OGM:LETTERA APERTA AL VICE PRESIDENTE DELLA COLDIRETTI

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. claudiocosta
        Like  
     
    .

    User deleted




    LETTERA APERTA AL VICE PRESIDENTE DELLA COLDIRETTI



    Dissento completamente sul seguente articolo, apparso sul sito della coldiretti Lombardia.

    http://www.liberidaogm.org/liberi/approfon...20sett%2007.pdf

    “ Il successo del made in Italy a tavola: prodotti OGM free”

    Di Nino Andena Vice presidente nazionale Coldiretti

    La Lombardia estesa su 23.860 Kmq si presenta divisa in tre zone naturali che si
    succedono da nord a sud: la montagna (40% del territorio) la collina (12,5%) la pianura (47%).
    Zone differenti tra loro per clima e paesaggio, ma caratterizzate ed accomunate da
    un’antica tradizione agricola il cui sviluppo convive con un’agricoltura moderna, altamente produttiva e competitiva, una cultura ancora oggi strettamente legata alle tradizioni del mondo rurale.
    La nostra regione vanta il più importante primato di eccellenza nel sistema agricolo e agro-alimentare sia a livello nazionale, rappresentando oltre il 15 % del totale italiano, sia nell’intero contesto europeo. Un primato che trova la sua forza nelle produzioni di elevata qualità legate ad una specificità territoriale.
    Numerose, infatti, sono le produzioni artigianali che offrono una grande e singolare varietà di prodotti tipici, ben 221 di cui 21 prodotti DOP, IGP - 14 vini DOC e 3 DOCG, di altissimo livello qualitativo (formaggi, es. grana padano, provolone, Taleggio, salumi, ad es. salame di Varzi, vino Franciacorta, Garda,Rosso di Valtellina, olio, olio extravergine di oliva laghi
    lombardi) .
    Con prodotto tipico si intende un prodotto caratteristico, originario di una determinata area geografica.
    Ogni zona presenta specificità che influiscono in modo determinante sulla produzione agricola locale, quali il terreno, il clima, i foraggi, ecc, a cui si aggiunge la tecnica di lavorazione.
    Pertanto quando si parla di prodotto tipico ci si riferisce al risultato di una lunga elaborazione che ha cercato di trarre il massimo da ciò che era disponibile in loco, affinandosi, adattandosi ed evolvendosi.
    Oggi l’agricoltura, nelle moderne economie post-industriali, assume una nuova e decisiva centralità, non più settore solamente produttivo in grado di svolgere un ruolo economico, ma settore che determina le condizioni della qualità della vita e la serenità delle persone, contribuendo a caratteristiche sociali, ambientali e paesaggistiche di una comunità.
    E’ necessario esaltare le caratteristiche di varietà dei prodotti agricoli e alimentari
    valorizzando la loro tipicità, genuinità e il legame inscindibile territorio – storia –cultura.
    Attualmente l’agricoltura e i processi di trasformazione si sono industrializzati ed il raffronto con un mercato non solo nazionale, ma anche comunitario e mondiale sta portando la produzione verso l’uniformità e la standardizzazione.
    L’obiettivo è mantenere, valorizzare e difendere la cultura locale che, nei secoli,
    generazione di contadini e di allevatori si sono tramandati e di cui i prodotti tipici sono una forte espressione.

    Il modello agroalimentare su cui si vuole fondare la ricchezza italiana è basato sui principi fin’ora esposti ed esclude la presenza di organismi modificati (OGM) in quanto incompatibili e inaccettabili: le colture transgeniche sarebbero economicamente non convenienti e ci priverebbero dell’eccezionale genuinità dei nostri prodotti.
    Non è accettabile il rischio di un modello di sviluppo fondato sull’appiattimento e sull’omologazione dell’agricoltura al servizio di logiche industriali, antitetico a quello necessario al nostro paese, il quale ha tutte le potenzialità per crescere verso quella globalizzazione multipolare, multiculturale, multiproduttiva e democratica indispensabile per il confronto.
    Inoltre, non si può ignorare la crescente sensibilità dei cittadini, in Lombardia come in Europa, per un’alimentazione sana, per la tutela dell’ambiente e verso gli aspetti etici nell’economia, rafforzando la domanda di prodotti agricoli e alimentari di qualità e facendo crescere un atteggiamento critico e consapevole verso le applicazioni biotecnologiche in questo campo.
    Tre italiani su quattro (74%) sono convinti che i prodotti contenenti OGM non fanno bene alla salute secondo le indagini Coldiretti Ispo sulle abitudini alimentari. Mentre all’estero danneggerebbe l’immmagine complessiva del Made in Italy alimentari causando danni economici irrimediabili con oltre la metà degli stranieri (55%) che eviterebbe gli alimenti interessati con addirittura il 15% che si rifiuterebbe tutti i cibi nazionali.
    Il consumatore ha le idee ben chiare; i consumatori non hanno alcuna intenzione di acquistare alimenti transgenici, a fronte di un aumento dei rischi (anche solo potenziali) legati al consumo di organismi transgenici, non si ottiene alcun tipo di vantaggio.
    Con l’introduzione della coltivazione di OGM con ogni probabilità si determinerà una riduzione della variabilità genetica e conseguentemente una riduzione in termini di variabilità nutrizionale.
    La crescente opposizione del biotech nel piatto non è per le Imprese agricole il frutto di una scelta ideologica, ma economica a tutela dell’Impresa , la nostra agricoltura dovrebbe abbandonare una strategia sicura, basata sulla qualità, sulla tracciabilità e sicurezza alimentare per far posto ad un a produzione omologante.
    Comprensiva, oltretutto di costi gestionali per gli operatori del settore
    agroalimentare nella separazione delle filiere, e con un irreversibile impatto
    ambientale ed una limitazione di scelta per i consumatori.
    Interpretando questa sensibilità molte istituzioni pubbliche, province e comuni hanno costituito una rete di territori Ogm-free che stanno investendo risorse ed energie nella realizzazione di un modello sostenibile, basato su un rapporto di reciprocità “produttore-consumatore”, sulla tutela dell’ambiente, sulla multifunzionalità dell’impresa e sulla valorizzazione dei saperi e delle conoscenze. Coldiretti da ormai dieci anni ha concretizzato il suo impegno per dare una risposta chiara alle imprese e ai cittadini collaborando con il mondo scientifico che ha permesso di rendere un servizio in termini di conoscenza obiettiva del problema per poi cominciare a costruire una significativa alleanza con le altre parti sociali.
    Si intende pertanto rafforzare la propria azione che in questi anni ha portato ad ottenere già 2360 delibere di comuni OGM free di cui 300, in Lombardia, incluse 7 comunità montane e 2 province.
    I cittadini hanno il diritto di scegliere un modello di agricoltura legato alla qualità nel rispetto dell’ambiente e del territorio , attento alla sicurezza alimentare ed è per questo che da oggi per i prossimi due mesi diverrà il vero protagonista della consultazione nazionale, avrà l’opportunità di dire SI alla domanda: “Vuoi che l’agroalimentare, il cibo e la sua genuinità, siano il cuore dello sviluppo, fatto di persone e territori, salute e qualità, sostenibile e innovativo, fondato sulla biodiversità, libero da OGM?”.
    Il sistema agroalimentare lombardo può e deve decidere di perseguire uno sviluppo “Libero da Ogm e dare una nuova forza competitiva alle produzioni regionali attraverso il valore aggiunto determinato dall’assenza di Ogm. Uno sviluppo che dovrà essere accompagnato da un rinnovato impegno della ricerca, delle istituzioni pubbliche e di tutti i soggetti coinvolti per dare adeguate e innovative risposte alle nuove sfide imposte dalla competizione internazionale, in un contesto di regole condivise e democratiche.

    Nino Andena

    CRITICA:

    Non mi occupo di ortofrutta ma di zootecnia, sono, infatti, un veterinario allevatore, e la mia famiglia è iscritta alla coldiretti da tre generazioni. Ritengo la politica della coldiretti contraria agli OGM deleteria per la zootecnia italiana.

    Lei scrive:

    “Il modello agroalimentare su cui si vuole fondare la ricchezza italiana è basato sui principi finora esposti ed esclude la presenza di organismi modificati (OGM) in quanto incompatibili e inaccettabili: le colture transgeniche sarebbero economicamente non convenienti e ci priverebbero dell’eccezionale genuinità dei nostri prodotti.”

    Tra i prodotti tipici dai i quali chiede di escludere gli OGM perché incompatibili inaccettabili e antieconomici, ci sono i salumi e i formaggi tipici. Attualmente la produzione di latte e carne italiana è attuata con l’uso copioso di mangimi contenenti OGM in particolare soya rr e mays bt, ammessi dall’U.E.
    Le produzioni zootecniche OGM free, che già ci sono e nessuno le vieta, restano e resteranno un prodotto di nicchia, proprio perché i costi di produzione sono più alti.
    Se le coltivazioni erbacce OGM fossero antieconomiche, ci dovrebbe spiegare come mai milioni di agricoltori le hanno scelte nel mondo (perché in realtà o aumentano le produzioni o abbassano i costi dei trattamenti) e perché i mangimi OGM-free sono molto più costosi.
    Obbligare le produzioni zootecniche destinate ai prodotti tipici (cioè gran parte della zootecnia italiana) a scegliere la via degli OGM-free equivale a determinare un generale aumento dei costi di produzione per un settore che è in crisi totale.
    Occorre che gli allevatori si oppongano a quest’assurdità!

    Lei scrive:


    “Tre italiani su quattro (74%) sono convinti che i prodotti contenenti OGM non fanno bene alla salute secondo le indagini Coldiretti Ispo sulle abitudini alimentari”

    Per forza sono stati terrorizzati da un bombardamento di scemenze, senza alcun fondamento scientifico, fatto dai fanatici ambientalisti, e ripreso da tutti i media.

    - Come l’allarme per le allergie mortali della fragola OGM, con i geni del pesce artico, (Paissan dei verdi) mentre la fragola artica e un prodotto inesistente, mai stato commercializzato.


    - O come nel caso della campagna anti OGM di Mario Capanna amplificata da tutti i media e finanziata da si sà chi, e poco dopo la COOP è uscita con la linea di latte OGM-free (come se il latte OGM-free fosse migliore!)

    Dovrebbe essere il ruolo della coldiretti quello di tutelare una corretta informazione sull’alimentazione invece a quanto vedo rifate il verso ai fanatici ambientalisti.

    Lei scrive:

    “Il consumatore ha le idee ben chiare; i consumatori non hanno alcuna intenzione di acquistare alimenti transgenici, a fronte di un aumento dei rischi (anche solo potenziali) legati al consumo di organismi transgenici, non si ottiene alcun tipo di vantaggio…….La crescente opposizione del biotech nel piatto non è per le Imprese agricole il frutto di una scelta ideologica, ma economica a tutela dell’Impresa , la nostra agricoltura dovrebbe abbandonare una strategia sicura, basata sulla qualità, sulla tracciabilità e sicurezza alimentare per far posto ad un a produzione omologante. Comprensiva, oltretutto di costi gestionali per gli operatori del settore agroalimentare nella separazione delle filiere, e con un irreversibile impatto ambientale ed una limitazione di scelta per i consumatori.”


    Per fare queste affermazioni dovrebbe dimostrare, punto per punto, con pubblicazioni scientifiche:

    - I rischi della soya rr e del mays bt.

