Normativa nitrati: conseguenze sul mercato.

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  1. claudiocosta
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    Parlando e discutendo con gli allevatori di suini in zone non vulnerabili ho avuto l’impressione che sperino nell’attuazione della normativa nitrati, in modo da ridurre la produzione dei suini italiani. Questo nell’ottica che il bollettino dei suini dipenda dal rapporto domanda offerta, quindi calando l’offerta dovrebbe salire la domanda e quindi il prezzo. In passato spesso è stato effettivamente così, ma in questo periodo la contrattazione dipende dalla legge domanda offerta?

    Io penso di NO!

    Per una serie infinita di fattori:

    - Come emerso nelle discussioni a Reggio Emilia, non c’è una vera contrattazione-compravendita di suini sul mercato; la maggior parte dei volumi delle vendite, sono a contratto annuale.

    - La maggior parte dei volumi di macellazione sono gestiti da una decina di macelli, è un vero e proprio oligopolio, un trust. Nulla li può indurre ad alzare il prezzo, anche nel caso ci fosse poca offerta, perché in realtà non essendoci contrattazione, non c’è concorrenza, i macelli da anni ormai non si rubano i clienti alzando il prezzo.


    - Il mercato italiano del Gran Suino Padano gsp subisce la concorrenza della carne del leggero che viene dall’estero, che però è un altro prodotto: sono suini più giovani, costano meno ma hanno le carni più insipide, alimentati con manioca e soya integrale e farine di pesce, alimenti che abbassano i costi ma che rendono le carni bianchicce e mollicce con un possibile retrogusto amarognolo di pesce (dovuto alle amine.)


    Concordo con la necessità di un radicale cambiamento nella contrattazione. Anche coinvolgendo il ministero, ad es.

    - Serve un anti trust.

    - Serve una tutela del nostro lavoro, così come il ministro interviene nella mediazione tra sindacati e industria sul costo del lavoro così il ministro dell’agricoltura DEVE intervenire evitando le speculazioni in filiera, (sempre promesso e mai fatto!) dove i produttori perdono, malgrado si siano impegnati per anni sul prodotto di qualità, mentre tutto il resto della filiera, cioè industria e commercio guadagnano.

    - BASTA! E’ ora di dire BASTA!

    - Serve un’etichetta chiara e una promozione della carne di gsp, non solo del crudo del consorzio. Ben venga la carcassa dop, bisogna inoltre monitorare con che carni sono fatti i salumi. Ad es. gli speck sono fatti con cosci italiani? NO! Perché allora sono salumi italiani? E lo stesso per: le mortadelle, i salami, i cotti ecc. Etichetta e promozione pubblicitaria televisiva, fatta dal ministero, e a spese del ministero, perché si punta sul made in italy, sul turismo enogastronomico, sulla cultura della qualità del cibo, e poi si lasciano gli allevatori in balia delle speculazioni, delle furberie, e in balia di un bollettino fallimentare imposto agli allevatori dall’industria-commercio. Ci sono il bollettino del pesante e quello del leggero: ci deve essere anche la carne etichettata del pesante e del leggero, perché sono due prodotti con diverse caratteristiche e qualità.

    - Ben venga un mercato unico, non avevo capito a Reggio che s’intendeva un’unica piazza con un unico bollettino nazionale. Io auspicherei anche un bollettino a peso morto come nel resto del mondo evitando tutte le furberie dei macelli sul calo peso, sul pesare senza testa e calcolarla come percentuale (che è una truffa) ecc. Potrebbero servire associazioni di allevatori che commercializzino un numero molto più alto di suini, in modo da avere più peso nella contrattazione?



    Come si fa a ottenere tutto ciò?

    Serve una protesta!

    Al museo egizio di Torino c’è un papiro che descrive una protesta degli operai nei cantieri edili delle piramidi, protestano perché il salario non basta per mangiare! 4000 anni fa, e non è cambiato nulla: è la nostra situazione, i costi di produzione aumentano a dismisura e i bollettini sono quelli di 20 anni fa.
    Serve una protesta! Di tutti però! Serve una rappresentanza che proponga una linea, una votazione della base, decide la maggiorana, e poi tutti che aderiscano.

    Non sono un esperto di lotte sindacali, quindi non so cosa sia meglio: se non conferire per due settimane o conferire senza certificati. Nella seconda ipotesi però la protesta si può fare ad oltranza, le perdite sarebbero ingenti, per gli allevatori, ma anche per l’industria. Nel primo caso, che è sempre meglio di niente, all’industria facciamo meno male!

