Cari amici, siamo in piena recessione!

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  1. metodico
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    Da quando esiste il mercato azionario ci sono stati alti e bassi, crisi economiche anche peggiori di quelle attuali. Come esistono i pessimisti, essitono gli ottimisti. Ma da quando è nata il trend del mercato nonostante gli alti e bassi, anche violenti, ha un trend positivo e chi ha saputo investire nel tempo ha sempre guadagnato di più che non investire nel mercato obbligazionario, tanto meno in quello monetario. La crisi è finita? durare ancora?....i mercati azionari cresceranno..certo che si ma la data precisa non la so...non sono un mago...analizzo risultati storici.
     
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  2. claudio5
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    Ciao Metodico sono contento che tu sia cosi ottimista , da noi sta diventando " dura " e si continua a lavurà cun difficultat .

    E che fino a quando tremava Wall Street la gente se la " rideva " ora hanno gli occhi sbarrati .

    Sul Gazzettino di oggi :

    Mercoledì 15 Luglio 2009,
    Aumentano a dismisura le richieste dell’assegno di disoccupazione e delle indennità di cassa integrazione da parte delle imprese. E i tempi entro i quali i lavoratori sospesi o disoccupati ricevono i soldi rischiano di allungarsi causando difficoltà a molte famiglie. Negli ultimi due mesi la situazione per le persone che hanno perso il lavoro è diventata ancora più pesante: agli ammortizzatori sociali "classici" si è aggiunta la cassa integrazione in deroga che prevede un iter amministrativo che deve essere ancora affinato e che per questo causa ulteriori ritardi.
    Ci sono casi - per fortuna isolati - di dipendenti di imprese in concordato o in fallimento costretti ad attendere anche diversi mesi per ottenere i soldi della cassa integrazione straordinaria. Ma è sul fronte dell’assegno di disoccupazione (riservato a quei lavoratori che non sono coperti da nessun’altra forma di sostegno al reddito) che la situazione rischia di esplodere a causa della "massa" di domande che nell’ultimo periodo stanno arrivando negli uffici dell’Inps che operano con un organico che è lo stesso di quello precedente alla crisi. Basti pensare che le richieste dell’indennità di disoccupazione sono più che quadruplicate: se nell’intero anno 2008 le domande erano state duemila, soltanto nel primo semestre di quest’anno si è a quota ottomila.
    Una massa di domande che rallenta la normale erogazione anche delle altre forme di ammortizzatore sociale, come la cassa straordinaria (per la quale l’Inps deve sempre attendere il via libera da parte del ministero del Welfare e quindi con i relativi tempi) o la mobilità. Solitamente i tempi di erogazione non superano mai i 25 o 30 giorni, ma ci sono le eccezioni. Poi ci sono i tempi bancari per "girare" i bonifici che arrivano anche a 10 o 12 giorni. Meno grave, invece, la situazione per quei lavoratori che sono in cassa ordinaria, l’indennità in questo caso infatti viene quasi sempre anticipata dalle imprese e perciò arriva con regolarità.
    Con l’applicazione dell’accordo (tra parti sociali e Regione) di inizio maggio sulla cassa integrazione in deroga si è aggiunto ulteriore lavoro per gli uffici dell’Inps. In provincia di Pordenone, fino a oggi, sono state presentate circa 160 domande per la cassa "regionale". Solo alcune sono state liquidate proprio a causa della mancanza dell’intera documentazione richiesta ai datori di lavoro. E proprio per agevolare e accelerare i tempi di erogazione della cassa in deroga l’Inps ha spedito alle associazioni datoriali, ai commercialisti e ai sindacati una sorta di "vademecum" per spiegare l’esatta procedura. Nella lettera si invita anche tutti i datori di lavoro e i consulenti che hanno già inoltrato domanda a trasmettere quanto prima i modelli "Sr 41" per consentire la liquidazione dell’indennità. Contestualmente si chiede anche di utilizzare esclusivamente la procedura di trasmissione telematica per ridurre i tempi di liquidazione.