    - L’irreversibile impatto ambientale della soya rr e del mays bt (manca solo che siano accusati di essere la causa del riscaldamento globale, come fanno con la zootecnia, che si chiude la fiera del catastrofismo.)

    - La diminuzione della qualità di latte e carne, italiani, attualmente prodotti con OGM.


    - La diminuzione della tracciabilità di latte e carne, italiani, attualmente prodotti con OGM.

    - La diminuzione della sicurezza di latte e carne, italiani, attualmente prodotti con OGM.


    - La diminuzione della strategia sicura nella produzione di latte e carne, italiani, attualmente prodotti con OGM.

    - L’omologazione e l’appiattimento dei salumi e dei formaggi tipici, fatti con latte e carne, italiani, attualmente prodotti con OGM.

    Sia la soya rr sia il mays bt sono prodotti (a parità di condizioni con un minor uso di disinfestanti, il primo, e antiparassitari il secondo) si presume quindi che contengano meno residui.
    In realtà il mays bt che è un prodotto OGM resistente alla piralide contiene meno micotossine cancerogene (fumonisine) fino anche a un fattore dieci, perché essendoci meno marciumi dovuti alla piralide, si sviluppano meno le micotossine. Paradossalmente il latte OGM free, a es quello della COOP, spacciato per migliore, potrebbe contenere una concentrazione di micotossine cancerogene, e di residui chimici, più alta del latte in vendita in Italia che è tutto prodotto con mangimi OGM. La stessa cosa vale per i salumi.
    L’unico valore aggiunto dei prodotti OGM è l’aumento dei costi di produzione.

    E perché mai gli allevatori dovrebbe scegliere di fare un prodotto peggiore, e che costa di più?
    Paradossale il fatto che in U.E. unico esempio al mondo si possano consumare gli OGM (17) ma non si possano coltivare con gli evidenti vantaggi.

    Delle domande invece sull’ortofrutta:

    Facciamo l’esempio di un vino, se ci fosse un vitigno OGM, ovviamente atossico come tutti gli OGM ammessi, ad esempio un cabernet, resistente alle gelate, o a delle malattie quindi con la possibilità di diminuire i trattamenti chimici, (come di fatto avviene per gli attuali OGM) lei ne chiederebbe il divieto?
    Senza alcuna motivazione scientifica?
    Solo per non contrariare dei fanatici ambientalisti?
    Lo stesso esempio vale per qualsiasi prodotto ortofrutticolo. L’ingegneria genetica potrebbe determinare in futuro, il completo abbandono dei trattamenti chimici, cioè un prodotto biologico, ma OGM. Lei ne chiederebbe il divieto?

    Nel caso affermativo si porrebbe come la chiesa davanti a Galileo.

    “Il Cardinale Bellarmino a Galileo che lo invitava a guardare nel cannocchiale perché, osservando i movimenti dei satelliti di Giove, si convincesse del moto della terra attorno al Sole, rispondeva: non ho bisogno di guardare il cannocchiale, mi basta la Bibbia".
    Da : “Vita di Galileo” di Bertolt Brecht
    A proposito di Galileo la invito alla lettura della lettera sugli OGM dell’associazione Galileo 2001 di cui sono socio.

    http://www.galileo2001.it/identita/comunic...tera_aperta.php

    Invierò questa mia protesta a tutti i soci dell’associazione.

    Un’altra domanda:

    E’ vero, come dicono i dirigenti della regione Lombardia, che alla stesura della normativa nitrati (5868) della regione Lombardia, lei con gli altri rappresentanti, ha chiesto di sostituire l’obbligo degli agricoltori a utilizzare i reflui zootecnici, con la dicitura “adesione volontaria”?
    Inguaiandoci per sempre? Favorendo di fatto la speculazione sulle concessioni-spandiemnto e la vendita dei concimi minerali.
    Tra normativa nitrati e divieto degli OGM, vuole ridurre la zootecnia Lombarda e italiana ad una produzione di nicchia?

    Cioè: ci vuole portare alla malora?

    Edited by claudiocosta - 24/9/2008, 13:14
     
    .
  2. claudiocosta
        Like  
     
    .

    User deleted


    Giro un pò di commenti da em private a cui tolgo i nominativi per privacy
    .


    --------------------------------------------------------------------------------

    Egregi Dott Claudio Costa e
    Vicepresidente Coldiretti Nino Andena,

    forse per una volta potreste avere ragione entrambi, ma solo in parte.
    Mi spiego meglio e brevemente, con un primo approccio ad un problema
    complesso: non vedo niente di male a che si coltivino ad esempio colza,
    soia o mais per utilizzarli per produrre biodiesel o per alimentazione
    animale, ma lo lascerei fare al sudamerica dove Argentina, Brasile e
    Venezuela dispongono di vasti territori da adibire a questo scopo.
    Farlo in Italia sarebbe molto difficile e rischioso per la inevitabile
    contaminazione delle zone vicine a colture OGM e molto probabilmente non
    sarebbero competitive con i prodotti di quei paesi.
    Insomma molti rischi e vantaggi scarsi.
    Ad esempio non utilizzerei latte OGM per produrre formaggio Parmigiano,
    il Parmesan non mi piace, semmai preferirei il
    Grana Padano.
    Credo che tutti abbiano assaggiato quei pomodori che io ho definito
    scherzosamente Montedison e che, tagliati a metà,
    presentano un anello di polpa bianca, ma scarso gusto, al contrario dei
    San Marzano originali che diventano sempre più rari.
    In questi casi, ed in altri simili, ha ragione la coldiretti a difendere
    originalità, qualità e tradizione, non solo dei prodotti
    ortofrutticoli, ma anche dei disciplinari utilizzati per ottenerne i
    derivati.
    In questo modo i prodotti del nostro agoalimentare, considerati di
    nicchia, ovvero rari, se confrontati alle grandi quantità prodotte dagli
    altri paesi, acquistano il pregio che ne permette l'esportazone con
    profitto.
    Con questo non ho nessun pregiudizio nei confronti della ricerca sugli
    OGM in generale nè soprattutto di quelle mirate ai casi di possibile
    utilizzo pratico nel nostro paese.
    Cordiali saluti
    Ing G.

    Risposta

    Ti ringrazio dell'attenzione.

    Gli OGM sono sterili e non hanno nessuna alterazione del sapore e della consistenza rispetto all'originale.

    E' praticamente impossibile reperire i mangimi OGM free per tutte le produzioni tipiche italiane dal momento che l'80% circa della soya che entra in UE è OGM cioè la soya rr e dal momento che l'EU non copre nemmeno il 10% del fabbisogno.
    La strada è quella di considerare normale il cibo OGM o prodotto con mangimi OGM e di nicchia quello OGM free.



    Altra risposta:


    Quale cittadino la posizione dell'ing.G. ........ mi preoccupa notevolmente.
    Il nòcciolo è la sua frase "in Italia sarebbe molto difficile e rischioso per la inevitabile contaminazione delle zone vicine a colture OGM".
    Non credo che sia un pericolo reale.
    E se lo fosse, la contaminazione sarebbe così facile da parte dei "brutti e cattivi", che essere impensabile prevenirla.

    Io temo che il divieto di coltivazioni OGM ci renda meno competitivi: sono del parere che debbano essere permesse, non... obbligatorie.
    Ma se la Coldiretti o gli agricoltori in generale ritengono che dichiarare l'Italia "OGM Free" paghi sul mercato mondiale - io non ci credo - gli si faccia pure una legge come la vogliono, e si mantenga l'Italia "OGM free", come è già "Nuke Free" e forse anche "Brain-Free".
    Non sono un coltivatore, e non è affar mio.

    Ma allora, come cittadino, non devono esserci tasse sui cibi OGM importati, né facilitazioni di alcun genere ai venditori di "OGM-Free", "Biologico" o addirittura "Biodinamico".
    Obbligo di etichettatura, ok, ma libertà di scelta. Ho il diritto di scegliere i pomodori stra-transegenici, non solo: ma di non dover pagare una tassa per la mia scelta.
    Altrimenti il successo dell'agricoltura non sarà dovuto alla bravura agricola, ma agli incentivi: e questo è socialmente ingiusto.
    E vorrei decidere io se mi sembrano saporiti o insipidi, e se mettere nella pasta il Parmesan o il Parmigiano.

    Temo che i vari fautori del divieto di OGM stiano solo aiutando USA, Canada e altri paesi che hanno sviluppato la tecnologia a farci inviluppare nella nostra "mistica della natura" e a tenerci fuori della concorrenza globale.
    Se si permette l'OGM, chi vieta ai produttori di San Marzano "OGM free" di pubblicizzarli e venderli? Perché vogliono vietare la concorrenza?

    Pongo anche un quesito di natura teorica. Se non sbaglio, prima della nascita dell'ingegneria genetica, si usava irradiare i semi, seminare, buttare via tutto ciò che la mutazione casuale dovuta alle radiazioni aveva reso sterile o peggiore, e cercare di selezionare razze migliori.
    E così si sono ottenute tutte le varietà "migliorate" di frumento, orzo eccetera. Il pane che mangiamo oggi, ottenuto da varietà così selezionate, non è altrettanto OGM delle varietà che si ottengono oggi modificando il DNA con tecniche più mirate?

    Grazie a chi sappia dirmelo"
    Cordiali saluti
    Prof N.


     
    .
  3. claudiocosta
        Like  
     
    .

    User deleted


    Altre em private

    ho letto la tua lettera ... sei sempre grande ! alla prossima aggiungi anche che le tre organizzazioni (cia coldiretti e upa) si stanno adoperando per creare al loro interno un gruppo di pseudo agronomi per poter gestire tutte le pratiche nitrati ,fino qui nulla da dire, ma chi garantirà che non vengano attivati mercatini vari sulle firme di smaltimento? sai com'è le quote latte insegnano, con una buona fotocopiatrice=tanti contanti $, e tutti mungevano in regola.
    Medita non succede mai niente per niente!!!!!

    ti abbraccio a presto ciao

    B. un sindacalista!


    Ottimo intervento

    prof P. Uniroma

    Aggiungo che la certificazione OGM free si basa sulla dichiarazione dell'allevatore ma anche del mangimificio che ha conferito al tale allevamento solo mangime OGM free. ma tutti i mangimisti sanno perfettamente che la soya che è sottoforma di farina di estrazione, avendo subito trattamenti termici elevati è difficilmente distinguibile. Pochi laboratori al mondo sono in grado di distinguere il dna OGM free da quello OGM in una farina di estrazione.

    "il santo bruciava sul rogo ...an vedi che santo col vestito d'amianto"

    Rino Gaetano.
     
    .
  4. claudiocosta
        Like  
     
    .

    User deleted


    Da:http://economiaefinanza.blogosfere.it/2007/11/ogm-il-voto-truffato-di-mario-capanna-e-le-ragioni-del-si.html

    Il voto truccato di Mario Capanna e le ragioni del si

    Ieri vi abbiamo parlato della Campagna Liberi da Ogm che, a detta degli organizzatori, ha raccolto oltre 3 milioni di firme.

    Oggi interviatiamo Anna Meldolesi, biologa e giornalista scientifica di Darwin, collaboratrice di Nature Biotechnology e Il Riformista. Una voce autorevole che ad anni si batte per diffondere una cultura favorevole agli Ogm supportata da motivate scelte scientifiche.