    Non ci sono altre forme di protesta, anche plateali?

    Quando si sciopera c’è sempre un danno, sempre! Ma sempre, c’è un ritorno più alto del danno. Siamo sicuri che ci sia il ritorno nella situazione attuale del mercato italiano?

    A questo punto vorrei tornare all’inizio della discussione, alla speranza di qualche allevatore che la mannaia della normativa nitrati riduca la produzione, determinando un rialzo dei bollettini.

    Ma se questa è la speranza, e se la contrattazione è riformata come sopra, allora serve una riduzione del timbrato. Facciamola noi. Che si lasci pur libera la produzione del leggero ma si contingenti quella del gsp.

    Perché?

    Se si riforma veramente la contrattazione, con una bassa offerta di suini pesanti timbrati, in libero mercato di concorrenza, gli allevatori potrebbero fare davvero il prezzo, come non è mai stato negli ultimi dieci anni. Quindi farsi pagare il giusto per la qualità richiesta dall'industria. Se si aspetta che sia il mercato a fare la selezione si va al massacro! Tutti perdono, sperando che qualcuno chiuda prima, si abbassi la produzione e quindi si alzi il prezzo.

    E’ un gioco al massacro!

    Vinceranno le soccide!

    E i liberi che resteranno saranno carichi di debiti fino ai pronipoti. E anche in soccida serve comunque un’azione sindacale, un comitato, per non essere sfruttati, per non subire speculazioni, mancati pagamenti, furberie sulle rese, e sui mangimi, ecc.
    Con la soccida cambia solo chi ci paga ma la speculazione resta! (solo che si rischia meno il mercato)

    Se la speranza è che la normativa nitrati e la crisi faccia chiudere molti allevatori, in modo da abbassare la produzione, per fare aumentare il bollettino, non è meglio che: adesso, tutti riducano del 20% la produzione del timbrato (dico una cifra a caso) per spuntare un bollettino più alto?

    ATTENZIONE, se prima non si riforma il sistema di contrattazione, dubito (come già detto) che una riduzione di produzione, determini grandi rialzi al bollettino. E nella contrattazione serve: coesione, e un obiettivo, ad es. 1,5 e/kg per iniziare. Per arrivare a questo, serve una leva, sono convinto che riformare la contrattazione non basti, serve anche un calo di produzione, solo allora, si può avere una leva efficace, per chiedere il giusto compenso.
    Anche perché i costi aumenteranno sempre di più in futuro, per la carenza di cereali i per la crisi energetica, quindi bisogna cambiare sistema al più presto. E’ necessaria una contrattazione più elastica e più sensibile ai rialzi dei costi di produzione.


    Come?

    Con le quote sui timbrati e con l’etichetta di gsp.
    Ridurre del 20% la produzione è un danno, me ne rendo conto, ma ci sono anche vantaggi, i suini staranno sicuramente meglio, ci saranno rese più alte e meno mortalità, ci saranno meno nitrati da smaltire.... e finalmente si tornerebbe a guadagnare grazie alla possibilità di contrattare il bollettino.
    Io sono convinto che sia un danno relativamente basso rispetto all’inazione cioè aspettare e sperare che gli altri allevatori falliscano o chiudano. Molti, come me, non possono nemmeno chiudere, perché non saprebbero come pagare le rate dei mutui contratti. (c’è chi non ne ha?) Siamo arrivati alla situazione che molti devono fare un mutuo per pagare la rata di un altro mutuo, è l’inizio del fallimento!
    Si pensa sempre che tocchi prima agli altri, e invece…. se gli allevatori facessero un bilancio industriale vero (con i costi del capitale investito e quelli di ammortamento) saremmo già TUTTI falliti!

    Lo so, solo la parola “quota”, evoca la triste vicenda delle quote latte, citata ad es da Gusmaroli a Reggio, come inapplicabilità di una forma di riduzione sulla produzione.
    Ma ricordo che le quote latte furono chieste dagli allevatori per essere tutelati dalle speculazioni, hanno funzionato in tutto il mondo tranne in Italia, dove sono state gestite male e dove gli allevatori sono stati sacrificati dai politici per l’industria pesante ( poi fallita, nazionalizzata e poi rifallita). Adesso vogliono riformare le quote latte, perché la quota non è elastica alla domanda. Io però non le toglierei, se c’è più domanda si dovrebbero aumentare le quote di produzione in accordo con l’industria, non togliere le quote.

    Ci sono anche altre forme di controllo sulle produzioni, ad es. la quota di reimpianto dei vigneti, che ha funzionato!

