Cari amici, siamo in piena recessione!

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    Il Pil, cioè il prodotto interno lordo del nostro paese, quest’anno è sceso.
    Lo afferma nientepopodimenochè l’Istat, l’istituto nazionale di statistica, non so se mi spiego… Lo stesso istituto che ha sempre e ufficialmente negato il raddoppio dei prezzi al consumo da quando c’è l’euro, spiegandolo invece come una semplice percezione; lo stesso istituto secondo il quale, “le retribuzioni dei dipendenti – ultimamente - sono cresciute più dell’inflazione”.
    Adesso però gli stessi esperti ci avvertono a denti stretti che “siamo in piena recessione”.
    Ma come…fino a ieri le cose andavano benissimo, eravamo tutti più ricchi, i prodotti costavano sempre meno, l’inflazione era in calo, e oggi siamo in recessione? Cos’è successo nel frattempo? Ovviamente per coloro che non bevono le panzane sparate dal regime dei media, o dagli istituti preposti, questa notizia non è una doccia fredda, ma la conferma di una situazione denunciata da molto tempo. Tutti sanno infatti, ad eccezione dei finti mezzobusti televisivi, che l’economia italiana - come quella mondiale - sta navigando in cattive e molto profonde acque...
    La cosa interessante da capire è come abbiamo fatto ad arrivare fino a questo punto e quali sono le eventuali soluzioni!
    Nella disamina eviteremo d’incolpare questo o quel partito, questo o quel governo, questa o quella marionetta, perché NON esiste la destra e neppure la sinistra, non esistono i colori di partito, ma solamente il Potere Economico.
    Registratelo mi raccomando nel microchip neurale!
    E’ il potere economico che gestisce tutto, ed infatti i politici sono “i camerieri dei banchieri” (Ezra Pound). Non è un caso che a Mayer Amsche Bauer interessava solamente il controllo della moneta e non chi faceva le leggi… Il capostipite dell’impero dei Rothschild, già nel XVIII secolo aveva capito - forse meglio di chiunque altro - che controllare l’emissione valutaria, cioè l’emissione della moneta di uno Stato, era il potere più grande! Un potere che adesso vedremo essere nelle mani di aziende private...
    In soldoni al Rothschild interessava più l’Antonio Fazio (Governatore a vita della Banca d’Italia) o il Jean-Claude Trichet (Presidente della Banca Centrale Europea) di turno, piuttosto che il Berlusconi o il Prodi. E adesso capiremo anche perché.

    Prima di addentrarci però nei meandri del Vero Potere, cerchiamo di capire cosa significa recessione. Con questo termine s’intende una crescita negativa del prodotto interno lordo, cioè della ricchezza del paese; in pratica indica il rallentamento o ristagno dell’attività produttiva. I periodi di recessione hanno sempre visto aumentare il numero di licenziamenti, questo perché le aziende che producono entrano in crisi e non hanno più soldi per gli stipendi. Con questi licenziamenti vengono a mancare però i soldi per acquistare i beni (prodotti dalle aziende) e quindi le aziende aumentano la loro crisi licenziando ancora… e via così in un circolo vizioso pericolosamente instabile.
    Cosa allora bisogna fare durante una recessione? Abbassare i tassi di sconto delle banche, ridurre i tassi sui prestiti, immettere nuova moneta o sottrarne, ridurre gli stipendi, abbassare le tasse, aumentare gli stipendi? Spunti interessanti forse per qualche economista da tubo catodico, ma non per noi. Basterebbe che il Signoraggio sulla moneta andasse allo stato e non alle banche private! Tutto qua. Semplice, vero? Ricetta indolore (per noi e non per i banchieri) e applicabile in pochissimo tempo. L’unico problema è che nessuno dei Signori della grande truffa vuole perdere il proprio potere, soprattutto i banchieri! Chi abbandonerebbe infatti, per il bene dello Stato e dei sudditi, un potere enorme come quello che fornisce la Sovranità Monetaria ?
    Se un orafo-banchiere, qualche secolo fa (quando il metallo prezioso era la moneta di scambio) avesse scoperto la ricetta alchemica per produrre oro dal piombo, secondo voi, avrebbe regalato la ricetta allo Stato per amore del popolo o se la sarebbe tenuta ben stretta e nascosta? Oggi è lo stesso: le banche centrali (che sono tutte private) hanno la ricetta - poco alchemica ma molto pratica - per stampare a gratis la moneta di scambio, l’euro, e tenersi tutti i soldi. Una ricetta così scottante e delicata che per essa hanno messo a tacere qualche presidente degli statunitensi…