    Anna, tre milioni di firme contro gli Ogm sono la prova di una resistenza molto forte.

    Ho molti dubbi su questi 3 milioni di voti. Innanzitutto per la formulazione del quesito: anch'io risponderei sì alla domanda eppure non condivido la loro posizione su Ogm. E anche sul numero di voti avrei qualcosa da dire. Gilberto Corbellini, riferendosi a calcoli fatti dai Radicali, che hanno grande esperienza nella raccolta delle firme, ha constatato che erano pochissimi i presidi di raccolta e peraltro semivuoti. Alcune persone che conosco e che hanno votato ai banchetti, non hanno fornito nessun documento d'identità, per non parlare dei voti su Internet, senza alcun controllo,e di quelli inviati via Sms, per i quali si poteva solo votare sì.

    E ora cosa faranno con i voti raccolti?

    Loro sostengono di poter andare a Bruxelles per dimostrare che l'Italia è contro gli Ogm. La verità è che il comparto zootecnico italiano non può farne a meno visto che sono usati anche per produrre il Prosciutto di Parma e il Parmigiano Reggiano. Anche la soia non Ogm, ad esempio, non esiste in quantità sufficienti per soddisfare tutto il mercato.


    Quindi la importiamo.

    Esatto. Come il mais BT ad esempio, prodotto in Europa dalla Spagna alla Slovacchia è importato. Marco Cappato ha ragione a dire la proposta di Mario Capanna è del tutto fuori dal tempo.

    E' vero che con l'introduzione degli Ogm scomparierbbero i prodotti tipici e se ne abbasserebbe la qualità?

    I primi prodotti in commercio Ogm sono stati mais, soia, colza, cotone e commodities utilizzate a livello industriale. Bisogna anche dire che sono largamente utilizzati ibridi, largamente prerferiti agli Ogm a livello di opinione pubblica. Anche negli ibridi c'è manipolazione genetica che avviene allo stesso modo con tecniche molto invasive ma che non rientrano nell'ambito dell'ingegneria genetica.

    Due argomenti molto diffusi contro gli Ogm sono i rischi per la salute, ad esempio i danni permanenti al sistema immunitario. Cosa rispondi?

    Gli Ogm hanno alle spalle 20 anni di sperimentazione e 10 anni di consumo. In decine di rapporti scientifici vagliati da Accademia francese delle Scienze, Royal Society britannica, Società di Genetica agraria e di Tossicologia che ritengono i danni da ogm "trascurabili". Non possono essere a rischio zero perchè neanche gli alimenti convenzionali lo sono. In 15 anni di studi in ricercatori europei non hanno mai raggiunto un fronte così compatto come quello per il sì agli Ogm. Ci sono anche scienziati che portano prove e resoconti afavorevoli, ma parlano a nome proprio non certo per la comunità scientifica.

    Ma se in tutto questo tempo la resistenza agli Ogm è ancora tanto alta, la comunità scientifica avrà sbagliato qualcosa.

    Sì, non è stata all'altezza del compito. In particolare in Italia, la comunità scientifica non ha mai avuto responsabilità nel policy making, come accade invece nei paesi anglosassoni. Anche l'Accademia dei Lincei è un'istituzione che sembra privilegiare gli aspetti celebrativi piuttosto che assumersi il compito di fare da interfaccia tra laboratori e politica. In Italia abbiamo il caso Di Bella e altri meccanismi irrazionali come l'opposizione ai rigassificatori. Oltre all'istinto alla conservazione ci sono lobby pro e contro biotech che si fronteggiano. Non sono lobby biotech contro cittadini, ma contro Coldiretti e le cooperative.

    Un altro argomento contro è la dipendenza dei paesi in via di sviluppo dai semi prodotti dalla Monsanto.

    E' falso che il biotech aiuta solo il grande latifondista e non il piccolo produttore. Su Isaaa.org e Fao hanno pubblicato mappe in cui si segnala quali Ogm vengono coltivati e in quali paesi. A oggi sono 22 in tutto il mondo, sia sviluppati che invia di sviluppo. Oltre 10 milioni di agricoltori coltivano Ogm e la maggior parte sono piccoli produttori. La maggior parte dei paesi in via di sviluppo che hanno già utilizzato i semi della Monsanto negli anni scorsi li ha riprodotti di contrabbando, senza pagare le royalties. Quindi sono di fatto indipendenti dalla multinazionale.

    Certo, ma la Monsanto non fa beneficienza a nessuno. E l'immagine che da' di sè, dopo l'Agente Arancio e il Posilac non invita certo l'opinione pubblica dalla sua parte.

    La Monsanto ha fatto molti errori, ma bisogna riconoscere che la tecnologia biotech l'hanno conquista per prima e non l'ha rubata a nessuno.

    C'è qualche argomento contro gli Ogm?

    Bisogna dire di no a un certo Ogm, bisogna analizzare caso per caso, promuovere o bocciare valutando rischi e benefici. Oggi, per entrare in commercio, un Ogm deve passare una lunga serie di verifiche. E il livello di serietà nei controlli non accenna certo a diminuire con il passare del tempo.



    Vi segnalo questo sito dove c'è tutto l'affaire Capanna Coop

    http://biotecnologiebastabugie.blogspot.co...egli-altri.html
     
    .
  5. francesco1966
        Like  
     
    .

    User deleted


    Posso solo aggiungere a quanto postato da claudio e dopo aver letto il blog qui sopra, una cosa in merito a questa frase :
    _"Ecco, sentiamo già le moltitudini che si lamentano per il fatto che le piante GM oggi in commercio sono un prodotto delle multinazionali. Questo non è sempre vero, ma anche lo fosse, non è forse vero lo stesso per le automobili, il petrolio, i computer, i farmaci, i dischi, i cibi, le TV,... l'ambientalismo?
    Sì è verò, c'è poi la questione dei brevetti che però siamo sicuri abbiano un qualunque valore in molti stati africani? senza poi dimenticare che comunque non sono una novità in agricoltura... e poi i brevetti scadono, come ad esempio quello del Round-up."-

    Se fra le tante stupidaggini dei no OGM vi è anche quella che le Multinazzionali si arricchirebbero con queste sementi. Bisognerebbe che qualcuno spiegasse di lor signori che una dose di mais tradizzionale costa "L'IRA DI DIO!!!" forse che non si sono arricchite con gli inbridi oggi in commercio?... forse che l'aumento del 60/70% dei concimi chimici di sintesi non è importante, forse che l'aumento dei presidi chimici (diserbi e insetticidi) non crea problemi economici e tossicolocici, visto che mano a mano che scadono i brevetti i prodotti vengono ritirati dal mercato e sostituiti con altri molto costosi e brevettati!.....
    Quando la smetterando di parlare i non addetti ai lavori e chi invece ci deve vivere con l'agricoltura alzerà la voce! ogni riferimento alla coldiretti è puramente voluto... visto che difendono a spada tratta il consumatore ma il loro stipendio lo pagano gli agricoltori! mah!.....

     
    .
  6. claudiocosta
        Like  
     
    .

    User deleted


    Sono contento francesco che la pensi come me!
    Sai che la coldiretti temo si sia alleata al WWF, sul sito ci sono numerose iniziative comuni, siamo freschi!
     
    .
  7. francesco1966
        Like  
     
    .

    User deleted


    Riporto questo articolo che in parte tocca gli OGM.

    Ci sarà carne nel 2015?
    E' questa la domanda alla quale ha dato risposta l'assemblea dei commercianti europei di bestiame che si è svolta a Meating.
    Angelo Gamberini
    Valorizzazione delle produzioni made in Italy, conseguenze della politica agricola comunitaria e incertezze sui prodotti Ogm, sono al centro delle attenzioni degli operatori del settore carne

    Si è da poco conclusa la prima edizione di “Meating” la fiera internazionale dedicata alla intera filiera della carne, ospitata nel quartiere fieristico di Roma e che ha visto la'adesione di numerosi Paesi stranieri e un’articolata presenza delle eccellenze italiane in tema di carne e trasformati a base di carni. In occasione di “Meating” si è svolta anche la 57° assemblea Di Uecbv (Unione europea del commercio del bestiame e delle carni), l'organizzazione europea del settore delle carni a cui aderisce l'italiana Uniceb, che riunisce le imprese che si occupano di importazione e commercio di carni e bestiame. il tema dell'incontro è stato: "Avremo un approvvigionamento di carni sufficiente per rispondere alla domanda dei consumatori nel 2015?".

    Un tema che vede molte articolazioni, come l'aumento dei prezzi della carne, il disaccoppiamento introdotto dalla nuova Pac (politica agricola comunitaria), le decisioni che saranno prese in merito agli Ogm e poi la valorizzazione delle produzioni made in Italy. Tutti argomenti, questi che abbiamo citato, che sono stati a centro della giornata congressuale. Molti gli studiosi e gli esperti che si sono alternati sul podio dei relatori, il presidente dell'Uecbv, Laurent Spanghero, il presidente dell'Uniceb, Renzo Fossato, il vicepresidente della commissione Agricoltura del Senato, Paolo De Castro, per citarne alcuni.



    La questione Ogm

    "I costi di produzione della carne - ha detto Fossato - non sono aumentati certo per colpa nostra. Noi - ha aggiunto - abbiamo l'obiettivo di abbatterli, mantenendo al contempo alta la qualità delle nostre produzioni.” Facendo riferimento all’utilizzo degli Ogm nei mangimi, Fossato ha sottolineato che l'Italia consuma 3 miliardi e 800 mila tonnellate di soia necessaria per l'alimentazione degli animali e ne produce appena 450 milioni di tonnellate ed è quindi costretta ad importare praticamente tutto il proprio fabbisogno. Quantomeno opportuno in queste condizioni ripensare agli atteggiamenti e alle politiche che occorre avere nei confronti dei prodotti Ogm.

    Il settore della carne bovina - ha aggiunto il presidente dell'Uecbv - ha avuto una flessione già da qualche anno in Europa ed è difficile un’inversione di tendenza. "Sul problema degli Ogm - ha precisato Spanghero - l’Unione Europea deve giungere ad una decisione chiara, o si accetta di consumare carni prodotte con organismi geneticamente modificati o si vieta. La politica in questo ha un ruolo capitale".



    Scienza e ideologia

    Sul tema degli Ogm è intervenuto anche Paolo De Castro, che ha sottolineato la necessità di "togliere la componente ideologica che oggi esiste su questo argomento". Secondo il vicepresidente della commissione Agricoltura di palazzo Madama "sono stati commessi errori di comunicazione" ed è quindi necessario "tranquillizzare l'opinione pubblica e fare chiarezza".

    Fra i vari interventi è da segnalare quello del presidente di Ismea, Arturo Semerari, che ha evidenziato il ruolo della politica agricola comune sul settore zootecnico, specie per quanto riguarda gli effetti derivanti dal disaccoppiamento e dalla rimodulazione che possono causare "grossi problemi agli allevatori italiani". Il presidente di Ismea ha poi puntato l’attenzione sulla applicazione della direttiva nitrati, destinata ad avere un forte impatto sui costi delle imprese zootecniche.



