PARLIAMO DELLA CENTRALE ELETTRICA

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    Una centrale elettrica è un impianto industriale atto alla produzione di energia elettrica. La società moderna si basa in maniera imprescindibile sull'uso dell'energia elettrica, perciò la produzione di tale energia e, conseguentemente, le centrali elettriche hanno un'importanza tecnologica e strategica fondamentale. Le centrali elettriche odierne producono energia quasi esclusivamente in corrente alternata avvalendosi di macchine elettriche denominate alternatori. Esistono eccezioni in Russia, dove, per problemi di perdite su elettrodotti estremamente lunghi, sono state create centrali elettriche in corrente continua.

    Principali tipologie di centrali elettriche

    Le centrali elettriche si caratterizzano principalmente per due aspetti che sono spesso legati fra loro ovvero la potenza, cioè l'energia per unità di tempo che una centrale è in grado di erogare e il tipo di combustibile o altro sistema energetico in ingresso che convertito consenta di ottenere energia elettrica.
    La produzione di elettricità da combustibili fossili (petrolio, gas naturale, carbone) non è una fonte rinnovabile dal momento che le riserve di combustibile sono limitate. Si può però ricavare energia termica anche da altre fonti di calore, e cioè dalle fonti energetiche rinnovabili come il calore terrestre (centrali geotermiche) e quello solare (centrale solare) oppure attraverso l'utilizzo dell'energia nucleare (centrale nucleare).

    Centrali termoelettriche

    Le centrali termoelettriche sono la tipologia di centrali più diffusa nel pianeta. Il principio di funzionamento di una centrale termoelettrica classica è abbastanza semplice.
    Un elemento combustibile (derivati del petrolio, carbone o gas, ma anche, in alcuni casi, biomassa o rifiuti) viene bruciato in modo da sviluppare calore; questo calore viene trasmesso a una caldaia, nella quale circola acqua ad alta pressione (l'acqua deve subire una serie di trattamenti al fine di essere purificata per non danneggiare gli impianti), tale acqua viene così trasformata in vapore raggiungendo temperature elevate. Il vapore viene convogliato verso delle macchine rotanti denominate turbine a vapore nelle quali il vapore espande convertendo il proprio contenuto entalpico in energia meccanica. Collegati all'albero in rotazione di tali turbine vi sono gli alternatori i quali convertono l'energia meccanica di rotazione in energia elettrica.
    Un'evoluzione è rappresentata dalle centrali a ciclo combinato: il gas viene bruciato in una turbina a gas che, collegata ad un alternatore, produce elettricità. I gas di scarico della turbina, estrememente caldi, vengono a loro volta utilizzati per scaldare acqua ed il vapore così ottenuto è usato in una turbina a vapore come in una centrale termoelettrica tradizionale, generando altra elettricità. Questo genere di centrali termoelettriche ha un rendimento elettrico estremamente elevato e comunque maggiore di quelle tradizionali, arrivando a sfiorare anche il 60% di resa.

    Vantaggi
    Generalmente le centrali termoelettriche erogano grandi potenze, dell'ordine delle centinaia o migliaia di MW e costituiscono la spina dorsale del sistema di produzione dell'energia elettrica, perché i loro impianti termici danno il massimo rendimento in regime di produzione costante; di solito, quindi, vengono tenute in funzione per lunghi periodi di tempo, costituendo la base della capacità produttiva. Anche se alcuni impianti termoelettrici possono essere polivalenti, ovvero in grado di utilizzare diversi tipi di combustibile, questo si ottiene a spese del rendimento termodinamico e quindi della spesa complessiva: per questo, in generale, si costruiscono centrali termoelettriche in grado di bruciare con la massima efficienza un particolare combustibile, e si riadattano gli impianti in caso diventi necessario bruciare un combustibile diverso.

    Svantaggi
    I residui della combustione dei combustibili generano una quantità elevata di prodotti inquinanti come i fumi, il particolato fine, gli ossidi di zolfo e azoto e gli idrocarburi aromatici, che possono essere dispersi nell'ambiente. I progressi tecnologici degli ultimi anni hanno fatto sì che molte misure per l'abbattimento di tali prodotti fossero implementate nelle centrali (pretrattamento del combustibile, abbattimento delle polveri, desolforatori, etc.) rendendo queste emissioni meno dannose. Nei paesi meno sviluppati questo tipo di impianti sono spesso molto dannosi, poiché a causa del loro alto costo di costruzione, le strutture di depurazione dei fumi non vengono costruite e ciò le rende delle pericolose fonti di inquinamento.

    Possibili miglioramenti
    È possibile ridurre notevolmente l'impatto ambientale di queste centrali. Innanzitutto si può semplicemente utilizzare un combustibile poco inquinante (come il gas naturale, il gasolio desolforato ed il carbone bonificato). È possibile contenere notevolmente le emissioni di inquinanti tramite il montaggio di appositi filtri a reagente e catalizzatori ossidanti. Il calore residuo anziché essere sprecato immettendolo nell'aria può essere utilizzato per il teleriscaldamento nella stagione invernale (sostituendo le caldaie private nelle abitazioni vicine alla centrale).

