenti OGM non fanno bene alla salute secondo le indagini Coldiretti Ispo sulle abitudini alimentari”

    Per forza sono stati terrorizzati da un bombardamento di scemenze, senza alcun fondamento scientifico, fatto dai fanatici ambientalisti, e ripreso da tutti i media.

    - Come l’allarme per le allergie mortali della fragola OGM, con i geni del pesce artico, (Paissan dei verdi) mentre la fragola artica e un prodotto inesistente, mai stato commercializzato.


    - O come nel caso della campagna anti OGM di Mario Capanna amplificata da tutti i media e finanziata da si sà chi, e poco dopo la COOP è uscita con la linea di latte OGM-free (come se il latte OGM-free fosse migliore!)

    Dovrebbe essere il ruolo della coldiretti quello di tutelare una corretta informazione sull’alimentazione invece a quanto vedo rifate il verso ai fanatici ambientalisti.

    Lei scrive:

    “Il consumatore ha le idee ben chiare; i consumatori non hanno alcuna intenzione di acquistare alimenti transgenici, a fronte di un aumento dei rischi (anche solo potenziali) legati al consumo di organismi transgenici, non si ottiene alcun tipo di vantaggio…….La crescente opposizione del biotech nel piatto non è per le Imprese agricole il frutto di una scelta ideologica, ma economica a tutela dell’Impresa , la nostra agricoltura dovrebbe abbandonare una strategia sicura, basata sulla qualità, sulla tracciabilità e sicurezza alimentare per far posto ad un a produzione omologante. Comprensiva, oltretutto di costi gestionali per gli operatori del settore agroalimentare nella separazione delle filiere, e con un irreversibile impatto ambientale ed una limitazione di scelta per i consumatori.”


    Per fare queste affermazioni dovrebbe dimostrare, punto per punto, con pubblicazioni scientifiche:

    - I rischi della soya rr e del mays bt.

    - L’irreversibile impatto ambientale della soya rr e del mays bt (manca solo che siano accusati di essere la causa del riscaldamento globale, come fanno con la zootecnia, che si chiude la fiera del catastrofismo.)

    - La diminuzione della qualità di latte e carne, italiani, attualmente prodotti con OGM.


    - La diminuzione della tracciabilità di latte e carne, italiani, attualmente prodotti con OGM.

    - La diminuzione della sicurezza di latte e carne, italiani, attualmente prodotti con OGM.


    - La diminuzione della strategia sicura nella produzione di latte e carne, italiani, attualmente prodotti con OGM.

    - L’omologazione e l’appiattimento dei salumi e dei formaggi tipici, fatti con latte e carne, italiani, attualmente prodotti con OGM.

    Sia la soya rr sia il mays bt sono prodotti (a parità di condizioni con un minor uso di disinfestanti, il primo, e antiparassitari il secondo) si presume quindi che contengano meno residui.
    In realtà il mays bt che è un prodotto OGM resistente alla piralide contiene meno micotossine cancerogene (fumonisine) fino anche a un fattore dieci, perché essendoci meno marciumi dovuti alla piralide, si sviluppano meno le micotossine. Paradossalmente il latte OGM free, a es quello della COOP, spacciato per migliore, potrebbe contenere una concentrazione di micotossine cancerogene, e di residui chimici, più alta del latte in vendita in Italia che è tutto prodotto con mangimi OGM. La stessa cosa vale per i salumi.
    L’unico valore aggiunto dei prodotti OGM è l’aumento dei costi di produzione.

    E perché mai gli allevatori dovrebbe scegliere di fare un prodotto peggiore, e che costa di più?
    Paradossale il fatto che in U.E. unico esempio al mondo si possano consumare gli OGM (17) ma non si possano coltivare con gli evidenti vantaggi.

    Delle domande invece sull’ortofrutta:

    Facciamo l’esempio di un vino, se ci fosse un vitigno OGM, ovviamente atossico come tutti gli OGM ammessi, ad esempio un cabernet, resistente alle gelate, o a delle malattie quindi con la possibilità di diminuire i trattamenti chimici, (come di fatto avviene per gli attuali OGM) lei ne chiederebbe il divieto?
    Senza alcuna motivazione scientifica?
    Solo per non contrariare dei fanatici ambientalisti?
    Lo stesso esempio vale per qualsiasi prodotto ortofrutticolo. L’ingegneria genetica potrebbe determinare in futuro, il completo abbandono dei trattamenti chimici, cioè un prodotto biologico, ma OGM. Lei ne chiederebbe il divieto?

    Nel caso affermativo si porrebbe come la chiesa davanti a Galileo.

    “Il Cardinale Bellarmino a Galileo che lo invitava a guardare nel cannocchiale perché, osservando i movimenti dei satelliti di Giove, si convincesse del moto della terra attorno al Sole, rispondeva: non ho bisogno di guardare il cannocchiale, mi basta la Bibbia".
    Da : “Vita di Galileo” di Bertolt Brecht
    A proposito di Galileo la invito alla lettura della lettera sugli OGM dell’associazione Galileo 2001 di cui sono socio.

    http://www.galileo2001.it/identita/comunic...tera_aperta.php

    Invierò questa mia protesta a tutti i soci dell’associazione.

    Un’altra domanda:

    E’ vero, come dicono i dirigenti della regione Lombardia, che alla stesura della normativa nitrati (5868) della regione Lombardia, lei con gli altri rappresentanti, ha chiesto di sostituire l’obbligo degli agricoltori a utilizzare i reflui zootecnici, con la dicitura “adesione volontaria”?
    Inguaiandoci per sempre? Favorendo di fatto la speculazione sulle concessioni-spandiemnto e la vendita dei concimi minerali.
    Tra normativa nitrati e divieto degli OGM, vuole ridurre la zootecnia Lombarda e italiana ad una produzione di nicchia?

    Cioè: ci vuole portare alla malora?

    Edited by claudiocosta - 24/9/2008, 13:14
     
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