    COMMENTO personale: secondo me no! non ci sarà carne a sufficenza per tutti, con sommo gaudio dei vegan! Però allora vedremo chi aveva ragione, se i vegetariani, perchè tutti dovranno sfamarsi in gran parte con i cereali o gli onnivori, cioè la maggior parte degli umani!
    In ogni caso la zootecnia, per la direttiva nitrati, per il benessere degli animali, per l'aumento dei costi di produzione è il calo dei redditi agricoli (cioè sempre meno giovani fanno questo lavoro), per il problema degli ogm (ampiamente discusso nei post precedenti) e per milli altri motivi, diminuirà drasticamente.
    Allevare è molto complesso e le normative aumentano le problematiche, quindi il destino è segnato, almeno nei paesi industrializzati, dove fare qualsiasi altra attività, in generale sarà un po' piu conveniente.
    Probabilmete assisteremo ad un ritorno al passato, come già accade negli Stati Uniti, dove la lunga mano delle multinazzionali ha di fatto monopolizzato il settore, mettendo alla corda moltissimi allevatori, anzi portando interi settori al fallimento, vedi il settore avicolo americano con 5 gruppi che possiedono oltre il 70% del mercato, riducendo gli allevatori ad essere dipendenti a casa loro (percepiscono 1 cent a capo allevato, dopo aver perso la loro azienda a favore delle ditte!).
    Mentre stanno avendo un enorme successo i piccoli allevamenti nelle contee rurali, con addirittura le agenzie di viaggio che organizzano tour nelle varie aziende, per acquistare direttamente dai produttori, ovviamente molto più remunerativo e ben organizzato dei mercatini organizzati dalla coldiretti o dei "gas" italiani...
    Questo sistema però non permette a tutti di accedere sempre alla carne, ma solo occasionalmente, visto che i piccoli allevamenti non sono in gradi di soddisfare tutta la domanda, diciamo che sarà un prodotto di nicchia, molto costoso e quindi per i meno abbienti non disponibile, un po' come 50 anni fà in italia dove la carne la mangiavano i ricchi e i contadini, gli altri aspettavano la domenica!!!

    Io per fortuna faccio il CONTADINO!!!
    ciao claudio

    Edited by MetS - 28/9/2008, 22:37
     
    .
  8. claudiocosta
        Like  
     
    .

    User deleted


    PREMIO ECOBALLE D’ORO 2008


    Candido per il premio il WWF per le seguenti affermazioni riguardanti i danni alla salute degli OGM.

    Cito da questo link del WWF Italia:

    http://www.wwf.it/UserFiles/File/AltriSiti...ri/OGM-xWWF.pdf

    “studi di laboratorio affermano che le cavie alimentate con OGM evidenziano tumori e malattie del sangue in misura significativamente maggiore rispetto alla normalità”.

    La cosa mi è molto strana perché gli OGM si utilizzano nei mangimi in tutto il mondo, anche in Italia, da più di dieci anni, e non mi risulta che i macelli nel mondo abbiano segnalato un aumento di tumori, nelle centinaia di milioni di capi macellati.

    Ma andiamo sul sito di Greenpeace per scoprire se riusciamo ad approfondire l’allarme salutistico sugli OGM.

    Cito da questo link di Greenpeace Italia:
    http://www.greenpeace.it/parmigiano/docume...-ogm-report.pdf

    “In molti di questi studi si osservano spesso differenze significative nella composizione di piante Ogm rispetto a piante non-Ogm (per es. nel contenuto vitaminico) e nella risposta degli animali (per es. nei livelli di glucosio, fino ad arrivare a segni di tossicità per fegato e reni nel caso del mais MON863), ma spesso queste osservazioni vengono definite come “non biologicamente rilevanti” dalle aziende e dagli organi competenti”

    Allora andiamo ad approfondire gli studi ch affermano che gli OGM danno segni di tossicità a fegato e reni. Vorrei però già farvi notare che c’è già un enorme ridimensionamento del problema da parte di Greepeace da tumori e malattie del sangue del WWF a segni di tossicità.

    Quanti studi ci sono che affermano una tossicità degli OGM? : n.1

    Che potete leggere per intero qui:
    http://www.botanischergarten.ch/Pusztai/Se...007.pdfSéralini, G-E, Cellier, D. & Spiroux de Vendomois, J. 2007. “New analysis of a rat feeding study with a genetically modified maize reveals signs of hepatorenal toxicity”. Archives of Environmental Contamination and Toxicology DOI: 10.1007/s00244-006-0149-5. http

    E’ una ricerca che prende in considerazione, con altri sistemi statistici, i dati della sperimentazione sui topi che hanno portato all’autorizzazione europea al consumo di mays bt.
    Gli scienziati hanno scoperto:

    - una leggerissima differenza di peso tra i sessi, rispetto ai topi di confronto, un po’ di meno i maschi un po’ di più le femmine.

    - Alcuni parametri del sangue alterati, rispetto al confronto e sempre più nei maschi. Questo potrebbe far pensare ad una tossicità del prodotto verso i maschi. Ma e cito “la presenza dei 6 gruppi di riferimento nutriti con altre varietà commerciali di mais, che non sono sostanzialmente equivalenti (con più o meno zuccheri o sali), introduce lo studio simultaneo di altri parametri.” Quindi la differenza potrebbe essere dovuta a concentrazioni di zuccheri diverse.

    - Affermano però: ” una possibile tossicità epatorenale con una maggiore sensibilità nei maschi”.

    - Questa maggior tossicità sarebbe dimostrata nell’analisi istologica dei tubuli renali che sarebbero alterati patologicamente. Questo su 18 topini maschi su 20.

    18 su 20 è una percentuale inequivocabile di tossicità. Ma quante lesioni dello stesso tipo c’erano nei topini di confronto?

    14 su 20!

    Allora non è la proteina bt la causa, ma qualcos’altro.
    Infatti sia la FDA americana, sia l’Esfa europea, sia Hammond con una pubblicazione peer review nel 2006 affermano che la questione non è rilevante, nei confronti del mays bt.

    Nessun tumore segnalato!

    Concordo invece con gli autori sulla necessità di ulteriori indagini per capire cosa provoca la nefropatia cronica nei topini maschi.

    Edited by claudiocosta - 2/4/2009, 14:27
     
    .
  9. claudiocosta
        Like  
     
    .

    User deleted


    Piante OGM: qualità alimentare e sicurezza ambientale

    Francesco Sala

    1. Introduzione e premesse
    Scopo di questo scritto è quello di fornire dati ed informazioni per la lettura delle disordinate, lacunose e contraddittorie notizie che da alcuni anni, e da più parti, ci arrivano sulle piante geneticamente modificate (piante OGM) e sui prodotti da esse derivati. E non solo su questi: oggi una diffusa diffidenza contrasta il lavoro che i nostri genetisti stanno sviluppando per il miglioramento genetico dei prodotti agricoli. Sulla confezione di un prodotto vegetale in vendita presso una grande catena alimentare, ho recentemente letto la scritta: “ Prodotto naturale, non genetico”. Dunque, non solo degli OGM dovremmo diffidare, ma del miglioramento genetico delle piante coltivate, della genetica vegetale in genere. In verità, tutti i prodotti vegetali di cui oggi facciamo uso sono il risultato delle modifiche genetiche sviluppate nell’ultimo secolo.
    Soprattutto dopo l’enunciazione dei principi della trasmissione dei caratteri ereditari da parte di Gregor Mendel (1822-1884), l’uomo imparò a modificare estesamente il DNA delle piante coltivate per aumentare la quantità e migliorare la qualità delle produzioni vegetali. A tale scopo vennero applicate le metodologie messe a disposizione dalla scienza in ogni momento storico. L’unico vegetale “naturale” di cui qualche volta ci cibiamo è, forse, la fragolina di bosco (ma non certo la fragola gigante che troviamo nei negozi).

    Alcune premesse e risposte ad alcuni dubbi sono dunque indispensabili.

    Primo: le bocche da sfamare sono in aumento
    La popolazione mondiale è in rapido aumento: eravamo meno di un miliardo all’inizio del secolo XX. Siamo cresciuti a 2,5 miliardi nel 1945, oggi dopo appena 60 anni da questa data. La popolazione è triplicata. Siamo arrivati a più di 6,5 miliardi. Le previsioni sono che entro pochi decenni la terra avrà più di nove miliardi di abitanti. Non solo, ma i 2,5 miliardi di cittadini di Cina ed India, così come altri abitanti di altre nazioni in via di sviluppo, sono sempre meno poveri ed esprimono esigenze alimentari sempre più elevate. La produzione di alimenti deve quindi fortemente aumentare nei prossimi decenni.

    Secondo: la terra arabile non è infinita: agricoltura intensiva o estensiva?
    Tutti gli alimenti, sia vegetali, sia animali, dipendono, in definitiva, dalle coltivazioni vegetali, dall’agricoltura. E’ la fotosintesi che, utilizzando l’energia radiante del sole, fornisce i prodotti vegetali (soprattutto cereali e leguminose) di cui usufruiamo per l’alimentazione umana diretta oppure come foraggio per gli animali di allevamento. Le produzioni agricole mondiali dovranno quindi raddoppiare entro il 2050. La società chiede dunque alla scienza di dare risposte celeri e sicure a questa necessità. Ma, come si evince dalla Fig. 1, la terra arabile su questo pianeta non è infinita. Sta aumentando la popolazione mondiale, ma sta contemporaneamente diminuendo la terra arabile sulla superficie terrestre; tra le cause, l’aumento delle terre aride, la scomparsa di terreni agricoli dovuti all’urbanizzazione, la destinazione dei campi ad usi industriali. Tutto ciò fa prevedere che, entro il 2050, sarà necessario utilizzare tutta la terra arabile del pianeta per produrre cibo sufficiente per tutta l’umanità. Non un metro quadro sarà più disponibile per lo sviluppo di foreste e praterie. Non un metro potrà essere lasciato alla conservazione della biodiversità naturale o a scopi ricreativi (parchi e riserve di pregio storico). Dopo di tale data, uno sviluppo ulteriore della popolazione globale del pianeta comporterebbe l’impossibilità oggettiva di produrre sufficiente cibo per tutti. L’attuale aumento dell’uso di coltivazioni vegetali per scopi non alimentari (ad esempio mais e pioppo per produrre energia) fa temere che questa data possa arrivare ancor prima.
    Tutto ciò assumendo che il livello di produttività (prodotto vegetale per unità di superficie) per le diverse coltivazioni rimanga costante agli attuali livelli. La ricerca scientifica degli ultimi 50 anni ha in qualche caso aumentato la produttività vegetale, ma non certo con la rapidità oggi necessaria.
    In definitiva, è indispensabile che la ricerca scientifica trovi i mezzi per aumentare la produttività agricola mondiale in modo molto più consistente. Le agricolture alternative (biologica, biodinamica, ed altre), così come sono oggi concepite, potranno avere in futuro solo un valore di nicchia, ma non potranno mai assumere una rilevanza mondiale, a meno che non risolvano il problema chiave della limitata produttività.
    Si consideri soprattutto quali preoccupazioni possano creare queste considerazioni in Paesi emergenti quali la Cina e l’India. Paesi in crescita demografica ed economica, in cui quindi aumentano le bocche da sfamare ma anche le esigenze alimentari del singolo cittadino. Paesi cui la terra arabile è già scarsa ed è già quasi tutta essenzialmente dedicata all’agricoltura.