    Termovalorizzatori

    I cosiddetti "termovalorizzatori" sono inceneritori di rifiuti con recupero energetico. Il calore prodotto dalla combustione dei rifiuti viene utilizzato per produrre energia elettrica in maniera analoga a quanto accade nelle centrali termoelettriche, anche se con rendimenti estremamente più bassi e maggior produzione di sostanze inquinanti.
    Affinché tutte le materie e soprattutto quelle plastiche brucino con minor produzione di elementi tossici (ad esempio le diossine) è necessario raggiungere temperature molto elevate (almeno 850 C°) ed utilizzare sistemi di abbattimento degli inquinanti molto sofisticati e costosi; in ogni caso le emissioni sono generalmente maggiori e contengono sostanze più nocive rispetto alle centrali termoelettriche tradizionali (ad esempio diossine o metalli pesanti)
    La combustione ad alta temperatura, inoltre, produce una miniaturizzazione delle polveri emesse, proporzionale alla temperatura stessa. Ciò può dunque portare alla produzione di polveri fini, ultrafini e nanoparticelle carboniose, che possono causare diverse patologie. La combustione dei materiali risultanti dalla selezione dei rifiuti, miscelata agli additivi, produce una notevole quantità di polveri, in parte filtrate prima dell'emissione al camino, almeno nelle componenti di maggiori dimensioni normate dalle leggi.

    Centrali idroelettriche

    Insieme alle centrali termoelettriche sono state le prime tipologie di centrali in uso. Il principio di funzionamento delle centrali idroelettriche si basa sull'utilizzo dell'acqua, o meglio della sua energia cinetica, al fine di produrre energia elettrica. Le centrali idroelettriche si suddividono in due tipologie:

    Centrali ad acqua fluente
    Tali centrali sfruttano l'energia cinetica delle acque fluviali (energia idroelettrica), convogliate in particolari turbine idrauliche messe in rotazione dal flusso dell'acqua. Collegate all'albero rotante delle turbine vi sono gli alternatori che trasformano l'energia meccanica di rotazione in energia elettrica.

    Centrali a caduta
    Tali centrali sfruttano l'energia potenziale di notevoli masse d'acque poste ad altezza maggiore rispetto a quella di presa (si parla in tal caso di 'invaso', o naturale o artificiale creato tramite dighe). L'energia potenziale dell'acqua viene trasformata in energia cinetica facendo confluire l'acqua in condotte forzate nelle quali l'acqua raggiunge notevoli velocità. L'acqua viene poi fatta confluire come nel caso precedente in turbine collegate ad alternatori producendo così energia.
    L'impatto ambientale delle centrali idroelettriche è molto minore di quello delle centrali termoelettriche, per via dell'assenza di fumi, e riguarda soprattutto il diverso regime delle acque da esse sfruttate: l'estrazione di energia cinetica rallenta il corso d'acqua, aumentando la velocità di sedimentazione; nel caso di centrali a caduta è necessario mettere in conto le opere idrauliche necessarie (dighe e condotte). La parte maggiore dell'impatto ambientale si verifica durante la costruzione, a causa degli sbancamenti e delle grandi opere necessarie per realizzare gli invasi ed il sistema di condotte forzate. Le centrali idroelettriche possono avere potenze che vanno da alcuni MW (centrali fluviali) alle decine o centinaia di MW per le grandi centrali a caduta.

    Vantaggi
    Il principale vantaggio delle idroelettriche è che, una volta costruite, offrono energia a costi molto competitivi e non richiedono combustibili o materie prime; sono una fonte di energia totalmente rinnovabile e di fatto illimitata. Inoltre, con una manovra chiamata pompaggio (che consiste nel ripompare l'acqua dai bacini inferiori negli invasi durante le ore notturne, quando la richiesta di energia è minore) si può accumulare energia prodotta dalle altre centrali della rete, per restituirla di giorno nelle ore in cui la domanda di energia raggiunge il massimo. Un ulteriore vantaggio è legato al fatto che la variazione della produzione di energia può avvenire in maniera molto più rapida rispetto ad una centrale termoelettrica o nucleare, variando la quantità di acqua che viene convogliata alla turbina. Il loro impiego è, infatti, generalmente massimo durante le ore di maggiore consumo energetico.

    Svantaggi
    Soprattutto le centrali a caduta, che richiedono un intervento edilizio di enormi proporzioni per la realizzazione di laghi artificiali per fungere da invasi, hanno un impatto ambientale di grandi proporzioni, sia nella fase costruttiva delle opere, sia a posteriori nell'impatto visivo ed estetico. Inoltre, il fatto di alterare la portata e la distribuzione delle acque fluviali porta ad un cambiamento del microclima locale, per la maggiore umidità ed evaporazione portata dal lago che funge anche da serbatoio di calore, livellando le temperature fra giorno e notte. Questo porta in genere a variazioni nella flora e fauna locale; nel caso di bacini montani, si può avere un impatto anche su eventuali ghiacciai nelle vicinanze. Altro svantaggio è dovuto alla naturale sedimentazione, che tende a riempire lentamente l'invaso, e richiede dragaggi periodici: il terriccio di risulta può essere usato a fini edilizi, per riporti e terrapieni.
    Esistono inoltre problemi di sicurezza in caso di forti terremoti o frane che hanno portato, per esempio, al disastro del Vajont nel 1963, al primo posto tra i 5 peggiori esempi di gestione del territorio in un documento ONU illustrato alla presentazione del «2008 Anno internazionale del pianeta Terra».