     
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    Il solito problema italiano.
    All'inizio l'Italia non sentiva la crisi, anzi tutti i politicanti al governo si affrettavano a dire che il paese era forte e che la crisi non avrebbe toccato gli italiani...
    Poi la crisi e' arrivata quando negli USA si era stabilizzata.
    Adesso che Obama dichiara di esser ormai fuori da tunnel ecco che gli italiani boccheggiano...
    Noi siamo sempre buoni ultimi, anche nei problemi.... :zero02:
     
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  4. metodico
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    l'ottimismo non vuole dire essere insofferente alla crisi attuale. Vuol dire credere che anche i momenti peggiori e negativi possono diventare migliori e positivi. Magari imparando dagli errori commessi.
     
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  5. claudio5
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    DICONO CHE E' FINITA LA CRISI ? :o:

    Tutto vero, fino a poco tempo fa. Ora la bancarotta della finanza locale contagia anche la metropoli più ricca e cosmopolita del Mid-West, stremata per il crollo delle entrate. Come tutte le città americane anche l'amministrazione locale di Chicago dipende in modo prevalente dall'imposta sulla casa e da qualche tassa sui consumi: le voci di gettito su cui la recessione ha avuto un impatto catastrofico.

    La "chisura per bancarotta" di Chicago fa scalpore perché è la città del presidente, ma non è un caso isolato. In Pennsylvania 255 impiegati pubblici sono stati licenziati in tronco - dieci giorni di preavviso e zero liquidazione - con una motivazione secca: "Mancanza di fondi". Oggi si fermeranno per sciopero il metrò e gli autobus di San Francisco, dopo l'aut aut della città agli autoferrotranvieri: o accettano una riduzione del 7% degli stipendi o scattano i licenziamenti collettivi.

    Il caso della California è uno dei più drammatici. Dal 2 luglio lo Stato più grande e più ricco degli Usa (se fosse indipendente avrebbe un Pil superiore all'Italia e farebbe parte del G8) sta pagando tutti i suoi fornitori e creditori con delle cambiali, pezzi di carta di cui bisogna fidarsi: sono quasi due miliardi di dollari di "promesse future", perché in cassa non ci sono i fondi. E' con rinvii e sotterfugi di questo genere che il governatore Arnold Schwarzenegger ha tamponato provvisoriamente un buco di 24 miliardi di dollari nel suo bilancio. Tutti i servizi essenziali sono vittime dei tagli. Oltre 500 milioni di dollari sono stati tolti all'assistenza sanitaria per i più bisognosi. Le carceri dovranno liberare fino a 43.000 detenuti entro il prossimo biennio. E non è detto che siano solo i condannati per reati minori a uscire in libertà.

    Fonte " Repubblica "
     
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    Bullshit!
    Dicono che c'e' crisi ed in Italia gli italiani in vacanza erano il 30% inpiu' dello scorso anno quando le autostrade non sono mai state intasate come adesso.
    C'e' la crisi solo quando si vuole pagare di meno o non aumentare gli stipendi ma quando si tratta di divertirsi allora la crisi non c'e' piu'....
    ma mi faccia il piacere...
     
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    Si affannano a dirci di ricominciare ad avere fiducia, di spendere per far ripartire la crescita, per tornare a sperare dicono loro.
    Ma sperare cosa? Sperare di rimanere a bolletta ma con la casa piena di inutilita' cosicche' qualcun altro a cui abbamo dato i nostri soldi possa comprarsi l'ennesima casa in montagna, ai laghi o a Saint Tropez?