    Terzo: come conservare la biodiversità in natura e quella dei prodotti coltivati?
    L’aumento della produttività deve anche essere considerato un mezzo per difendere la biodiversità nei paesi ricchi.
    Due esempi italiani a proposito della difesa della biodiversità in natura:
    (1) il nostro Paese produce oggi circa 1,3 milioni di tonnellate di riso. Per fare ciò, con una produttività media di circa 6 tonnellate per ettaro, utilizza circa 220.000 ettari nelle province di Novara, Pavia e Vercelli. Se la produttività fosse, ad esempio, raddoppiata, sarebbe possibile produrre la stessa quantità di riso su una superficie dimezzata. Il resto del territorio potrebbe avere altre destinazioni, incluso il ritorno allo biodiversità naturale, vista anche, nel caso specifico, la contiguità con l’ampia zona verde del Parco del Ticino.
    (2) Siamo grandi coltivatori di pioppo. Ma contemporaneamente stiamo distruggendo la biodiversità del pioppo naturale. Infatti, i cloni coltivati si ibridano con le piante selvatiche oggi ancora presenti negli stessi habitat in cui sono diffuse le coltivazioni di pioppo. La disponibilità di cloni di pioppo OGM sterili (la pianta coltivata viene riprodotta solo per talea) non permetterebbe l’incrocio tra pioppo coltivato e pioppo selvatico, salvando quindi la biodiversità in natura.

    La metodologia OGM è anche accusata di distruggere la diversità dei prodotti coltivati. Ad esempio, si dice che una volta si potevano trovare decine o centinaia di varietà di mele diverse. Ora i supermercati ne propongono poche varietà, proprio quelle che vengono reclamizzate dai mass media. La mela OGM, non ancora disponibile in commercio, non è per nulla responsabile di questa riduzione di diversità. Le vere cause sono invece da ricercarsi nelle attuali e specifiche esigenze commerciali!

    Quarto: i prodotti OGM sono sicuri e sono di qualità?
    Nel secolo scorso, sino agli anni ’70, le attività di miglioramento genetico dei vegetali erano essenzialmente dedicate alla selezione di piante più produttive e di più alta qualità. Ciò fu particolarmente vero per il nostro Paese che sviluppò attività di grande rilievo internazionale. In quel periodo, contemporaneamente allo sviluppo della genetica vegetale, vi era stato un grande sviluppo della ricerca chimica applicata all’agricoltura. Insetticidi, fungicidi, fitoregolatori ed altre molecole venivano immesse sul mercato a ritmo continuo. Questo evento aveva indirizzato la ricerca alla qualità e alla produttività. Al controllo dei parassiti avrebbe pensato la chimica! E, comunque, questo approccio era appannaggio dei Paesi ricchi.
    Ma successivamente nuove preoccupazioni prepotentemente sorsero. non solo nei Paesi ricchi, ma anche in quelli emergenti, soprattutto in Cina e India. Erano 800 milioni le persone che si potevano permettere un’agricoltura supportata dalla chimica; oggi questo numero è cresciuto a più di 3 miliardi. Le preoccupazioni per gli equilibri ambientali sono aumentate di conseguenza.
    Siamo oggi consapevoli e preoccupati del fatto che:
    Primo, i trattamenti in agricoltura sono preoccupanti per la salute umana e, comunque, troppo costosi per il sistema agricolo. Secondo: La selezione naturale di parassiti sempre più aggressivi ci obbliga ad abbandonare diverse cultivar o ad aumentare gli interventi chimici. Ad esempio, decine di interventi sono ormai necessari nelle coltivazioni dei meli nel nostro Paese. Il pomodoro San Marzano è distrutto dagli attacchi del virus CMV. Terzo: Una agricoltura così diffusa nel mondo e così aggressiva per l’ambiente può rappresentare un pericolo per la biodiversità del mondo vivente, sia vegetale che animale.
    Oggi dunque l’opinione pubblica chiede che la scienza fornisca non solo i mezzi per produrre più prodotto per unità di superficie, ma anche per ridurre l’intervento chimico nei campi e per salvare l’ambiente e la biodiversità animale e vegetale. Ma come combinare quantità e qualità del prodotto, protezione della salute e della biodiversità ambientale?
    La convinzione dei ricercatori scientifici è che potremo perseguire queste finalità, ed avremo forse qualche probabilità di successo, se svilupperemo un grande sforzo nella ricerca scientifica utilizzando tutti mezzi e le metodologie che la scienza ci mette oggi, e ci metterà in futuro, a disposizione. E’ chiaro che ciò è condizione necessaria ma non sufficiente: la società, la politica, dovranno fare la loro parte, ma questa è una materia che non fa parte delle riflessioni di questo scritto.
    Si discute molto, oggi, anche di qualità dei prodotti vegetali. Si afferma: le mele, le pere, le verdure di oggi non hanno più alcun sapore. Nulla a che vedere con i sapori dei prodotti dei nostri nonni, o del nostro giardino, per chi ha ancora la fortuna di coltivarne uno. Tutta colpa degli OGM, è il messaggio che ci arriva: aumentano la produttività, ma perdono in qualità. Niente di più falso. L’integrazione di un gene nel DNA di una pianta non interferisce con la sua qualità, a meno che deliberatamente non si voglia intervenire migliorandola geneticamente. La perdita di qualità di molti prodotti agricoli è oggi invece legata ad esigenze commerciali: si colgono i prodotti non ancora maturi, li si trasportavano per lunghe distanze e li si conservano in celle frigorifere sino a quando sarà commercialmente proficuo metterli in commercio. A questo punto li si fanno maturare con un trattamento con l’etilene. E’ questo un gas che promuove naturalmente la maturazione dei frutti sulla pianta, ma che non può sviluppare tutte le fasi della maturazione nelle celle frigorifere. Il pomodoro o la mela, ad esempio, saranno rossi all’esterno, ma non completamente maturi all’interno.

    Quinto: l’agricoltura biologica si contrappone all’agricoltura OGM?
    La contrapposizione agricoltura biologica / agricoltura OGM è del tutto pretestuosa e dipende forse più da esigenze commerciali che da considerazioni scientifiche.
    Infatti, il “Disciplinare del biologico” prevede una limitazione dell’uso della chimica in agricoltura, ma questo, come abbiamo visto rientra anche nelle finalità della ricerca sulle piante OGM
    Ma attenzione, l’odierna agricoltura biologica presume la coltivazione delle varietà vegetali oggi disponibili senza l’uso di trattamenti chimici. Però le attuali varietà coltivate, si è detto, sono state selezionate per essere protette con molteplici trattamenti. I loro difetti genetici le rendono sensibili ai parassiti più diversi e a molte avversità ambientali. L’agricoltura tradizionale è quindi oggi costretta ad usare trattamenti chimici, se vuole mantenere la produttività a livelli accettabili. L’agricoltura biologica li bandisce. Ma i trattamenti antiparassitari naturali proposti sono o inefficaci o pericolosi. Ne è un esempio il verderame (formulato nella ben nota “Poltiglia Bordolese”), permesso dal disciplinare dell’agricoltura biologica e largamente usato per la protezione dei vigneti, nonostante siano ben noti i pericoli per la salute umana (irrita le mucose, provoca nausea e abbassamento della pressione sanguigna) e per l’ambiente (molto tossico per gli ambienti acquatici).
    Un’agricoltura biologica efficace e sana dovrebbe invece basarsi sull’utilizzo di nuove piante geneticamente selezionate per la resistenza ai parassiti e agli stress ambientali. Piante, quindi, che non necessitino di alcun trattamento, sia “chimico”, sia “biologico”. Ma ciò oggi non è possibile per la maggior parte delle piante coltivate! L’introduzione di queste caratteristiche di resistenza è invece un risultato già ora spesso perseguibile con l’uso della metodologia OGM.

    Per un più approfondita analisi di questi argomenti, si rinvia a: F. Sala “Gli OGM Sono Davvero Pericolosi?” Editori Laterza. 2005

    2. Il miglioramento genetico delle piante coltivate
    La Tab. 1 elenca le metodologie di miglioramento genetico oggi messe a disposizione dalla scienza.
    - L’incrocio produce nuove combinazioni cromosomiche. E’ ancora oggi estesamente sfruttato per produrre ibridi da cui selezionare piante con migliorate caratteristiche agronomiche. La metodologia funziona come nell’incrocio tra animali, in cui le caratteristiche genetiche della progenie derivano, in ugual misura, dal DNA del maschio e della femmina. Il genetista adotterà poi metodi selettivi diversi per selezionare piante con le qualità agronomiche e commerciali desiderate.
    - La poliploidia, ottenuta con trattamento con agenti poliploidizzanti (trattamento con colchicina), permette la produzione di piante con corredo cromosomico 3n, 4n, 6n e più. Frequentemente le piante poliploidi presentavano caratteristiche agronomiche favorevoli.
    - La mutagenesi permette la modifica del DNA della pianta. Per ottenere frequenze sperimentalmente accettabili di mutagenesi si fa uso di mutagenesi indotta da mutageni chimici (sostanze mutagene) o da mutageni fisici (radiazioni ionizzanti). Questi trattamenti modificano estesamente il DNA della pianta, inattivano o attivano geni e, di conseguenza, le relative attività metaboliche. Le modifiche sono casuali ed estese. Il genetista applica poi procedure di selezione genetica per ottenere nuove piante con le caratteristiche agronomiche desiderate. La selezione richiede spesso diversi anni. Resta comunque nelle piante così ottenute l’incognita dei possibili rischi correlati con modifiche genetiche indesiderate.
    - L’integrazione di un gene esogeno nel DNA è l’acquisizione scientifica più recente. Le piante migliorate geneticamente con questa procedura sono oggi conosciute come piante OGM, anche se il termine è improprio. Organismi geneticamente modificati, cioè OGM, sono, in effetti, anche quelli ottenuti per incrocio, mutagenesi e poliploidizzazione. Si dovrebbe più correttamente parlare di “integrazione di geni esogeni” Sarebbe più corretta la dizione originaria di “piante transgeniche”. O, quantomeno, si dovrebbe scrivere “piante GM” (piante geneticamente modificate), in quanto il termine piante” renderebbe ridondante l’aggiunta di organismo (“O”). Tuttavia l’acronimo OGM (GMO in inglese) è ormai entrato nel lessico corrente.
    Un esempio classico di miglioramento genetico, ed anche un esempio dei successi della ricerca agronomica italiana è quello che riguarda il grano Creso. Oggi mangiamo pasta, pane, e dolci fatti con grano Creso. Questo frumento, cioè il grano duro (tetraploide, con 28 cromosomi) oggi prodotto nella maggioranza delle coltivazioni italiane, è stato ottenuto, nel 1974 nel Centro di Studi Nucleari del CNEN della Casaccia di Roma, irradiando semi della varietà Cappelli (dal nome del creatore di questa varietà) con raggi gamma provenienti da scorie di reattori nucleari. Non si tratta quindi di piante OGM, secondo l’attuale terminologia, ma si tratta pure di piante con un DNA profondamente modificato dall’uomo.