    Centrali a fissione nucleare

    Ciclo del materiale fissile
    Le centrali nucleari sono analoghe alle centrali termoelettriche; la differenza sostanziale sta nel tipo di combustibile e di processo tecnologico che viene utilizzato per fornire calore e formare il vapore da inviare alle turbine. Queste centrali ottengono il calore da un processo di fissione nucleare del combustibile o in un prossimo futuro (2040/2050 in ipotesi ottimistiche) dal processo di fusione nucleare del combustibile

    Vantaggi
    Questa tipologia di centrali produce un'elevatissima potenza per metro quadrato occupato dall'impianto, a costi più o meno uguali a quelli del carbone, che è attualmente la tecnologia economicamente più conveniente, rappresentando però una soluzione che permette di non dipendere più dai combustibili fossili. Le centrali nucleari non hanno emissioni inquinanti di alcun tipo, l'impatto ambientale di una centrale nucleare è estremamente più ridotto di quello di una centrale termoelettrica per via della completa assenza di emissioni di combustione, la radioattività emessa dalle strutture è simile a quella emessa da un orologio da polso fluorescente e come essa inferiore di centinaia di volte al fondo naturale di radiazioni che comunque vengono percepite per effetto dei raggi cosmici e della naturale radiazione della terra.

    Svantaggi
    Queste centrali sono potenzialmente pericolose, in particolare se mal costruite, mal gestite o lasciate in mano a paesi interessati alla proliferazione militare, giacché le centrali miste civili-militari (come quella di Chernobyl) sono molto più pericolose di quelle civili. Una rottura dei sistemi di contenimento e di refrigerazione della centrale, potrebbe portare alla dispersione nell'ambiente di materiale radioattivo e quindi alla contaminazione di vaste aree (Chernobyl): tale rischio, abbastanza basso per le centrali più recenti ed attualmente operative, è viceversa presente per alcune delle centrali più vecchie operative in tutto il mondo.
    Lo smaltimento delle scorie radioattive e lo smantellamento della centrale stessa al termine del suo ciclo vitale (circa 45-60 anni) è un problema non completamente risolto: la Finlandia e la Svezia per esempio hanno individuato siti sicuri per lo smaltimento delle scorie nei rispettivi territori, grazie alla presenza di zone sismicamente stabili e disabitate. In Italia invece, con un territorio molto più densamente popolato e quasi tutto a rischio sismico, lo smaltimento resta un problema difficile. Le rigide norme di sicurezza rendono la costruzione di queste centrali costosa e lenta, anche per la variabilità nel tempo delle stesse norme.
    L'avvento di centrali nucleari di quarta generazione o comunque avanzate dovrebbe risolvere alcuni degli aspetti negativi, ma, per ora, tali impianti sono solamente allo studio teorico. Le centrali autofertilizzanti invece sono state prototipate finora con scarso successo (per esempio il Superphenix); tuttavia l'idea è quella di consentire il riutilizzo del "combustibile" esausto dei reattori tradizionali per produrre altro materiale fissile (in particolare, plutonio) riducendo i problemi di approvvigionamento dell'uranio. D'altra parte la produzione di più materiale fissile di quello "bruciato" potrebbe alla lunga creare problemi ancora maggiori, fra cui anche quello relativo al proliferare potenziale di arsenali atomici. L'adozione di reattori autofertilizzanti promette un maggior sfruttamento del "combustibile" rispetto ai reattori di 2° e 3° generazione, con una conseguente moltiplicazione delle risorse, di combustibile nucleare. Le riserve di 100 anni per l'U235 e di 1300 anni per l'U238 e qualche migliaio di anni per il T232 (Torio) dovrebbero pertanto essere estese a tempi molto più lunghi benché oggetto di dibattito.

    Centrali geotermoelettriche

    Le centrali geotermoelettriche sono di fatto centrali termiche che utilizzano come fluido primario per scaldare le caldaie il calore naturale dei vapori geotermici contenuti nel sottosuolo (energia geotermica). Non esiste dunque, in questo tipo di centrali, alcun processo di combustione. Le centrali geotermoelettriche possono raggiungere potenze anche rilevanti, di qualche centinaio di MW.

    Vantaggi
    Una volta costruite le tali centrali sono estremamente pulite in quanto sfruttano un riscaldamento termico del tutto naturale e non hanno, quindi, scorie o residui atmosferici.

    Svantaggi
    Tali centrali hanno elevati costi di manutenzione dovuti alla composizione delle acque provenienti dal sottosuolo, che sono ricche di sali disciolti e creano depositi ed incrostazioni. Spesso si trovano giacimenti geotermici anche molto grandi, ma a temperatura di 80/90 gradi, troppo bassa e non utilizzabile con le tecniche attuali; un possibile sfruttamento di questi giacimenti è per il teleriscaldamento.
    Uno dei problemi maggiori di queste centrali è che possono essere costruite solamente in appositi siti con presenza di attività geotermica, siti normalmente abbastanza rari.
    Esistono poi controversie relative al pericolo di eruzioni geotermali, riduzioni del livello della falda acquifera e suo inquinamento ma soprattutto all'inquinamento atmosferico da parte di gas (anidride solforosa) e metalli pesanti (arsenico) legate alla presenza di centrali geotermiche soprattutto nella zona del Monte Amiata.

    Centrali eoliche

    Le centrali eoliche sono centrali che sfruttano la velocità del vento per la produzione di energia elettrica. Il principio di funzionamento è abbastanza semplice, il modulo base di una centrale eolica è il generatore eolico. Questa apparecchiatura è composta da un'elica (o al limite una singola pala) collegata ad un albero alla quale è calettato il generatore di corrente.
    L'elica e il generatore sono normalmente posti ad altezze elevate in modo da essere attraversati dai venti, venti che mettendo in rotazione l'elica azionano il generatore che produce così energia.
    I generatori eolici possono essere di varie dimensioni ed essere utilizzati sia per un uso domestico rurale o in centrali normalmente composte di numerosi generatori. Le potenze di tali generatori variano dalle centinaia di W alle migliaia di kW.