    La crisi oltre a ridurre il circolante, inteso come soldi, oltre a ridurre gli sprechi (meno male) e gli acquisti in genere, ha avuto l'effetto di ridurre gli stipendi.
    Non di quelli che il lavoro l'avevano gia' mi sembra ovvio, ma di chi il lavoro lo cercava prima e continua a cercarlo adesso.
    Un mio ex collega si e' trovato senza lavoro proprio a Dicembre dello scorso anno, tutta una serie di eventi negativi l'hanno mandato a casa per Natale e senza ritorno.
    Lui, che e' bravo di lingua e d'argomenti, ha trovato subito un ripiego e dopo Natale in famiglia, a Gennaio di quest'anno ha ricominciato.
    Purtroppo lo stipendio non era nemmeno lontanamente parente di quello che riusciva prima a guadagnare senza nemmeno troppa fatica.
    Adesso lavora di piu', e' considerato meno, i costi inderogabili sono come prima (il mutuo, il gas, la luce, il garage per le auto, le assicurazioni ecc), guadagna di meno.
    Adesso spiegatemi voi come puo' quest'uomo padre di famiglia numerosa, oggi le famiglie fanno fatica ad avere un bimbo in casa a volte nemmeno quello, lui ne ha tre e sono quasi una squadra' di pallavolo, sono un team e mezzo a tennis, persino tre portieri... insomma consideriamo il bicchiere mezzo pieno almeno dal suo punto di vista e spiegatemi come possa mettersi a spendere, a tornare a spendere anche nell'inutile per trainare questa post crisi e portare la Nazione ai fasti (e sprechi) di qualche tempo fa?

    A lui i governanti dicono di tornare a spendere, a lui che guadagna la meta' di prima ma spende gia' di costi fissi i tre quarti dello stipendio attuale, prima era la meta', e cosa gli resta in tasca dopo che ha nutrito la sua famiglia e fatto fronte alle spese indispensabili?
    Nulla e quindi caro governo, presidente e deputati, sapete dove ve lo potete mettere il vostro invito a spendere????

    Edited by MetS - 28/8/2009, 15:53
     
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  8. claudio5
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    By Daniel Pimlott, Economics Reporter
    Published: August 27 2009 11:06

    Investment by businesses collapsed in the second quarter of this year as the shortage of credit and the recession cut into British companies’ spending plans.

    New spending by businesses on a range of investments from new building work to computer software fell by 10.4 per cent from the previous quarter, the Office of National Statistics reported, the biggest decline since 1985 excluding a blip in the data in 2005 and much worse than consensus forecast of a 3.6 per cent decline.
    estment was 18.4 per cent lower than a year earlier – the sharpest decline since records began in 1966.

    “These data are notoriously volatile and substantially prone to revision, but the massive 10.4 per cent quarter-on-quarter fall in investment in the second quarter was still stunning, much weaker than had been expected and consistent with further retrenchment in the domestic economy,” said Colin Ellis, economist at Daiwa Securities SMBC.


    Il problema e che se privati e aziende non spendono LORO (in senso ampio) non riescono a farla girare a loro comodo .

    Ti faccio un esempio esagerato ma comprensibile :
    Se il sistema collassa e non è che ci sia molto da ridere ; quelli che perdono di più sono loro , Noi la gente comune , diventeremo un po piu poveri , ma loro devono scappare di corsa perchè probabilmente le ferramente regaleranno i forconi per corregli dietro ; e credo che in Francia ci sia già una certa " maretta " al riguardo .

    Saluti Claudio
     
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    Claudio hai ragione ma...
    Sono purtroppo LORO che governano le aziende, sempre LORO che decidono gli stipendi ed ancora LORO che fanno i budget e gioco forza sono tutti al ribasso e per cui se LORO piangono noi non ridiamo di certo, aspetta a perdere il lavoro e poi me la racconti.

    Maretta in Francia? Non mi risulta!
     
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  10. claudio5
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    CITAZIONE (MetS @ 30/8/2009, 19:28)
    Maretta in Francia? Non mi risulta!

    Ma mi è capitato più volte di leggere negli ultimi mesi , di lavoratori francesi che boccavano fabbriche - sequestravano dirigenti e altro ancora .