    Trattiamo in particolare, in questo scritto, della metodologia OGM. A questo proposito è necessario fare una prima importante precisazione: tutte le metodologie di miglioramento genetico sono complementari. Nessuna esclude le altre. La metodologia OGM si affianca alle altre fornendo nuovi potenti mezzi per sviluppare il miglioramento genetico delle piante coltivate.
    . Il trasferimento di geni tra organismi di specie diverse non rappresenta una novità sia nel mondo vivente, sia nei laboratori sperimentali. Da sempre sequenze di DNA sono trasferite da un organismo ad un altro anche senza passare attraverso l’ibridazione sessuale. La natura permette il trasferimento di geni, ma, al tempo stesso, controlla che questi trasferimenti, anche da batteri ad animali, non interferiscano con la diversità del mondo vivente, mantenendo quindi le differenze genetiche tra le specie.
    Inoltre, la produzione di piante OGM non rappresenta niente contro-natura. E’ infatti copiando la natura che la scienza ha messo a punto la metodologia OGM. Infatti l’attuale strategia si basa sull’interazione molecolare tra il DNA di un batterio e quello delle piante superiori, interazione già descritta negli anni ’70. Il batterio, l’Agrobacterium tumefaciens. è molto diffuso in natura ed è molto studiato perché capace di indurre crescita indifferenziata nei tessuti vegetali.
    Studi molecolari hanno stabilito che questo batterio è dotato, oltre che del DNA necessario per le sue attività vitali, anche di una molecola di DNA circolare (il Ti DNA o Ti plasmid (da Tumor inducing DNA) che porta geni che inducono la crescita tumorale nelle cellule vegetali. Un tessuto di una pianta infettato da questo batterio (frequentemente attraverso una ferita), lascia penetrare il Ti DNA. Un frammento di questo DNA, definito T-DNA, viene riconosciuto dalla pianta e viene integrato nel DNA della pianta stessa. La sequenza batterica così integrata dirige il metabolismo della cellula vegetale verso una eccessiva e indifferenziata proliferazione cellulare. Il risultato è la crescita di un tumore (crown gall o, in italiano, “galla del colletto”), spesso distinguibile sui tronchi e sui rami degli alberi come grosso ingrossamento a palla. Il tumore nelle piante arreca usualmente danni secondari alla pianta stessa e non rappresenta quindi una patologia rilevante in agricoltura.
    Una volta chiarito il procedimento con cui questo tumore si sviluppa, si pensò subito: perché non eliminare dal T-DNA le sequenze che portano i geni responsabili della crescita incontrollata e indifferenziata del tessuto ed inserire al loro posto uno o più geni di interesse agronomico? Le ricerche in tal senso ebbero successo. Nel 1983 ricercatori di due gruppi di ricerca pubblica (in Belgio ed in Australia) e di un’industria (Monsanto negli USA) pubblicarono contemporaneamente rendiconti su importanti riviste scientifiche dimostrando che il plasmide Ti, opportunamente modificato, era capace di integrare nel DNA di una cellula vegetale geni selezionati per le loro caratteristiche agronomiche. Ovviamente, il gene doveva essere corredato di appropriati segnali di espressione (sequenze del promotore e del terminatore, poste rispettivamente a monte e a valle del gene stesso) (Fig. 2).
    L’interesse pratico di questa dimostrazione risiede nel fatto che le cellule vegetali OGM così ottenute (Fig. 3) possono essere moltiplicate in laboratorio e possono poi essere indotte a differenziare piante complete e fertili. La Fig. 4 mostra appunto una piantina di pomodoro OGM ancora allevata su terreno di coltura in vitro, ma ormai pronta per essere recisa e posta a crescere in terra, ove differenzierà radici e, successivamente, fiori e frutti. Oggi l’integrazione di geni esogeni in piante superiori avviene secondo i principi di un evento naturale.
    E’ stata messa a punto un’altra metodologia, basata sul bombardamento delle cellule vegetali con particelle accelerate, ma per questo si rimanda a trattati specialistici.
    Niente “cibo Frankestein”, dunque, come viene spesso definito! E la metodologia è così naturale, semplice e poco costosa che può essere applicata in qualsiasi laboratorio, con bassi costi ed in tempi brevi. Anche nelle nostre Università molte tesi di laurea si basano sulla produzione ed analisi di piante OGM.
    Ovviamente, lo sfruttamento della metodologia richiede la disponibilità di geni di cui sia conosciuta dettagliatamente la funzione nella pianta, la sequenza in basi e le sequenze di controllo della loro espressione. Oggi, la scienza sta sfornando con crescente rapidità informazioni a proposito. Queste informazioni sono disponibili sulle riviste scientifiche e nei file informatici e sono utilizzabili da chiunque. Alcuni geni di particolare interesse agronomico sono vincolati a brevetti, ma anche questi sono resi disponibili in seguito ad accordi commerciali.

    3. Piante OGM nel mondo
    La Tab. 2 riassume gli ultimi dati resi disponibili dalla ISAAA sulla diffusione delle piante OGM nel mondo. L’ISAAA (Interntional Servive for the Acquisition of Agri-Biotech Applications) è un’agenzia internazionale nata senza scopo di lucro e senza legami con il mondo imprenditoriale. I dati da essa forniti annualmente, e resi pubblici nelle reti informatiche, mostrano come. siano già più di 114 milioni gli ettari coltivati ad OGM nel mondo. Questi sono diffusi sia in Paesi industrializzati sia in quelli in via di sviluppo. Anzi, è in questi ultimi che si registra il maggior numero di agricoltori addetti alla loro coltivazione. Una crescita superiore al 10% della diffusione degli OGM si è ripetute negli ultimi 10 anni. Ciò rappresenta un fatto non comune per tutte le innovazioni tecnologiche introdotte nei vari campi negli ultimi decenni!
    La Fig. 5 visualizza l’attuale distribuzione delle coltivazioni OGM nei diversi Paesi del mondo. Il colore verde contrassegna i Paesi che oggi producono OGM, Le zone del pianeta contrassegnate con colore chiaro o le proibiscono oppure, semplicemente, corrispondono a Paesi sottosviluppati (soprattutto africani) in cui è ancora impossibile ogni sviluppo tecnologico. Le 3 curve che attraversano la figura si riferiscono invece ai dati riguardanti i milioni di ettari dedicati alle coltivazioni OGM negli ultimi 11 anni. La loro lettura è interessante: sino agli anni ’98-’99 gli OGM erano essenzialmente prodotti dai Paesi industrializzati (soprattutto U.S.A. e Canada). Dopo di allora, i Paesi in via di sviluppo (soprattutto quelli asiatici) hanno sviluppato molto più rapidamente questo settore. Nel 2007 avevano quasi raggiunto il livello di produzione di OGM dei Paesi industrializzati. Oggi, nel 2008, è presumibile che li abbiano abbondantemente sorpassati. Vi è anche da considerare che i dati ufficiali per la produzione di OGM in Cina sono, verosimilmente, una grande sottostima. L’ISAAA calcola, per questo Paese, una produzione totale di OGM pari al 3-4% degli OGM prodotti nel mondo. Tuttavia questo dato sembra largamente in difetto: stime di altre agenzie portano questo valore anche al 20%. Probabilmente, vi è una grande discordanza tra i dati cinesi riguardanti le coltivazioni OGM ufficiali e quelle sperimentali. Queste ultime sono sviluppate anche su migliaia di ettari, valori che in Europa corrisponderebbero a ampie coltivazioni e non a sperimentazioni!
    La UE è molto critica sulla produzione di piante OGM sul suo territorio. In alcuni Paesi, come l’Italia, è proibita non solo la coltivazione di piante OGM ma anche la loro sperimentazione in campo aperto, anche se questa è effettuata da Enti pubblici. Tuttavia, a tutt’oggi, 7 Paesi della comunità già coltivano OGM per scopi commerciali. Fu la Spagna, 10 anni fa, ad aprire la strada con la coltivazione di alcune decine di migliaia di ettari di mais OGM, seguirono la Francia, la Germania e la Romania.
    Tra i fattori che limitano l’utilizzo dell’approccio OGM vi è da considerare anche quello relativo ai costi. Costa relativamente poco produrre una pianta OGM in laboratorio. Costa poco anche la sperimentazione in campo. Ne è testimonianza il fatto, qui sotto citato, che anche nel nostro Paese abbiamo assistito ad una fiorente attività di ricerca pubblica sulle piante OGM. Stanziamenti a livello di decine o poche centinaia di migliaia di Euro annuali sono sufficienti per sviluppare le attività di un buon laboratorio di ricerca pubblico. Ma tutto si ferma quando, dopo le opportune prove in campo (se permesse), i nostri Enti pubblici dovrebbero presentare la documentazione per la registrazione al Pubblico Registro della nuova varietà OGM, passaggio necessario per ottenere la licenza di commercializzazione. Venti milioni di Euro è la stima minima dei costi della sperimentazione necessaria per produrre i dati richiesti dalla UE per dimostrare l’assenza di pericoli per la salute e per l’ambiente. E ciò è ancora oggi obbligatorio anche se esaustive prove sperimentali sono già state effettuate per la stessa specie vegetale e per l’integrazione dello stesso gene. Ogni volta è obbligatorio produrre da capo tutti i dati relativi ad una lunghissima serie di controlli sperimentali. La restrizione dei controlli a quelli effettivamente necessari per verificare l’accettabilità del prodotto OGM potrebbe invece offrire ragionevoli possibilità applicative anche alla ricerca pubblica della UE.

    4. Chi controlla la produzione di piante OGM? Vi è spazio per l’Italia?
    Si afferma spesso che piante OGM non servono al sistema agricolo italiano. Questo dovrebbe invece mirare alla tipicità e alla qualità. Si afferma anche che la produzione di piante OGM è appannaggio di poche industrie multinazionali. Niente di più errato. In effetti le grandi industrie internazionali del seme presto si resero conto delle enormi potenzialità della metodologia OGM. Svilupparono, sin dal 1985, opportune ricerche ed iniziarono a sfruttare i loro prodotti nei mercati disponibili. Ma è importante fare una considerazione: le multinazionali si rivolgono a grandi mercati. I loro interessi sono quindi limitati alle”grandi colture”, soprattutto a soia, mais e colza,. A nessuna multinazionale del seme converrà infatti spendere 20 milioni di Euro per ottenere l’approvazione di un pomodoro San Marzano OGM! Addirittura, le multinazionali occidentali del seme non hanno interesse a condurre ricerche e a commercializzare riso OGM. Pur trattandosi del secondo cereale più coltivato sul pianeta, e pur presentando alcuni difetti genetici facilmente risolvibili con la metodologia OGM, questa specie non porterebbe loro sufficienti ritorni commerciali a livello mondiale. La produzione mondiale è consumata pressoché totalmente nei Paesi di produzione.
    La ricerca sulle piante OGM di interesse locale deve essere sviluppata localmente. Ed è appunto quello che sta facendo la Cina, con le sue piante più diversificate, incluso, soprattutto, il riso. Ma è anche quello che dovrebbe fare l’Italia, se vuole continuare a difendere la sua tradizione agricola, i suoi prodotti vegetali di qualità. Oggi li stiamo perdendo ad uno ad uno, soprattutto perché i parassiti divengono sempre più aggressivi e non controllabili con le tradizionali metodologie di miglioramento genetico. Il blocco all’utilizzo delle nuove metodologie OGM limita le possibilità di intervento della nostra ricerca all’’uso di metodologie di miglioramento genetico sviluppate prima del 1985. Sarebbe come decidere, per legge, che, nell’industria automobilistica, o in quella elettronica, fosse proibito utilizzare le innovazioni dell’ultimo ventennio!