    Ma che cos’è allora questo Signoraggio?
    Il Signoraggio è la più grande truffa mai realizzata alla faccia nostra: un illecito che viene operato sistematicamente dalla Banca centrale italiana prima, e oggi europea. In pratica il Signoraggio è la differenza di valore tra i costi tipografici spesi per stampare la carta-moneta e il valore di facciata, cioè il valore numerico scritto sulla banconota stessa!
    Una differenza, se ci pensate abissale: cosa infatti potrà mai costare un foglietto di carta bianca con un po’ d’inchiostro e una filigrana? Qualche centesimo di euro! Assolutamente nulla se confrontato col numero stampigliato sopra. Eppure la banca che stampa questo foglietto lo affitta allo Stato facendosi pagare non la carta e gli inchiostri che ha consumati, ma il numero scritto sopra! E’ incredibile, ma purtroppo è così! E’ come se l’azienda privata che gestisce un casinò, mettesse nel registro spese sostenute, quindi in passivo, non i costi della stampa fisica delle fiches di plastica, ma il valore numerico scritto sopra le stesse fiches (10, 20, 100, 500, 1000, 10.000 euro, ecc.)!
    Con questo la banca centrale invece di cedere le monete che stampa, allo Stato e quindi a noi popolo sovrano, all’irrisorio costo di stampa (i soldi effettivamente spesi per la carta filigranata, gli inchiostri, ecc.), lo affitta al valore di facciata (il numero scritto sopra) più addirittura un interesse annuo denominato “tasso di sconto” (2,5,%).
    Una piccola banconota da 100,00 euro invece di essere ceduta allo Stato a soli 0,05 euro (questo è più o meno il vero costo che la banca spende per stamparlo), viene a costare alla comunità ben 102,50 euro (valore nominale 100,00 euro + 2,50 euro per il tasso di sconto). Più del valore di facciata, ma vi rendete conto dell’immensità colossale di tale truffa?
    Se è vero, come è vero, che la stampa di una moneta da 100,00 euro costa solamente 0,05 euro, ma la banca si fa pagare dallo Stato (sottoforma di Titoli, BOT, ecc.) ben 102,50, da dove saltano fuori questi soldi? E quanti soldi incassano le banche per una simile operazione di tipografia?
    I soldi che lo Stato usa (titoli, ecc.) per affittare le banconote ovviamente sono i nostri soldi che paghiamo con le tasse! Ecco la recessione. Ecco l’inflazione. Ecco la crisi delle aziende, ecc.
    Il Signoraggio delle banche centrali di emettere biglietti con un valore nominale superiore a quello intrinseco è la madre di tutti i mali economici di un paese e del mondo intero. Il tutto perché, non è lo Stato che incamera il Signoraggio ma una banca privata, magari con sede alle Cayman o in Lussemburgo.
    In Europa per esempio la BCE , la banca centrale europea con sede a Francoforte, è costituita dalle quindici banche centrali degli stati appartenenti, e siccome le banche centrali degli stati sono tutte private, anche la BCE è una banca privata. Avete capito? La BCE è una banca privata gestita da banche private!

    Possiamo allora concludere che le banche sono la causa di tutti i mali? Assolutamente sì!
    Hanno il potere di stampare le monete a prezzi irrisori facendosi però pagare al prezzo scritto sopra; hanno il potere di togliere dalla circolazione o immettere denaro creando o riducendo l’inflazione. Insomma le banche oggi hanno il potere che avevano gli orafi nel XVII-XVIII secolo. Un potere enorme.
    Nel momento infatti in cui la banca centrale stampa questa moneta a prezzo nullo e compra le cose che noi facciamo lavorando ottiene un potere d’acquisto inaudito. Quando noi lavoriamo mettiamo a disposizione il nostro tempo, la nostra professionalità, la nostra esperienza, mentre loro cosa fanno? Accendono i macchinari, giorno e notte, e stampano a prezzo ridicolo la moneta facendosela poi pagare a prezzo altissimo allo Stato, il quale successivamente si rifà su di noi con le tasse per sopperire il debito. Ecco il giochetto mortale del debito perenne. Il debito degli stati con le banche private NON potrà mai essere cancellato, fintantoché la Sovranità Monetaria è nelle mani delle banche.
    Questa è la triste e amara realtà della società capitalistica! Loro comprano le cose che noi facciamo e/o costruiamo, con dei pezzi di carta il cui valore (per loro) è irrisorio e per noi è debito!