    Dagli articoli a me dava impressione di "maretta" , nel senso che se si arrabbiano qualcuno si preoccupa Forse . . . . .

    Ciao

    CITAZIONE
    aspetta a perdere il lavoro e poi me la racconti

    Speriamo di no , sai da piccolo imprenditore questo vuol dire fare grossi danni .
     
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    CITAZIONE (claudio5 @ 30/8/2009, 19:40)
    Ma mi è capitato più volte di leggere negli ultimi mesi , di lavoratori francesi che boccavano fabbriche - sequestravano dirigenti e altro ancora.

    Si ma quelli sono casi isolati, e' bastato il primo perche' gli altri lo prendessero ad esempio ma, ripeto, sono sempre casi isolati. i piu' la crisi la considerano passata.
    CITAZIONE
    Speriamo di no , sai da piccolo imprenditore questo vuol dire fare grossi danni .

    Allora da piccolo imprenditore conosci la situazione, quanto piccolo?
     
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  12. claudio5
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    DA TARANTO A BELLUNO: LA LUNGA LISTA DELLE AZIENDE CHE OGGI NON RIAPRONO
    August 31st, 2009 | by Redazione Bloglavoro |


    Purtroppo molti, tornando dalle ferie o dopo un mese di attesa forzata nella calura delle città, si troveranno con una pessima notizia, nonostante tutti i proclami di positività da parte di Confindustria e dell’attuale Governo.

    La realtà dei fatti è che queste aziende riportate di seguito sono tra le maggiori in Italia. E sono tutte avviate alla chiusura. Parliamo di dati concreti, non di dati generici:

    •Ideal Standard di Belluno e Pordenone: 250 esuberi più altri in arrivo, già annunciati
    •Safilo, stabilimenti friulani: altri 500 posti a rischio, più quelli già in cassa integrazione da tempo.
    •Carraro di Campodarsego: 650 in cassa integrazione.
    •Marzotto di Portogruaro: 250 in contratto di solidarietà da due anni, in scadenza
    •Myair di Vicenza: 250 licenziamenti in arrivo.
    •Merloni di Fabriano e Nocera Umbra: 3000 dipendenti in attesa che qualcuno compri la fabbrica in ammnistrazione controllata.
    •Cablelettra e Cablelettra Sud: 400 licenziati negli ultimi 3 anni, 300 già in mobilità, circa 200 in cigo a rotazione, l’azienda in amministrazione controllata da agosto 2009, è in attesa di commesse nel settore auto.
    •Manuli Rubber di Ascoli Piceno: altri 375 messi in mobilità.
    •Roccatura di Russotto a Prato sotto sfratto, per ora è stato salvato dalla solidarietà degli altri terzisti che hanno bloccato l’ufficiale giudiziario.
    •Radicifil di Pistoia: 140 che dovevano entrare in cassa integrazione a rotazione e invece non torneranno al lavoro, licenziati per ‘eventi improvvisi’ molto poco chiari
    •Delphi di Livorno: 400 lavoratori a casa, confermata la chiusura.
    •Siderurgico di Taranto: dopo le ferie forzate per i 3 mila dell’Ilva, si rientra in pochi, con 6500 in cassa integrazione.
    •Petrolchimico di Porto Torres: l’Eni chiude il petrolchimico, a rischio certo i 900 lavoratori addetti oltre ad altri 800 occupati nell’ indotto.
     