    5. I prodotti tipici italiani hanno bisogno della metodologia OGM
    I nostri vegetali tipici, il pomodoro San Marzano, il riso Carnaroli, la vite Nero d’Avola non sono un dono della natura. Sono il risultato della intensa e ottima ricerca genetica ed agronomica svolta dai nostri scienziati nell’ultimo secolo. Questa ricerca continua oggi, ma con crescenti difficoltà, a causa delle ristrettezze economiche (minori fondi per la ricerca pubblica, ridotta ricerca privata nel settore) e delle restrizioni imposte alla sperimentazione sulle piante OGM.
    La ricerca italiana ha già prodotto e in molti casi sperimentato in campo (quando ciò era possibile) molte piante OGM. Tra queste: pomodoro, olivo, cocomero, cicoria, ciliegio, fragola, geranio, kiwi, lampone, lattuga, melanzana, melone, patata, riso, soia, vite, tabacco. Si tratta, per la maggior parte, di ricerca sviluppata da enti pubblici (Università. C.N.R. ed altri Enti di ricerca).
    Come riassume la Fig. 6, dall’anno 1992, e sino all’anno1996 assistemmo, in Italia, ad un costante aumento del numero delle sperimentazioni in campo di piante OGM. Il numero delle notifiche agli organi competenti e le effettive sperimentazioni superavano quelle degli altri Paesi della UE. Poi, dall’anno 2000, il tracollo: il numero delle notifiche si ridusse. Ma si ridussero ancor più consistentemente le effettive sperimentazioni. Cos’era successo? Semplicemente il Governo italiano aveva cambiato rotta:: dal supporto alla sperimentazione sulle piante OGM passò, in breve, alla completa avversione. Il finanziamento dei progetti nazionali di ricerca venne bruscamente interrotto dai Ministri in carica. Vennero anche introdotte leggi che proibirono le sperimentazioni in campo. I pochi test residui furono portati a compimento e mai rinnovati. Giovani e brillanti ricercatori si trovarono senza lavoro.
    Nel “periodo d’oro” della ricerca sulle piante OGM in Italia, la sperimentazione era distribuita su tutto il territorio nazionale (Fig. 7) ed era essenzialmente dedicata a specie di interesse nazionale. Le multinazionali del seme si limitavano a sperimentare su piante di loro interesse, soprattutto su mais e all’integrazione di geni che conferissero, soprattutto, resistenza a insetti e a diserbanti di nuova generazione. La ricerca pubblica si dedicava invece a ricerche più diversificate (Fig. 8).
    Quali caratteri genetici sono stati introdotti nelle piante OGM prodotte dalla ricerca italiana?
    La Fig. 9 dà un quadro degli effetti previsti nelle piante OGM prodotte nel nostro Paese e mostra la versatilità della metodologia e la sua applicabilità a problematiche locali.
    Per produrre piante OGM occorrono geni che conferiscano i caratteri genetici desiderati. Ma questi geni sono disponibili per le nostre ricerche? Inoltre, l’applicazione della metodologia comporta grandi spese?
    Geni per caratteri specifici devono essere isolati e caratterizzati da chi ne ha uno specifico interesse. Ma la reperibilità dei geni non costituisce un problema. Sempre più geni sono isolati, caratterizzati e resi disponili anche dalla ricerca UE, americana ed asiatica. Queste ricerche sono alla portata di qualsiasi buon laboratorio di biologia molecolare dotato di sufficiente supporto economico. Geni sono anche resi disponibili da colleghi di altri laboratori, previo accordi sull’eventuale sfruttamento della risultante pianta OGM.
    La Tab. 3 offre un quadro della variabilità dei geni già integrati nel DNA di piante di interesse agrario e utilizzati in Italia nelle sperimentazioni in campo prima del divieto. Come si nota, molti geni sono correlati direttamente o indirettamente con caratteri genetici legati alla qualità del prodotto e alla resistenza ai parassiti.
    Un esempio di pianta OGM di nostro esclusivo interesse è quello del pomodoro San Marzano. Questa cultivar dava, sino a pochi anni fa, più del 20% della produzione di pomodoro nel napoletano, oggi questo valore si è ridotto a meno dell’1%. La causa? L’inasprimento dei danni provocati dal CMV, un virus che attacca la piantina e ne distrugge il prodotto. Il virus è divenuto più patogeno con l’andare degli anni e non è controllabile con interventi chimici: non esistono trattamenti anti-virali applicabili in agricoltura. Si potrebbe rendere il San Marzano resistente al virus attraverso incroci con piante resistenti, ma la varietà di pomodoro così ottenuta non potrebbe più chiamarsi San Marzano. Ciò non costituirebbe un problema in un Paese in cui non vi fosse attenzione al prodotto tipico. Da noi, invece, vi è sia la necessità di andare avanti con la selezione di nuovi prodotti di qualità, sia anche la necessità di salvaguardare la tipicità dei prodotti nazionali.
    Altro caso emblematico è quello del melo della valle d’Aosta. Si tratta di una coltivazione tradizionale della valle che radica nel medioevo ed ancora più in là nel tempo. Oggi questa coltivazione è messa seriamente a rischio dall’aumentata aggressività di un insetto, la Melolontha melolontha. Questo coleottero trova condizioni ottimali per la sua riproduzione in Valle d’Aosta e nella contigua Svizzera. Le sue larve si cibano delle radici del melo. Ogni 3 anni si ha lo sfarfallamento con l’infestazione di nuove zone. Piante adulte riescono a sopravvivere, ma nuovi impianti con giovani piante sono resi inattuabili. Non esistono interventi efficaci per combattere la Melolontha. L’unico intervento utile è l’integrazione di un opportuno gene capace di conferire resistenza all’insetto. L’integrazione può essere fatta nella parte radicale della pianta, visto che il melo coltivato è innestato su di un porta-innesto. La parte aerea non è dunque OGM. E quello che abbiamo già fatto nel nostro laboratorio di ricerca presso l’Università di Milano (Barbara Basso e Francesco Sala). Il gene da noi integrato ha reso in effetti le cellule radicali tossiche per la Melolontha. Questo almeno in saggi di laboratorio su piantine cresciute in serra in condizioni di contenimento, come vuole la legge italiana. Nulla è possibile dire di più a causa della proibizione di ripetere le prove in campo.
    Altro caso significativo è quello del pioppo. Si tratta anche in questo caso di una collaborazione del mio laboratorio di ricerca con Istituti di ricerca della R.P. Cinese. Il pioppo, sia in Italia, sia in Cina è spesso soggetto ad attacchi da parte di un insetto, la Lyimantria dispar, che si ciba delle sue foglie. Ripetuti attacchi da parte di questo lepidottero possono portare anche alla morte della pianta. Non sono risolutivi e comunque, non sono economicamente ed ambientalmente convenienti, trattamenti con insetticidi. L’integrazione nel DNA del pioppo di un gene isolato da Bacillus thuringiensis ha reso le piante resistenti al parassita. Più produttività, più salvaguardia dell’ambiente, meno interventi chimici. Ciò è già una realtà in Cina, ove sono già oggi coltivate migliaia di ettari di questo pioppo OGM. Potrebbero esserlo anche in Italia. Ma anche in questo caso la cosa non è permessa. E si noti che i pioppo coltivati in Cina sono in maggior parte frutto della selezione genetica operata nei laboratori di ricerca sul pioppo di Casale Monferrato!
    Molti altri esempi si potrebbero fare sui vantaggi che il prodotto tipico italiano potrebbe trarre dall’appropriato utilizzo della metodologia OGM.. Infatti il problema non è ristretto a pochi specifici casi. Inoltre, il breeder, cioè il miglioratore genetico delle piante vegetali coltivate sa che le nuove selezioni non possono durare in eterno. Parassiti più aggressivi possono, anche entro pochi anni, rendere inutilizzabile una nuova cultivar (cultivated variety) e ciò può rendere indispensabile un continuo lavoro di miglioramento genetico. Nuove esigenze commerciali possono creare nuove aspettative. Ma non vi è spazio in questo scritto per una loro trattazione. Rimando perciò ad un nostro specifico trattato dato alle stampe nel 2003 (Basso et al., Biotecnologie per la Tutela dei Prodotti Tipici Italiani, 21° Secolo, Milano, 2003) .

    6. Piante OGM e percezione pubblica. In Italia, la campagna anti-OGM ha dato alle multinazionali del seme l’esclusiva degli OGM!
    I successi della ricerca italiana rischiano di restare puramente accademici. Le informazioni che arrivano all’opinione pubblica sulla natura della metodologia OGM e sulle sue applicazioni sono ancora fuorvianti. I messaggi che raggiungono l’opinione pubblica sono che, comunque, le piante OGM sono pericolose per la salute, per l’ambiente, per il prodotto tipico e per le coltivazioni dei Paesi poveri. Sono messaggi difficili da sfatare, anche con argomenti logici e con dati di fatto.
    La scienza si è chiesta sin dal momento della messa a punto della metodologia OGM, se questa possa introdurre situazioni di rischio per la salute umana. Molta ricerca è stata sviluppata a proposito. Dopo una approfondita analisi, costata 70 milioni di Euro e che ha coinvolto 400 gruppi di ricerca pubblica della UE, già nel 2001, Philippe Bousqin, Commissario della C.E. stessa, ha potuto affermare, nel rapporto conclusivo, che le piante OGM non presentano nuovi rischi rispetto alle piante attualmente coltivate. Anzi sono più sicure di quelle non-OGM perché più accuratamente controllate dalla scienza prima della loro coltivazione. Per tutte le altre piante oggi coltivate è prassi che nessun controllo preventivo venga effettuato per qualsiasi nuova selezione genetica. I controlli si faranno posteriormente solo se le piante mostreranno indizi evidenti di pericolosità per l’uomo o per l’ambiente. Nonostante ciò l’opinione pubblica diffida delle piante OGM. Gli studiosi di comunicazione sostengono che ciò potrebbe essere dovuto proprio al nuovo approccio cautelativo. “Le piante OGM possono presentare rischi?” Ci si è chiesti. “Verifichiamo questa possibilità”. “Ma se si fanno controlli”l’opinione pubblica si chiede “allora i rischi ci sono”. Ed allora, si richiedono maggiori controlli. “Ma maggiori controlli non corrisponderanno a maggiori rischi?” Così un crescendo perverso si instaura e risulta impossibile convincere l’opinione pubblica che i controlli sono appunto serviti per verificare l’assenza di rischi insiti nella metodologia e di rischi specifici insiti in ciascuna specifica applicazione.
    L’agricoltura tradizionale e l’agricoltura biologica, basate sulla autocertificazione, semplicemente non presentano rischi perchè nessun rischio è scientificamente controllato. Così succede, ad esempio, che in un prodotto OGM dovrà essere obbligatoriamente certificata l’assenza di sostanze che provocano allergie, mentre il Kiwi oggi in commercio può continuare a contenere ben 15 molecole che provocano allergia!
    E’ la verifica di tutti i presunti rischi che porta OGM a più di 20 milioni di Euro il costo di tutte le ridondanti certificazioni oggi necessarie per l’approvazione di una pianta OGM. Ma questo costo risulta insopportabile per i prodotti nazionali e limita le applicazioni della metodologia OGM alle grandi colture delle multinazionali.