    Vantaggi
    Come per le centrali solari quelle eoliche non hanno residui, scorie o altri sottoprodotti. Il vento è gratis, quindi l'unica spesa è l'installazione e la manutenzione. Le centrali eoliche hanno un costo di costruzione abbastanza contenuto, 500.000 euro per un aerogeneratore da 1 MW, il quale tende però a lievitare in modo enorme per impianti di dimensioni adeguate alla produzione industriale. A terra occupa meno di 100 metri quadri, quindi non toglie la possibilità di continuare le precedenti attività su quel terreno (es. pastorizia, colture, ...)

    Svantaggi
    Le centrali eoliche per produrre quantità di energia apprezzabili devono essere costituite da un numero consistente di generatori eolici, che devono essere distanziati per poter sfruttare il vento e per evitare un affollamento che sarebbe sgradevole. Inoltre, la disponibilità produttiva è molto bassa (25%) a causa della discontinuità del vento e, dunque, a parità di potenza nominale installata, una centrale eolica produce un quarto di una centrale nucleare ed un terzo di una centrale a gas, richiedendo in compensazione, dunque, un sovradimensionamento ed un sovracosto pari a 4 volte quello nominale per ottenere le stesse prestazioni effettive.
    Si possono installare solo dove c'è abbastanza vento e sono degli impianti moderatamente rumorosi; la loro pericolosità per i rapaci, naturalmente attratti dal rumore, è enorme e modificazioni della resistenza aerodinamica dei suoli possono condurre ad alterazioni permanenti della ventosità, con contraccolpi sull'ambiente. Un esempio è il caso di Los Angeles, città la cui attuale bassa ventilazione, e il conseguente permanere dello smog, è probabilmente dovuta all'installazione di grandi impianti eolici nelle gole attraverso le quali il vento arrivava alla città che hanno provocato l'innalzamento delle correnti eoliche e lo scavalcamento della città da parte dei venti.

    Possibili miglioramenti
    Vi sono nuove tecniche che permettono di installare aerogeneratori anche dove, fino a qualche tempo fa, non era pensabile. Sono state create nuove forme per le pale degli aerogeneratori, per limitare l'ingombro, sono stati creati alberi di trasmissione lenti, in modo da limitare notevolmente l'inquinamento acustico, e vi sono vari incentivi che permettono di ammortizzare il costo nel giro di pochissimi anni

    Centrali solari termiche

    Per centrali solari s'intendono le centrali solari termiche, che sfruttano l'energia solare, da non confondersi con i pannelli fotovoltaici che per rendimento, quantità di energia prodotta e costi non possono ancora essere oggi considerate centrali.
    Le centrali solari termiche utilizzano come principio di base quello delle centrali termiche classiche, anche in questo caso la differenza sta nel metodo in cui viene scaldata l'acqua della caldaia.
    Normalmente la centrale è formata da una superficie nella quale sono posti centinaia di specchi che concentrano i raggi solari in unico punto centrale (detto fuoco) nel quale si trova la caldaia. Questa colpita da tutti i raggi deviati dagli specchi si scalda fino a raggiungere temperature sufficientemente elevate per completare il ciclo del vapore fino alla turbina. Oppure da campi di concentratori parabolici lineari (in inglese parabolic trough), che riscaldano il fluido all’interno di condotti che percorrono la linea del fuoco.

    Vantaggi
    Notevoli sono i lati positivi di questa fonte di energia, non ci sono emissioni inquinanti o di gas serra, non è necessario il trasporto di combustibili, non si producono scorie e la centrale non è pericolosa per gli abitanti nei dintorni. Altro vantaggio è che, esclusi i costi di costruzione e manutenzione, si produce energia senza bisogno di materie prime, in quanto la luce solare è gratuita.

    Svantaggi
    Questo tipo di centrali richiedono una superficie di esposizione solare di dimensioni elevate, che aumenta in funzione della potenza che si vuole produrre. Ovviamente, producono solo se sottoposte a buon irraggiamento solare, può, quindi, essere sufficiente una nuvola per interrompere il processo di produzione. Gli impianti più moderni, infatti, prevedono di stoccare il fluido ad alta temperatura in appositi serbatoi isolati, che permettono di far funzionare le turbine non solo durante la notte ma con una autonomia di alcuni giorni in caso di cattivo tempo. Questi impianti hanno, comunque, la possibilità di essere alimentati a gas, nel caso le condizioni sfavorevoli perdurino. Le centrali termiche solari hanno potenze minime, i 20 megawatt raggiunti dalle tecnologie solari alla centrale di Priolo bastano ad un paese di 20 mila abitanti, una centrale termoelettrica ordinaria produce tra le 50 e le 200 volte di più. I costi per la messa in esercizio delle centrali solari sono, inoltre, elevatissimi, anche a ragione della necessità di sovradimensionare le strutture produttive in modo enorme per compensare la bassa disponibilità produttiva generata dalla discontinuità dell'irraggiamento, la quale è dovuta al ciclo solare e non può, dunque, essere aggirata ma è destinata ad essere sempre un problema strutturale della tecnologia.
    Le centrali solari ad alta temperatura a volano termico con la sostituzione dell'acqua con, miscele (anidre) di sali fusi altobollenti proposte in Italia dal premio Nobel Carlo Rubbia rappresentano le fonti da questo tipo di energia con la maggiore convenienza prospettata attualmente in sperimentazione. La Spagna ha accolto Rubbia, dopo che lo stesso è stato allontanato nel 2005 dalla guida dell'ENEA, ed ha lanciato anch'essa la sperimentazione di centrali simili a quelle progettate per l'Italia. Nel 2006 Rubbia torna in Italia perché Enel ed Enea hanno firmato, alla presenza del ministro dell'Ambiente, il protocollo di intesa per la realizzazione del progetto "Archimede", il primo impianto solare termodinamico italiano ed il primo al mondo ad essere integrato con una centrale a ciclo combinato a gas.