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  13. claudio5
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    DA IL GAZZETTINO Mercoledì 30 Settembre 2009,
    Udine
    Il fenomeno era previsto e prevedibile, i numeri lo stanno confermano: sugli affidamenti bancari il tasso di sofferenza è in rapida crescita. Non tanto sul versante famiglie, quanto nelle esposizioni debitorie delle imprese, costrette a fare i conti con una crisi che colpisce soprattutto contoterzisti e piccole imprese.
    Se il tasso di sofferenza resta ancora lontano dai livelli di guardia, attestandosi al di sotto del 2,5%, il suo aumento rispetto alla situazione pre-crisi è allarmante: «In un anno siamo passati dall’1,7% al 2,4%», rivela Luciano Di Bernardo, direttore generale del gruppo Popolare di Cividale.
    In termini percentuali l’aumento è vicino al 50% ed è un termometro piuttosto eloquente della crisi: «Negli ultimi dieci anni – commenta Di Bernardo – le oscillazioni anno su anno erano sempre rimaste nella forbice di 2 o 3 decimi di punto». Oggi, invece, la variazione è di 0,7 punti e ha suggerito anche alla Cividale, come a tutte le altre banche piccole e grandi, politiche molto prudenziali in sede di definizione dei bilanci semestrali.
    Per far fronte al deterioramento dei prestiti il gruppo ha deciso accantonamenti in crescita del 55% rispetto al bilancio 2008: «Ci auguriamo che si rivelino sovrastimati, ma siamo consapevoli delle difficoltà delle imprese e in particolare delle più piccole, che costituiscono il nostro principale bacino di riferimento». Nonostante il forte incremento degli accantonamenti, comunque, nel primo semestre il gruppo ha chiuso con un utile netto di 5,2 milioni, con una flessione molto contenuta (-7%) rispetto al 2008. Un calo che si spiega esclusivamente con la crescita degli accantonamenti sui prestiti, mentre il margine finanziario cresce (+18%), grazie anche allo sviluppo della rete.

     
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  14. claudio5
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    Tutti i media parlano della fine della crisi, ma le notizie che si reperiscono sia in prima persona che su internet sembra che invece le cose vadano peggiorando MA !!!

    Crollati i trasporti via mare tra Asia e Occidente. Migliaia di navi da trasporto sono inutilizzate e si arrugginiscono immobili. In crisi anche i cantieri navali.

    Singapore (AsiaNews) – Migliaia di navi “fantasma” sono ancorate a qualche decina di miglia ad est dal porto di Singapore. Non hanno carico, né equipaggio: con la crisi economica e la conseguente diminuzione di esportazioni e commerci si sono trovate senza carichi da portare e sono state lasciate là nella speranza che presto riprendano i commerci.

    A bordo ci sono pochi uomini, per impedire incidenti o che qualche pirata rubi la nave. Ci sono navi da carico, cargo, petroliere: il loro numero è superiore alle flotte commerciali di Stati Uniti e Gran Bretagna insieme, il loro tonnellaggio è ancora maggiore, sono tante che coprono l’orizzonte. Sono abituate a fare spola senza sosta tra Cina, Europa e Stati Uniti, ma ora sono senza lavoro. Sono molto numerosi i portacontainer: il commercio con la Cina avviene soprattutto tramite container. Ma ormai il gigante cinese vede le sue esportazioni ridotte del 17,5% e le importazioni a meno 43,1% (gennaio 2008-gennaio 2009).

    I pescatori della zona dicono che ogni giorno si aggiungono altre imbarcazioni; alcune rimangono solo per alcune settimane, ma la gran parte non si muove. Battono bandiera di Panama, Bahamas e altri Stati di comodo, ma con probabilità appartengono a grandi ditte occidentali.

    Tenere ferme queste navi è una grandissima perdita economica: equipaggio, manutenzione, interessi passivi. Nel 2008 affittare una nave-cisterna da 80mila tonnellate costava 50mila dollari al giorno, ora ne chiedono circa 5.500. E questo è il periodo quando partono le ordinazioni e i rifornimenti per il Natale. Il costo di nolo di una nave da carico-secco (bulk dry cargo, usate per il trasporto di minerali e alimenti come i cereali) è precipitato dai 300mila dollari dell’estate 2008 a circa 10mila dollari e significa che la domanda di questi generi è davvero crollata.