    7. L’Italia non è un Paese libero da OGM!
    Nel nostro Paese è diffusa la convinzione che i prodotti OGM sono proibiti e che, quindi, non arrivano sulle nostre tavole. Contribuiscono a ciò anche i mezzi di informazione che non danno sufficiente rilievo ad un fatto fondamentale: noi non possiamo coltivare piante OGM nei nostri campi, ma possiamo importare OGM da qualsiasi nazione e possiamo legalmente utilizzarli anche in alte quantità.
    Dunque il paradosso è che una persona che sia fortemente convinta dei suoi principi anti-OGM e che voglia quindi limitarne l’utilizzo nella sua alimentazione, potrà farlo se è strettamente vegetariano. Potrà infatti scegliere cereali e legumi coltivati in campi certificati liberi–da-OGM. Ma se questa persona beve latte e mangia anche carne, troverà estrema difficoltà a soddisfare le sue convinzioni. Infatti, il nostro Paese obbliga a dichiarare in etichetta la scritta “contiene OGM” se un prodotto vegetale (ad esempio, mais) contiene OGM in concentrazione superiore allo 0,9%. Invece non vi è alcun obbligo di dichiarare che un animale è stato allevato con foraggio OGM, anche in percentuale del 100%. E’ perfettamente legale, nel nostro Paese, importare animali allevati con OGM e, addirittura, importare mangimi OGM da usare come foraggio per i nostri allevamenti. Se si pensa che quasi il 90% della soia coltivata nel mondo e più del 50% del mais sono OGM, possiamo verificare come l’OGM sia una scelta ormai obbligata per i nostri allevatori. Anche i nostri prosciutti ed i nostri formaggi tipici non sfuggono a questa regola.
    E’ anche dimostrato che, nel caso del mais, l’uso di OGM nell’alimentazione animale riduce drasticamente la presenza di tossine cancerogene. La Fig. 10 riassume i dati resi pubblici dal nostro Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. I dati, prodotti da una ricerca effettuata dall’ Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, un organo del Ministero stesso, e resi pubblici nel Novembre 2007, sono impressionanti. Essi infatti dimostrano che se in Italia fosse permessa la coltivazione di mais OGM, avremmo un aumento di produttività, per ettaro, del 28-43%. Ed ancora più interessante, avremmo in questo mais una diminuzione di 100-130 volte del contenuto in fumonisina. E’ questa una sostanza estremamente cancerogena che viene prodotta da funghi che crescono sulle pannocchie del mais quando la pianta è infestata dal lepidottero che parassita le piante.

    8. L’agricoltura biologica del futuro sarà un’agricoltura OGM
    In definitiva, l’agricoltura biologica del futuro sarà un’agricoltura OGM. Sino a quando non si accetterà questa realtà, io continuerò a diffidare della coltivazione degli attuali vegetali con il metodo biologico. Principale fine dell’agricoltura biologica è quello di ridurre l’uso della chimica in agricoltura. Ma come si fa a ridurre i trattamenti chimici se si coltivano piante selezionate in passato e caratterizzate da sensibilità ai parassiti più diversi? Riduzione dei trattamenti chimici è già possibile in piante OGM (mais, cotone, pioppo e molte altre), ma ciò è stato realizzato dall’integrazione di opportuni geni.
    Con l’uso delle metodologie più moderne potremo quindi ottenere il miglioramento genetico delle piante coltivate aumentando la resistenza ai parassiti e stabilizzando la produttività e la qualità, anche in zone oggi poco adatte alle coltivazioni. L’uso degli approcci tradizionali e di quelli OGM per il miglioramento genetico delle piante coltivate ci permetterà di aumentare sensibilmente anche la produttività per unità di superficie venendo incontro alle esigenze nutrizionali dei Paesi poveri, ed anche di quelle commerciali dei Paesi ricchi.
    Non è questo l’obiettivo dei propugnatori dell’agricoltura biologica? L’attuale approccio “biologico” ha un difetto di base: vorrebbe ottenere i suoi scopi utilizzando le piante attualmente disponibili, quelle della vecchia generazione, quelle selezionate per essere cresciute con innumerevoli trattamenti chimici (antiparassitari, fitoregolatori ed altro). Si vorrebbe un ritorno all’agricoltura dei nostri nonni, quando i raccolti erano frequentemente distrutti dai parassiti perché non esistevano antiparassitari, quando i prodotti alimentari erano spesso contaminati da aflatossine cancerogene e da altre composti tossici e quando la produttività era bassa e discontinua nei diversi anni. Si pensi che ancora oggi molte coltivazioni di melo arrivano alla nostra tavola dopo aver subito 20-30 trattamenti chimici. Senza di essi non avremmo quel bel prodotto finale, quelle belle mele uniformemente colorate di rosso, anche se qualche volta senza sapore, che vediamo esposto dai nostri ortolani.
    La coltivazione di piante OGM può dunque portare notevoli vantaggi all’uomo e all’ambiente. I dati statistici dicono che negli USA ed in Canada, ove le coltivazioni OGM sono largamente diffuse da più di dieci anni, l’impiego di insetticidi e di fitofarmaci è diminuito, nello stesso periodo, di più del 10-12 % Nella U.E. le statistiche invece dicono che nello stesso spazio di tempo vi è stato un incremento del 10% del loro uso. Come si accorda questo dato di fatto con l’attuale campagna europea anti-OGM? Come si giustifica l’attuale campagna in favore delle produzioni “biologiche” quando queste non assicurano alcuna stabilizzazione della produttività e una sufficiente sicurezza sanitaria?
    Il mais biologico del futuro inizia ad essere una realtà, con l’integrazione di gene Bt che conferisce resistenza alle infezioni da insetti. Il pomodoro coltivato nel prossimo futuro resisterà ai virus patogeni perché porterà inserita nel suo DNA una breve sequenza anti-senso del virus che oggi lo distrugge. Le coltivazioni di pioppo nella R.P. Cinese (8 milioni di ettari oggi, 16 nel prossimo futuro) non richiederanno insetticidi e non interferiranno con la biodiversità del pioppo naturale, perchè saranno dotate di un gene di sterilità (il pioppo si riproduce per talea e ciò rende inutile la produzione di semi.). E questi non sono che alcuni esempi di quello che la scienza può fare e che farà nel prossimo futuro, per migliorare la produttività agricola nel rispetto della salute umana e dell’ambiente!
    La scienza ha le idee chiare sulle potenzialità della metodologia. Purtroppo l’opposizione ideologica alla metodologia OGM è ancora alta in molti settori politici. Ciò influenza i mass-media e l’opinione pubblica. La cosa è paradossale: ci si oppone all’uso di una nuova metodologia per il miglioramento genetico, non agli scopi da esso perseguiti. E questo oggi pare assurdo, soprattutto considerando il fatto che la scienza ha ormai ampiamente dato ampie rassicurazioni sulla sicurezza e sui vantaggi della nuova tecnica.


    Notizie sull’autore

    Francesco Sala
    Nato a Legnano (Milano) nel 1938, si laurea, presso l’Università di Pavia, in Farmacia nel 1961 e in Scienze Biologiche nel 1963. Dal 1960 al 1967 sviluppa la sua attività di ricerca scientifica dapprima presso l'Istituto di Genetica dell’Università di Pavia, poi, dal 1964, presso il Prairie Regional Laboratory, Saskatoon, Saskatchewan. Canada e, successivamente presso il Department of Biological Sciences, Purdue University, West Lafayette, Indiana, USA. Rientrato in Italia nel 1967, è Assistente Ordinario presso l'Istituto di Botanica dell’Università di Pavia e, successivamente, Ricercatore presso l'Istituto di Genetica Biochimica ed Evoluzionistica del C.N.R. (Pavia).
    Nel biennio 1975 e 1976 è Presidente della Società Italiana di Fisiologia Vegetale e, nel 1975 è fondatore della European Society for Plant Physiology. Nel 1983 gli è attribuito il premio Baccarini-Melandri per il suo apporto originale allo sviluppo della Fisiologia Vegetale. Nel 1983 è Professore Associato di Biochimica Vegetale dell'Università di Pavia. Dal 1986 al 1995 è Professore Ordinario di Botanica presso l’Università di Parma. Dal 1987 al 1997 è responsabile, nell'ambito del World Laboratory Project (corodinatori A. Zichichi e L. Santi), dello sviluppo di progetti di Biotecnologia Vegetale nella Repubblica Popolare Cinese. Nel 1989 è membro del Transnational Expert team della UE per la valutazione di programmi di ricerca ECLAIR nel settore agro-industriale. Nel 1994 gli è conferito il titolo di Professore Onorario presso la Nanjing Forestry University, China. Nel 1995 gli è conferito lo stesso titolo presso la Chinese Academy of Forestry, Beijing, China. Dal 1995 è Professore di Botanica presso l'Università di Milano e qui è nominato Delegato Rettorale per i tre Orti Botanici dell’Università. Nel 2002 è stato membro del Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nel 2005, il Ministero dell’Ambiente gli affida la direzione scientifica del progetto di ricerca triennale italo-cinese dedicato allo “Sviluppo agricolo nel rispetto dell’ambiente”. L’attività scientifica è documentata da 130 pubblicazioni originali su riviste scientifiche internazionali (con revisori), 8 libri didattici e diversi libri di divulgazione.




    FINE TESTO

    __________________________________________________________________________

     
    .
  10. claudiocosta
        Like  
     
    .

    User deleted


    Per chi non sapesse da chi è formata l'associazione liberi da OGM che con Capanna ha raccolto 3 milioni di firme per chiedere all'UE di vietare non solo la coltivazione di OGM ma anche il consumo:

    LA COALIZIONE ITALIAEUROPA LIBERI DA OGM E' COMPOSTA DALLE SEGUENTI ORGANIZZAZIONI:
    Acli, Adiconsum, Adoc, Adusbef, Agci Agrital, Aiab, Alpa, Assocap, Avis, Cia, Cic, Città del Vino, Cna, Codacons, Coldiretti, Confartigianato, Consorzio del Parmigiano Reggiano, Coop, Copagri, Fedagri, Federconsumatori, Focsiv, Fondazione Diritti Genetici, Greenpeace, legacoop agroalimentare, Legambiente, Libera, Res Tipica, Slow Food Italia, Unci, Vas, Wwf.

    Il coordinatore della Coalizione ItaliaEuropa-Liberi da OGM è Roberto Burdese, Presidente di Slow Food Italia.
     
    .
  11. claudiocosta
        Like  
     
    .

    User deleted


    Il WWF da sempre fa del catastrofismo sugli OGM ma anche:

    - sull'elettrosmog.
    - sul biologico
    - sulla zootecnia causa di cambiamenti climatici
    - sull'Antartide che si scioglie
    - sull'Artico che sparisce tra 2 anni
    - sul carbone
    - sui pericoli del nucleare ecc.

    Malgrado questo sia noto, il WWF va nelle scuole ad insegnare "scienze ambientali"

    Permettetemi una battuta.

    "E' come se il mago Thelma andasse nei licei ad insegnare l'astronomia"!

     
    .
  12. claudiocosta
        Like  
     
    .

    User deleted


    In 11 anni gli OGM hanno evitato l’uso di 289.000 tonnellate di pesticidi

    www.isaaa.org/resources/publi...%20Italian.pdf

    Edited by MetS - 9/6/2015, 19:05
     
    .
  13. XRumerTest3
        Like  
     
    .

    User deleted


    Hello. And Bye.
     
    .
12 replies since 24/9/2008, 11:53   3354 views
  Share  
.