    Possibili miglioramenti
    In queste centrali spesso durante l'anno non si raggiungono le temperature di 110 gradi richieste (per poter far evaporare l'acqua). Perciò, nei periodi in cui non vi è una sufficiente insolazione, una buona soluzione sarebbe quella di utilizzare il calore per produrre semplice acqua calda a 90 °C, che, tramite una rete di teleriscaldamento, può essere utilizzata per la produzione di acqua calda sanitaria, per alimentare le caldaie a scambiatore di calore ed i gruppi frigoriferi ad assorbimento.

    Centrale fotovoltaica

    Le centrali basate su pannelli fotovoltaici convertono direttamente l'energia solare in corrente elettrica sfruttando l'effetto fotovoltaico.
    Sebbene tale tecnologia risulti da tempo già affermata in ambito aerospaziale, per applicazioni di utenze isolate o per altri utilizzi di nicchia, la realizzazione di centrali fotovoltaiche è oggi ancora in fase di studio o prototipale. Attualmente, un'installazione fotovoltaica è conveniente per utenze private o piccole aziende, che, in questo modo, possono rivendere energia all'azienda elettrica e ridurre il costo energetico; negli ultimi anni, le nuove celle fotovoltaiche basate sul silicio amorfo (o polisilicio) hanno drasticamente ridotto il prezzo dei pannelli, rendendo maggiormente conveniente l'investimento iniziale.

    Vantaggi
    Questo tipo di centrali richiede una bassa manutenzione dato che non sono dotate di complessi impianti ma solamente dei pannelli fotovoltaici che vanno periodicamente puliti ed orientati in direzione del Sole. Rappresenta, inoltre, una fonte di energia "pulita", dato che non produce alcun tipo di emissione o impatto ambientale, esclusi quelli necessari alla realizzazione dell'impianto stesso di produzione.

    Svantaggi
    Il principale svantaggio degli impianti fotovoltaici è dovuto alla bassa efficienza dei pannelli (al massimo 25% in laboratorio, 14-16% in condizioni operative) ed all'elevato costo dei suddetti pannelli che rende ancora totalmente antieconomica la realizzazione di centrali fotovoltaiche. Inoltre, si presenta lo stesso svantaggio strutturale già visto per le centrali eoliche: a causa della bassissima disponibilità produttiva (11%), causata a sua volta dalla variabilità nel tempo dell'irraggiamento solare, le centrali solari possono produrre, a parità di potenza nominale installata, solo poco più di un decimo di quanto, con la stessa potenza nominale, sono in grado di generare centrali nucleari, a carbone o a gas, e dunque richiedono, per poter essere sfruttate, un sovradimensionamento originario e strutturale che ne moltiplica di un ordine di grandezza i costi.

    Sviluppi futuri
    Sicuramente la produzione di energia elettrica per la sua importanza è oggetto di studi e sforzi in molti ambiti. Oltre alla già citata fusione nucleare elenchiamo una serie di esperimenti e possibilità che si sono affacciate a più riprese negli ultimi anni o che sono in via di sviluppo.

    Centrali a fusione nucleare

    Attualmente la maggior parte dei finanziamenti mondali nei confronti nelle nuovi fonti di energia si sta concentrando sulla costruzione di centrali nucleari basate sulla fusione nucleare. La maggiore iniziativa è il progetto ITER che prevede la fusione nucleare di due nuclei di trizio e deuterio per la generazione di un nucleo più pesante (elio) e di un'enorme quantità di energia.
    Il progetto ITER prevede la generazione di plasma stabile che fornisca più energia di quanta ne richiede per la sua generazione. Questo progetto non è in grado di produrre energia elettrica: questo sarà lo scopo del successivo progetto DEMO. Il progetto DEMO mira a convertire l'energia disponibile dalla fusione nucleare in energia elettrica e solo dopo il completamento di questi progetti si potranno costruire centrali elettriche a fusione nucleare. Le prime centrali operative sono previste per il 2050.

    Vantaggi
    Le centrali a fusione nucleare produrrebbero, come tipologia principale di scoria, elio 4 che è un gas inerte e non radioattivo; inoltre, non userebbero sistemi a combustione e, quindi, non inquinerebbero l'atmosfera con gas clima alteranti(di fatto non avrebbero emissioni di pericolosità rilevante). Inoltre, dovrebbero essere in grado di ottenere grandi quantità di energia, anche superiori rispetto alle centrali a fissione odierne.