    Sulla barbabietola o sul pomodoro! si pianta se si ha un contratto di ritiro, spesso con un future sul prezzo fatto dall’industria, ecc.

    Controllare la produzione in base alla domanda reale è l’unica leva per non subire le speculazioni. Quando toglieranno le quote latte, i caseifici abbasseranno il prezzo, perché tanto il latte gli allevatori non sapranno più dove metterlo, in quanto inquinante dovranno pagare per smaltire il latte!

    E’ UN PARADOSSO!

    Lo so, ma credetemi, nell’ultimo anno gli allevatori di suini, (soprattutto le scrofaie e i cicli chiusi) hanno pagato per smaltire i propri suini in modo da vuotare le stalle, se ci riflettete, è stato proprio così!
    Gli allevatori hanno pagato dai 25 ai 75 euro a suino, per smaltire i suini di un anno, mentre sugli stessi l’industria- commercio ha guadagnato dai 50 ai 100 euro a suino.

    EH NO! BASTA!



    Infine c’è un’altra riflessione amara da fare sul mercato: nel caso in cui si producesse il leggero, avremmo costi di produzione comunque più alti dell’estero, anche usando gli stessi alimenti scadenti, perché?

    - Perché all’estero sono più organizzati in coop o in associazioni, per: la filiera, la commercializzazione, la produzione di mangimi, il trattamento e lo smaltimento dei reflui.

    - Perché all’estero hanno i costi dell’energia più bassi dei nostri, fino al 70%, sia perché l’energia è generata dal nucleare o dal carbone (che hanno i costi kw/h più bassi in assoluto) sia perché l’energia in certi stati è detassata agli allevatori. Su questo si può chiedere un intervento al ministro.

    - Ma soprattutto perché negli ultimi trenta anni hanno investito in migliorie, come automazione, coibentazione, ventilazione, mangimificio aziendale, biogas, informatica, genetica ecc. e perché gli allevatori italiani non l’hanno fatto? Perché sono stati costretti a comprare terra. Che attenzione: non è stato un investimento ma piuttosto una bolla speculativa subita. Questo perché la legge sugli smaltimenti favorì l’uso dei concimi minerali, si dice per volere di Gardini della Montedison e mai si favorì la concimazione organica, anche se promesso più volte dai politici, non ultimo il sottosegretario Bonsignori a Reggio, qualche anno fa. I reflui sono stati il fattore fortemente limitante di tutta la zootecnica italiana.


    Quindi torniamo sempre alla normativa nitrati: se vogliamo una zootecnica italiana competitiva con l’Europa, si DEVE condizionare la pac all’uso di concimi organici. Altrimenti si chiude, o peggio si fallisce, perché gli allevatori avranno un ulteriore aumento dei costi di produzione, in quanto saranno costretti a distruggere i nitrati.
     
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  2. francesco1966
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    Certo che hai ragione Claudio, ed io che allevo con un contratto di soccida sò perfettamente cosa significa essere sottomessi.
    Si è sempre creduto (o meglio ci hanno fatto credere!) che detti contratti tolgono all'allevatore il rischio d'impresa e gli garantiscono un reddito. In realtà questi accordi di filiera essendo mal garantiti e sopratutto gestiti direttamente dai "signori delle soccide" ha portato a schiavizzare il settore.
    Di fatto noi allevatori non abbiamo nessuna possibilità di contrattazione, perchè?
    Per il fatto che gli industriali facendo "cartello" impostano i prezzi di acquisto a loro piacimento e si vedono i risultati, prezzi in allevamneto di 20 anni fà, come dicevi tu.
    Io proporrei una cosa semplice, tutti i contratti di soccida devono essere messi "fuori legge" e i "nuovi contratti" con clausole diverse dalle attuali (magari stabilite da terzi) firmati in accordi collettivi in presenza di organizzazioni sindacali e governative, fatti cioè alla luce del sole, e non come adesso, che ci si limita a scambiarsi i contratti (tra ditta e allevatore), dove a noi restano i doveri e a "loro" i diritti.
    E con aumenti programmati legati all''inflazione o al l'aumento dei costi, o alla qualità, ma sopratutto che a contrattare sia una persona sola a nome di noi allevatori, cosi di fatto togliamo quella situazione assurda di "tutti allo sbaraglio disordinatamente" che abbiamo adesso nel contrattare i nostri prodotti.

    francesco
     
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  3. claudiocosta
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    Concordo!
     