    Se il Signoraggio fosse dello Stato, NON esisterebbero le tasse!
    Le tasse allora servono solamente per farci credere a noi pollastri che non c’è denaro sufficiente, per darci l’illusione che non c’è denaro per tutti. Purtroppo la realtà è molto lontana: di denaro ce n’è quanto si vuole, basterebbe che lo Stato, tirasse fuori le…leggi!
    Ovviamente sarà molto difficile tutto ciò, perché il massonico sistema bancario è potentissimo e ben compenetrato in quello politico. Un esempio per tutti è il precedente Presidente della Repubblica, che prima di entrare nel Colle è stato Governatore della Banca d’Italia (la banca privata che stampava le lire e che si prendeva il Signoraggio)! Nonostante conosca alla perfezione questo giochetto, ha mai detto qualcosa dall’alto della sua carica?
    Quindi in conclusione a proposito della recessione non posso che ringraziare i Signori della grande truffa, perché grazie alla loro cupidigia - e alle entità che li manovrano - le persone saranno costrette a prendere coscienza di questo mafioso sistema.
    D’altronde se le cose andassero bene a chi interesserebbe parlare di Signoraggio e di monete alternative? A chi interesserebbe ritornare in possesso della Sovranità Monetaria? E soprattutto chi accetterebbe valute complementari, che oggi stanno prendendo sempre più piede nel mondo intero? Queste monete-materasso serviranno per passare, attutendone l’urto, da questo sistema monetario destinato a crollare, ad un altro molto più etico e umano. Traghetteranno in definitiva la nostra società da un sistema ad un altro.
    Chi ha orecchie per intendere…intenda, gli altri in banca!

    (fonte: disinformazione.it)
     
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  2. claudio5
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    :zero05:
    LA SCALA DELLE COSE articolo di Pietro Cambi

    Forse l'avrete già sentito dire.

    Non abbiamo un orecchio assoluto .

    Praticamente nessuno, nemmeno tra i musicisti, ha un orecchio "assoluto" ovvero è in grado di riconoscere una singola nota ( ad esempio un la bemolle) se non mettendola a confronto con altre note.

    Analogamente anche il nostro occhio percepisce i colori anche in situazioni dove domina la monocromia grazie ad una capacità "differenziale" di cogliere le sfumature.

    Funzionamo allo stesso modo con la spazialità il tempo e gli altri aspetti della realtà.

    Per CAPIRE come stanno le cose le dobbiamo confrontare con qualcosa la cui magnitudo possiamo comprendere, avendone visto gli effetti all'opera.

    Per capire l'enorme sarabanda di miliardi e biliardi e triliardi di dollari che viene fagocitata ogni giorno dal Moloch finanziario da noi stessi evocato bisogna confrontarla con qualcosa che possiamo comprendere bene.

    C'e' chi l'ha fatto, Barry Ritholtz, in particolar modo prendendo in considerazione il costo presunto AGGIORNATO del "Bail Out", del salvataggio del sistema finanziario da parte della Federal Reserve.

    Il risultato è che il suo costo batte già qualunque altra cosa abbia mai intrapreso il paese, facendone, probabilmente, la singola iniziativa più costosa (e probabimente rovinosa) della storia.

    A tutti gli effetti è la mamma, il babbo e il Dio di tutti i Potlatch concepiti o concepibili.

    Le cifre parlano da sole:

    • Il Piano Marshall: Cost: $12.7 billion, Inflation Adjusted Cost: $115.3 billion
    • L'acquisto della Louisiana da Napoleone: Cost: $15 million, Inflation Adjusted Cost: $217 billion
    • La corsa alla Luna: Cost: $36.4 billion, Inflation Adjusted Cost: $237 billion
    • La crisi delle casse di risparmio (anni '80): Cost: $153 billion, Inflation adjusted Cost: $256 billion
    • Guerra di Corea: Cost: $54 billion, Inflation Adjusted Cost: $454 billion
    • IL New Deal: Cost: $32 billion (Est), Inflation Adjusted Cost: $500 billion (Est)
    • L'invasione dell'Iraq: Cost: $551b, Inflation Adjusted Cost: $597 billion
    • La guerra del Vietnam: Cost: $111 billion, Inflation Adjusted Cost: $698 billion
    • La NASA, dalla sua fondazione: Cost: $416.7 billion, Inflation Adjusted Cost: $851.2 billion

    TOTALE: $3.92 trillion (3920 MILIARDI di dollari)

    Ovvero 686 miliardi meno del costo stimato della Crisi attuale, 4616 MILIARDI DI DOLLARI, compreso il bailout di Citicorp FINO A QUESTO MOMENTO.

    L'UNICO evento che si avvicina, ma senza superarlo, a questo costo è la SECONDA GUERRA MONDIALE, i cui 288 miliardi di costo complessivo, se corretti per l'inflazione, equivalgono a 3600 miliardi di dollari.