    Edited by MetS - 3/10/2009, 15:28
     
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  15. claudio5
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    SE HANNO FINITO I SOLDI LORO . . . . . :o: . . . . . . speriamo di non finirli noi ! (fonte LaRepubblica.it)

    ... I cantieri sono fermi, i prezzi delle case sono crollati del 50%. E il Dubai - candidato fino a pochi mesi fa a diventare la Wall Street (o la Disneyland, suggerisce qualcuno) del Medio Oriente - non ha più i soldi per onorare i suoi debiti. A tremare sono in tanti. In prima fila, ovviamente, le banche che hanno finanziato gli 80 miliardi di esposizione dell'emirato. E le aziende, migliaia tra cui molte italiane, che hanno investito sui suoi piani di sviluppo. Il pericolo vero, però, è che lo tsunami-Dubai tracimi verso gli altri paesi del Golfo, facendo scricchiolare le casse di quei fondi sovrani che negli ultimi due anni hanno recitato un ruolo da protagonisti nel salvataggio dell'economia mondiale. Puntellando a suon di petrodollari il capitale di banche e imprese sull'orlo del crac.

    Gli analisti, per ora, gettano acqua sul fuoco. Gli Emirati sono realtà differenti tra loro, assicurano. Dubai è una mosca bianca, la sua crisi affonda le radici in un'economia "di carta", povera di greggio (rappresenta solo il 6% del pil) e travolta dal crac di un settore, il mattone, arrivato a rappresentare il 30% della ricchezza nazionale. I vicini, aggiungono, sono messi meglio. Abu Dhabi - nel cui sottosuolo c'è il 9% delle riserve petrolifere globali - è una macchina da soldi. Mentre Qatar e Kuwait non hanno conosciuto gli eccessi finanziari della dinastia degli Al Makhtoum.
    Le borse però hanno drizzato le antenne. Le cifre in gioco, in effetti, sono altissime (i fondi sovrani del Golfo gestiscono un patrimonio superiore ai mille miliardi di dollari) e molte blue chip su entrambe le sponde dell'Atlantico sono ancora in vita grazie solo ai capitali degli emiri.

    La cassaforte pubblica del Dubai ha in portafoglio il 20% della Borsa di Londra (che controlla anche Borsa Italiana spa), quote di Standard Chartered, Daimler, Eads - la casa madre di Airbus - e persino il 20% del Cirque du Soleil. In Italia gli Al Makhtoum hanno trattato a lungo per rilevare le aree di Zunino a Sesto San Giovanni e Santa Giulia. Il ricchissimo Abu Dhabi investment fund - con la sua potenza di fuoco da 700 miliardi di dollari - ha il 2% di Mediaset ed è stato il protagonista del salvataggio a stelle e strisce di Citigroup. I sovrani del Qatar hanno appena speso 7 miliardi per tenere a galla la Porsche dopo la disavventura della speculazione su Volkswagen e nella loro collezione di trofei finanziari hanno pure partecipazioni significative in Barclays, nella Borsa di Londra e nei grandi magazzini Sainsbury. Il Kuwait investment office ha contribuito a strappare dal crac la Merrill Lynch ed è socio di Bp e Daimler.

    Il timore dei mercati - al di là delle conseguenze per le banche esposte con Dubai (Credit Suisse stima in 40 miliardi il rischio di quelle europee) - è che Dubai World sia in realtà solo il primo tassello di un domino di default immobiliari nel Golfo. Standard&Poor's stima che i progetti messi in stand by - opere stravaganti come le piste da sci nel deserto, isole artificiali a forma di planisfero e grattacieli modellati sulle figure degli scacchi o alti un chilometro - siano pari a quasi 500 miliardi di dollari. Una montagna di soldi che rischia di costringere gli emiri - reduci dal salvataggio del capitalismo occidentale - a liquidare le loro posizioni azionarie.

    Edited by MetS - 28/11/2009, 11:53
     
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