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  4. claudiocosta
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    Riflettendo con amici allevatori, si è prospettato che il futuro della zootecnica italiana passi dall'abbattimento dell'azoto.

    Con quali tecniche?

    Quello dipende dalla disponibilità di terra dell'azienda. Chi ha molta terra dovrà abbattere poco, gli altri invece andranno all'abbattimento dal 70% al 100% dell'N.

    Ricapitolando i sistemi per abbattere l'N senza aumentare i costi di produzione sono:

    -pirolisi, per le polline ( ma non è mai stato fatto, va ancora testato e la possibilità è solo consortile)

    -cracking catalitico (idem)

    -flocculazione, strippaggio, depurazione, ecc abbinati ad una produzione energetica rinnovabile per annullarne i costi quini biogas o fotovoltaico. Ricordo che il crpa consiglia biogas e successiva depurazione. Mi ripeto questo potrebbe essere molto interessante se si potessero integrare i liquami con le carogne e con il forsu.

    Detto questo: la produzione ad es di suini calerà inizialmente, perchè molti chiuderanno a causa della normativa nitrati , ma quelli che avranno i capitali per investire, nella strada giusta, quindi quelli che resteranno non avranno più limiti ad aumentare la produzione.
    Attualmente il limite più importante all'incremento della produzione (a parte la crisi) è legata al pua e ai permessi.
    Nel caso in cui gli allevatori scelgano sistemi di abbattimento dell'azoto, non ci sarà nulla a limitare la produzione zootecnica.

    La speranza che la normativa nitrati abbatta la produzione, e che automaticamente salgano i prezzi ( cosa tutta da dimostrare finchè rimane l'attuale trust dei macelli, e finchè il suino pesante, pur essendo un altro prodotto, sarà correlato al prezzo del suino leggero)) è effimera, e riguarda solo i primi periodi di adeguamento alla norma.
    Dopodichè se gli allevatori sceglieranno di abbattere l'azoto (scelta obbligata secondo le leggi attuali) si arriverà presto ad una proliferazione della produzione, iperproduzione e crollo dei prezzi.

    Con questo voglio dire che:

    la strada è quella di un controllo delle produzioni, altrimenti si resterà sempre in balia delle speculazioni!
     
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  5. francesco1966
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    Mi permetto di aggiungere che oltre alla pirolisi abbiamo la gassificazione e la combustione.

    Che il problema di mercato non si risolve con gli impianti di valorizzazione energetica dei reflui è assodato, la sovraproduzzione, le importazioni e le speculazioni continueranno imperterrite.

    Ma, scusami la domanda, claudio, che centra il fotovoltaico con l'abbattimento dell'azoto? intendi che i proventi del fotovoltaico possono dare un reddito che ammortizzi gli impianti di abbattimento?...

    ciao
    francesco
     
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  6. claudiocosta
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    CITAZIONE (francesco1966 @ 2/7/2008, 13:13)
    Mi permetto di aggiungere che oltre alla pirolisi abbiamo la gassificazione e la combustione.

    Che il problema di mercato non si risolve con gli impianti di valorizzazione energetica dei reflui è assodato, la sovraproduzzione, le importazioni e le speculazioni continueranno imperterrite.

    Ma, scusami la domanda, claudio, che centra il fotovoltaico con l'abbattimento dell'azoto? intendi che i proventi del fotovoltaico possono dare un reddito che ammortizzi gli impianti di abbattimento?...

    ciao
    francesco

    Si un allevatore del bresciano mi ha detto che vuole abbinare il fotovoltaico all'abbattimento dell'azoto, attraverso separazione e successiva filtrazione con filtri a resine, non so bene di cosa si tratta, appena ne so qualcosa ti faccio sapere.
    Gli han detto che gli incentivi ci saranno per 25 anni, questo lo so lo dice anche la legge, ma io avevo capito che comunque la tariffa pagata può variare ogni tre anni e se ci saranno tanti impianti calerà

    Un altra possibilità è fare energia con il fotovoltaico e poi usarla per la depurazione , strippaggio o chissà cos'altro.

    Io sceglierei il biogas, e poi depurazione ( magari blanda) ma nell'ambiente c'è molto scetticismo nei confronti del biogas, perchè le rese sono basse con solo il liquame suino.
     