    Svantaggi
    La fusione richiede temperature di lavoro elevatissime, tanto elevate da non poter essere contenuta in nessun materiale esistente. Il plasma di fusione viene, quindi, contenuto grazie all'ausilio di elevatissimi campi magnetici, e le alte temperature vengono raggiunte con l'utilizzo di potenti laser o altri sistemi di riscaldamento. Il tutto rende il processo difficile, tecnologicamente dispendioso e complesso.
    Altro problema è il materiale di ingresso in quanto, a differenza del deuterio, il trizio non è un materiale facilmente reperibile in natura e radioattivo a vita breve.

    Centrali mareomotrici e sfruttamento degli oceani

    Le centrali mareomotrici sfruttano il movimento del mare dovuto alle maree. Queste centrali accumulano l'acqua in un bacino durante l'alta marea e poi la rilasciano durante la bassa marea.
    L'acqua viene fatta passare in condotte forzate che la conducono in turbine collegate ad alternatori che consentono di produrre corrente elettrica. In alcune zone della Terra il dislivello tra alta e bassa marea può essere anche di 20 metri e può, quindi, rendere conveniente l'installazione di questi impianti.

    Vantaggi
    Sono impianti molto simili alle centrali idroelettriche e quindi la tecnologia è già disponibile e collaudata.

    Svantaggi
    Solo poche zone sono adatte per l'istallazione di questi impianti e, comunque, la potenza generata è modesta rispetto alla superficie occupata dall'impianto.

    Ulteriori possibilità
    Una seconda tipologia di centrali è basata sullo sfruttamento delle correnti sottomarine, che opportunamente incanalate potrebbero generare corrente elettrica tramite delle turbine. Queste centrali sono attualmente degli esperimenti da laboratorio, anche se, in breve tempo, si potrebbe passare ad un loro utilizzo reale per la produzione di corrente elettrica.
    Una terza tipologia di centrali basata sugli oceani vuole sfruttare la differenza termica dei diversi strati dell'oceano (energia talassotermica). Acqua a differenti profondità ha differenti temperature e queste centrali utilizzano questa differenza di temperatura per produrre elettricità. Essendo la differenza termica tra i vari strati ridotta queste centrali hanno sempre un'efficienza molto bassa, tra 1 e il 3%.
    Ulteriori ipotesi allo studio prevedono di utilizzare meccanicamente il moto ondoso del mare per la produzione di energia elettrica (vedi energia del moto ondoso). Una centrale di prova di questa tipologia è stata inaugurata il 1° ottobre 2007 a Agucadoura nel pressi di Lisbona in Portogallo. La centrale è dotata di 3 elementi Pelamis P-750, i Pelamis P-750 sono delle strutture galleggianti ancorate al fondo del mare, il movimento del mare provoca il movimento dei galleggianti, il movimento di questi viene trasformato in corrente elettrica e inviato a terra. Si ritiene che l'impianto potrà soddisfare le necessita di quasi 2000 famiglie. La centrale era considerata un impianto di prova per poter verificare la reale convenienza della tecnologia utilizzata. Nel settembre del 2008 è stato inaugurato il primo impianto commerciale, derivato dall'impianto pilota.

    Celle a combustibile

    Le centrali basate su celle a combustibili utilizzano ossigeno e idrogeno per produrre corrente elettrica e calore.
    L'idrogeno e l'ossigeno combinandosi nella cella a combustibile generano corrente elettrica, calore e acqua. La corrente elettrica può essere utilizzata per azionare i motori elettrici di un veicolo.

    Vantaggi
    Bassissimo impatto ambientale.

    Svantaggi
    L'assenza sulla terra di idrogeno gassoso pronto all'uso come fonte di energia.
    L'idrogeno deve essere considerato un vettore energetico e non una sorgente di combustibile. L'idrogeno, infatti, molto abbondante nelle stelle, sulla terra esiste solo sotto forma di composto chimico, per lo più nella sua forma combusta, l'acqua.
    L'estrazione dell'idrogeno dall'acqua, per il Secondo principio della termodinamica non può mai essere un processo conveniente, ossia l'energia che si ricava dall'idrogeno è sempre inferiore a quella necessaria per estrarlo.
    È possibile ricavare energia dall'idrogeno presente in altri composti quali il metano, ma in questo caso si perdono i benefici ambientali.
    Qualora diventasse disponibile, in futuro, una grande quantità di energia di altra natura, parte di essa potrebbe essere utilizzata per generare idrogeno e alimentare celle a combustibile per l'alimentazione di automobili elettriche.