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  7. francesco1966
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    ciao claudio.
    Posto qui questo link, visto che si discuteva di speculazioni e varie...
    http://www.progredium.com/idee/388?gclid=C...CFQpatAodzVV5mQ

    Se hai voglia e tempo senti questi signori che propongono il rimedio del secolo, e sopratutto hanno ben chiaro come si applica la direttiva nitrati!..
    fammi sapere se li contatti eh?..

    francesco
     
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  8. claudiocosta
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    CITAZIONE (francesco1966 @ 22/1/2009, 11:47)
    ciao claudio.
    Posto qui questo link, visto che si discuteva di speculazioni e varie...
    http://www.progredium.com/idee/388?gclid=C...CFQpatAodzVV5mQ

    Se hai voglia e tempo senti questi signori che propongono il rimedio del secolo, e sopratutto hanno ben chiaro come si applica la direttiva nitrati!..
    fammi sapere se li contatti eh?..

    francesco

    Fatto contatto!

    Sono delle mie bande adesso sacteno i cà de trifola.
     
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  9. francesco1966
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    Direttiva Nitrati, affannosa ricerca di una soluzione
    Si sono attesi gli ultimi giorni per trovare una risposta che ora appare ancora più difficile
    Angelo Gamberini

    Senza una proroga, per molte aziende zootecniche sarà la chiusura. A Minacciare la sopravvivenza degli allevamenti è questa volta l’applicazione della Direttiva Nitrati, ormai giunta alla sua fase finale. Emanata nel lontano 1991 e costata all’Italia una procedura di infrazione per la mancata osservanza, la direttiva prevede il dimezzamento del carico di azoto sui terreni definiti vulnerabili. In altri termini gli allevamenti che si trovano in queste aree dovranno rinunciare alla metà del loro patrimonio di bestiame. Peccato che le zone vulnerabili siano anche quelle a maggior vocazione zootecnica. Se ne è già parlato lo scorso anno anche su Agronotizie, ricordando che in Lombardia sono catalogate come vulnerabili il 56% delle aree di pianura, in Veneto il 60%, in Emilia Romagna il 57% e in Piemonte il 52%. Su questi terreni il carico di azoto dovrà scendere dagli attuali 340 kg per ettaro a soli 170 kg. Non solo sarà necessario ridurre il carico di bestiame, ma bisognerà anche dotarsi di adeguati sistemi di stoccaggio e trattamento delle deiezioni. Il tutto seguendo un iter burocratico assai complesso, in un intreccio di certificati e documenti dal quale è difficile districarsi senza aiuto.



    In cerca di soluzioni

    Ora che altre scadenze si avvicinano (in Lombardia entro il 30 aprile va completato il Pua, Piano di utilizzazione agronomica dei fertilizzanti) si cerca di correre ai ripari chiedendo proroghe e ripensamenti dell'intera impalcatura legislativa. Nino Andena nella sua veste di presidente della Coldiretti Lombardia (ma ricordiamo che Andena è anche presidente dell'Associazione italiana allevatori), ha sollecitato l'assessore all'Agricoltura della sua regione, Luca Daniel Ferrazzi, affinché la Direttiva Nitrati venga rivista, ridiscussa e aggiornata alla luce delle nuove conoscenze tecnico scientifiche in materia ambientale. "Vi è un serio ed inaccettabile rischio di ridimensionamento della zootecnia e dell'agricoltura lombarda - ha affermato Andena - con gravissime conseguenze economiche, sociali ed occupazionali per l'intera regione, mentre occorre consentire alle imprese di adeguarsi e convivere in modo graduale e soprattutto sostenibile con i vincoli posti dalle normative ambientali".

    Anche in Emilia Romagna il problema è stato sollevato premendo per ottenere in tempi rapidi da parte dell’Unione europea una deroga sui quantitativi massimi di azoto utilizzabili nelle zone vulnerabili. L'assessore all'Agricoltura di questa Regione, Tiberio Rabboni, ha anche confermato l'impegno per uno snellimento e una semplificazione della burocrazia che ingombra e complica questa materia già per sé difficile da affrontare.



    Ipotesi rinvio

    Si fa così strada l'ipotesi di un rinvio in attesa di ulteriori “aggiustamenti”. Nessun dubbio che ve ne sia la necessità, viste le pesanti ripercussioni che la Direttiva Nitrati può avere sugli allevamenti (e non solo). Ma se anche Bruxelles vorrà accogliere queste richieste, resterà il dubbio del perché si siano attesi gli ultimi giorni per lamentare un problema che si conosce da molti anni, quasi venti.

    Fonte Agronotizie.

    commento
    Oh! guarda adesso anche i giornalisti e la coldiretti si sono accorti dei ritardi e dei disastri!... meglio tardi che mai!.
     
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  10. toro9970
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9 replies since 26/6/2008, 13:02   558 views
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