    Fusione fredda

    Si fece un gran parlare della Fusione fredda nel 1989, quando due scienziati statunitensi, Martin Fleischmann e Stanley Pons, annunciarono di essere riusciti a trarre energia pulita, ovvero energia che non rilasciava alcun tipo di scoria radioattiva, dalla fusione di due nuclei atomici di Deuterio o in certi casi di Idrogeno, tramite un procedimento che sfrutta l'effetto catalitico di particolari metalli e con l'ausilio di una corrente elettrica.
    Probabilmente, in quanto la reale esistenza del fenomeno fa ancora parte di un vivace dibattito scientifico, questo procedimento elettro chimico può produrre grandi quantità di energia tramite una reazione nucleare a temperature e pressioni vicine a quelle ambientali, invece delle elevatissime temperature e pressioni normalmente necessarie affinché si possano abitualmente innescare tali tipi di processi. Per questo motivo, a tale tipo di processo, è stato chiamato "fusione fredda".
    Però, dopo gli entusiasmi iniziali, i due scienziati cominciarono ad essere sommersi da varie accuse secondo cui la reazione nucleare, di cui essi parlavano, fosse in realtà dovuta ad una messa in scena o ad un errore di laboratorio. Infatti, in quegli anni, furono pochi i laboratori, spesso con risultati non del tutto chiari, in grado di replicare con un certo successo l'esperimento di Fleischmann e Pons.
    Solo dopo 10 anni, nel 1999 Carlo Rubbia, allora presidente dell'ENEA, decise che era ora di fare un esperimento che potesse chiarire la natura nucleare del fenomeno, per questo incaricò alcuni ricercatori dell'ente ad intraprendere un programma di ricerca di 36 mesi. Terminati i quali, nel 2002 i ricercatori capeggiati da Antonella Del Ninno confermarono la natura nucleare di tale reazione[6].
    Comunque, nonostante il lavoro svolto da vari gruppi di ricerca, per molti fisici i fenomeni di Fusione Fredda non sono assolutamente reali, o peggio sono il prodotto di una sorta di "Scienza patologica", situazione giustificata anche dal fatto che molti degli esperimenti di fusione fredda, continuano ad essere estremamente difficili da riprodurre e con forte variabilità nei risultati.
    Solo negli ultimi anni, da parte della piccola comunità degli scienziati che stanno studiando il fenomeno, è venuta forte l'esigenza di concentrarsi più che sulle performance degli esperimenti, sulla capacità di questi di essere costantemente riprodotti e per questo sono in corso vari tipi di esperimenti, che permetteranno, si spera presto, di dare una più chiara visione del fenomeno.

    Vantaggi
    Le attuali sperimentazioni richiedono impianti economici e di ridotte dimensioni. A differenza della fissione nucleare e della fusione nucleare, in molte tipologie di reazioni di fusione fredda non vengono prodotte scorie radioattive, e solo raramente vi vengono rilevate emissioni di raggi gamma.
    Nel caso che si dimostri la possibilità di sfruttamento del fenomeno, è ipotizzabile la realizzazione di sistemi di generazione compatti che potrebbero eliminare o quantomeno ridurre la necessità di una rete di distribuzione elettrica.

    Svantaggi
    Gli esperimenti più interessanti, a livello di quantità di energia termica prodotta e ridotto consumo dei componenti, hanno una riproducibilità abbastanza bassa (10-20% degli esperimenti), assolutamente inaccettabile per poter essere presa in considerazione a livello industriale.
    Alcune reazioni di fusione fredda, potrebbero produrre, per mezzo di reazioni di Trasmutazione LENR a bassa energia, nuovi elementi atomici assolutamente non presenti nei prodotti inizialmente partecipanti alla reazione. Essendo allo stato attuale, tali fenomeni del tutto sconosciuti ed imprevedibili, questo fatto, se verificato, potrebbe essere causa di potenziali problemi nell'utilizzo generalizzato di tale tecnologia.

    Centrale solare orbitale

    Le Centrali solari orbitali dovrebbero ottenere energia elettrica attraverso pannelli fotovoltaici costruiti in orbita. L'energia ottenuta dovrebbe essere trasmessa a Terra tramite microonde. Le microonde verrebbero ricevute tramite un'estesa schiera di antenne e convertite in corrente elettrica immessa nella rete di distribuzione. Una seconda alternativa prevede la trasmissione a Terra dell'energia tramite potenti laser. A Terra ricevitori composti da pannelli fotovoltaici dovrebbero nuovamente convertire la luce del laser in corrente elettrica che verrebbe inviata nelle linee ad alta tensione per la distribuzione.

    Vantaggi
    Essendo in orbita i pannelli sarebbero sempre illuminati e fornirebbero una corrente costante, la mancanza di atmosfera consentirebbe ai pannelli fotovoltaici una maggior efficienza rispetto ad un'installazione a Terra.

    Svantaggi
    La costruzione in orbita è molto costosa e le continue conversioni (da luce a corrente, a microonde e nuovamente a corrente) deprimerebbero le prestazioni dell'impianto dissipando buona parte della potenza prodotta.

    Centrale a Idrogeno

    Esistono due modi per produrre energia elettrica a partire dall'idrogeno.

    Combustione diretta
    L'idrogeno può essere utilizzato come un tradizionale combustibile gassoso, per combustione diretta. L'idrogeno infatti è un ottimo combustibile e brucia, combinandosi con l'ossigeno. Il sottoprodotto di questa combustione è acqua, in forma di vapore acqueo. Questa metodologia di sfruttamento, permette di utilizzare l'idrogeno in centrali termoelettriche praticamente identiche a quelle alimentate a metano, siano esse tradizionali centrali termoelettriche, turbogas o a ciclo combinato. In questa metodologia di utilizzo l'idrogeno potrebbe sostituire quasi tutte le applicazioni del metano o del gpl che implicano combustione, anche non legate alla produzione elettrica, dall'autotrazione alla produzione di calore per riscaldamento, con il vantaggio delle emissioni nulle di CO2. Per via della presenza di azoto nell'aria, le emissioni non si limitano al solo vapore acqueo, ma anche ad ossidi di azoto. La combustione diretta rappresenta un tipo di sfruttamento facilmente implementabile, basato su tecnologie già ampiamente utilizzate e collaudate solo da ottimizzare per il nuovo combustibile.

    Celle a combustibile
    Può essere prodotta energia elettrica a partire dall'idrogeno per via elettrochimica utilizzando celle a combustibile

    Centrale di Fusina
    In italia dal 2009 a Marghera, con un investimento di 47 milioni di euro, sarà attiva la centrale a idrogeno più grande del mondo, nonché la prima al mondo di livello industriale, con una potenza istallata di 16MW. La centrale sarà integrata nel polo petrolchimico di Porto Marghera, dal quale preleva l'idrogeno, prodotto di scarto del cracking dell'etilene, una tubatura di 4km provvederà a convogliare l'idrogeno dagli impianti in cui viene prodotto alla centrale. Lo sfruttamento dell'idrogeno avverrà per combustione diretta in una centrale a ciclo combinato. La combustione avverrà in una turbina a gas da 12MW, i fumi di scarico ad alta temperatura verranno invece utilizzati per produrre vapore da inviare alla turbina a vapore della vicina centrale Palladio (centrale a carbone da 960MW), questa configurazione permetterà di poter disporre di ulteriori 4MW senza gli oneri della costruzione di una nuova turbina a vapore. La centrale farà parte di un progetto più ampio che si propone di convertire l'area di Porto Marghera in un polo tecnologico per le energie rinnovabili, per conseguire questo obiettivo l’Unione Industriali di Venezia ha costituito nel 2003 il consorzio "Hydrogen Park". La centrale sorgerà per una iniziativa mista che vede ENEL e unione degli industriali di Venezia tra i promotori, sostenuti dalla Regione e dal Ministero dell'Ambiente. Tra le sue caratteristiche peculiari è la prima alimentata totalmente con l'idrogeno; il consumo previsto è di 59 milioni di tonnellate all'anno, prodotto dalla raffineria, e sufficiente per generare 60 GWh di elettricità, quantificabile al consumo di 20000 famiglie. Come se non bastasse, questa scelta consentirebbe, secondo le stime più accreditate, un risparmio notevole di CO2, pari a 170000 tonnellate all'anno. Il progetto prevede anche la produzione di idrogeno dalla gassificazione del carbone con stoccaggio geologico della CO2"

    Centrale Milano Bicocca
    Rappresenta il primo impianto Europeo di produzione elettrica tramite celle a combustibile è entrata in funzione nel 1992 a scopo sperimentale e per sei anni ha prodotto 1,3MW, nel 1998, come previsto, è stata fermata la produzione. L'impianto è stato poi revisionato ed è ripartito nel 2004. La centrale fa parte del progetto Prode, frutto della collaborazione tra AEM, Ansaldo e ENEA. Questa centrale produceva idrogeno a partire dal metano. L'impianto è costituito da sotto-impianti di: trattamento del combustibile, aria di processo, celle a combustibile, raffreddamento dei moduli elettrochimici, smaltimento del calore, condizionamento di potenza.
    Il trattamento combustibile consiste nella produzione di un gas ricco di idrogeno (75% molare) per steam reforming del metano, l'aria che deve reagire con l'idrogeno viene invece trattata nel sistema aria di processo che provvede alla compressione, il vero cuore del sistema sono le celle a combustibile, due moduli collegati in serie che producono corrente continua, ognuno dei due moduli è costituito da 469 celle elementari in serie tra loro e produce una potenza di 670kW lavorando alla temperatura di 207°. Infine il sistema di raffreddamento dei moduli serve a mantenere la corretta temperatura di esercizio delle celle e utilizza il calore asportato per produrre il vapore necessario al processo di steam reforming, il calore in eccesso 900kWt viene riutilizzato e, ove non possibile, dissipato in torri di raffreddamento a secco. La corrente continua prelevata dalle celle viene convertita in corrente alternata dal gruppo di condizionamento di potenza tramite due inverter a commutazione forzata (GTO), il sistema è poi connesso in rete tramite un trasformatore 600/23.000 V e permette anche il funzionamento in isola.
    Il progetto Bicocca di una "Cittadella dell'idrogeno" prevede la conversione della centrale con la sostituzione delle ormai vecchie celle con altre 2 più moderne ma di minore potenza, 500kW, il dimezzamento della potenza istallata renderà disponibile circa la metà della produzione (1000mc/h) per altri usi. Parte dell'idrogeno alimenterà una cella a combustibile utilizzata nella stazione Greco-Pirelli, parte verrà utilizzato a Tecnocity in una turbina di una centrale di cogenerazione e la parte restante servirà ad alimentare il primo distributore di idrogeno in Italia, con possibilità di erogare idrogeno liquido e gassoso.

    Materia e antimateria

    Sicuramente molti appassionati di fantascienza e trekker si saranno chiesti se sia realmente possibile costruire un motore materia-antimateria. Anticipando il fatto che non ci sono studi ad oggi che si muovono verso tale direzione si può però affrontare l'argomento sotto un punto di vista teorico. Gli studi scientifici legati al mondo microscopico hanno da anni non solo prodotto antimateria (da notare che parlando di antimateria ci si riferisce ad antiparticelle o di singoli antiatomi, e non a quantità di materia macroscopiche), ma dimostrato ampiamente che l'annichilazione della materia con l'antimateria converte l'intera massa in energia (E=mc2), sviluppando grandi quantità di energia. Quindi, si potrebbe affermare che un ipotetico reattore che sfrutti questi due elementi sarebbe in grado di generare enormi quantità di energia. Naturalmente, siamo gran lungi dall'essere in grado di fare ciò. Odiernamente, l'antimateria viene prodotta principalmente nei ciclotroni per uso scientifico e non si conoscono mezzi tecnologici per produrne quantità rilevanti; ma soprattutto, la sua produzione richiede l'utilizzo di quantità di energia enormemente superiori a quelle che si potrebbero ricavare dalla sua conversione in energia.
     
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