    Conoscete bene gli ENORMI effetti, anche come conseguenze economiche di quella guerra.

    Credete ancora che questa Crisi sia passeggera, poco duratura, effimera?

    Credete che basteranno i soliti pannicelli caldi, le solite rassicurazioni?

    No, cari miei.

    Siamo solo all'inizio.

    Sperare il contrario sarebbe come sperare di vedere ballare la danza dei cigni ad un elefante in mezzo all'outlet della RCR, senza che nemmeno un pezzo finisca male.

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    :( :zero17: :cry:
     
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  3. claudio5
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    Ma se voi aveste un dipendente o un consulente un responsabile degli acquisti stra-stra-stra pagato che vi fa simili previsioni cosa fareste ?
    PETROLIO, LA SAGA DEGLI IDIOTI:
    GOLDMAN PASSA DA UN TARGET DI $200 A $30
    di WSI-REUTERS
    Otto mesi fa erano rialzisti sfegatati, adesso il patetico annuncio: "Il brusco calo della domanda di greggio mondiale nel quarto trimestre 2008, con l'intensificarsi del credit crunch, minaccia di spingere il prezzo sotto i $30".
    Il petrolio è sceso sotto i 45 dollari al barile, con i mercati finanaziari globali appesantiti dalla mancata approvazione del piano di emergenza da 14 miliardi di dollari per il settore auto Usa. Goldman Sachs ha inoltre previsto che il prezzo del greggio potrebbe arrivare fino a 30 dollari al barile.
    Da notare che Goldman Sachs, che nella prima meta' del 2008 era la "numero 1" al mondo nel trading di greggio (prima di trasformarsi in banca commerciale per via della crisi) a giugno aveva lanciato un target price di $200 per il barile di petrolio. Simili cambiamenti di giudizio la dicono lunga sull'inaffidabilita' dei target price (manipolabili e manipolati) da parte di banche e finanziarie; e anche sull'accelerazione paurosa della crisi mondiale.
    Intorno alle 13,40 il futures a gennaio sul Nymex cede 3,16 dollari scambiando a 44,82 dollari al barile, mentre l'analoga scadenza sul Brent perde 3,19 dollari a 44,20 dollari. Il cattivo stato di salute dei colossi dell'auto come General Motors e Chrysler illustra la serietà del rallentamento economico mondiale, che ha colpito la domanda di greggio.
    "Il brusco calo della domanda di petrolio mondiale nel quarto trimestre del 2008, con l'intensificarsi del credit crunch, ora minaccia di spingere il prezzo del petrolio sotto i 40 dollari al barile nel breve termine", scrive Goldman Sachs in uno studio. Secondo la banca il prezzo potrebbe scendere fino a 30 dollari.
    La banca americana ha anche sottolineato come un ulteriore taglio di 2 milioni di barili al giorno da parte dell'Opec - misura che potrebbe essere decisa nella riunione del 17 dicembre in Algeria - sia necessario. Anche la banca francese BNP Paribas ha tagliato le stime per il prezzo del greggio nel 2009, portandole a 53 dollari al barile contro i 75 di una precedente valutazione.

    EPPURE LE PERSONE CONTINUANO A RIVOLGERSI AL DIRETTORE DELLA LORO BANCA PER CHIEDERE DOVE DEVONO INVESTIRE

    Edited by MetS - 14/12/2008, 02:21
     
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    Il petrolio a $145 al barile era dovuto a pura speculazione.
    Qualcuno acquistava a qualunque prezzo per far lievitare il prezzo, poi altri lo rivendevano e guadagnavano a palate.
    Alla fine tutti si dividevano la torta.

    Il cartello dell'OPEC allora ha aperto i rubinetti ed aumentato la produzione cassando il prezzo di vendita dell'oro nero che e' sceso inizialmente di pochi dollari, poi sempre più velocemente.

    Il calo di questi tempi é solo indirettamente dovuto alla recessione, direi che non c'entra per niente, semmai e' una conseguenza della recessione.

    Riflettete per un attimo.
    Quando il petrolio era a $140 al barile la benzina verde raggiungeva €1,47, adesso che vale $40 al barile la benzina verde é calata si e no di 30 cts di euro.
    Non vi sembra che ci sia qualcosa di confuso in tutto ciò?

    Iniziate a pensare a questo e poi molte risposte arrivano da sole....
     
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  5. claudio5
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    Quello che dici Mets e ragionevole comunque , vorrei postare una riflessione o forse 2 in armonia con il primo post di questo argomento che riguardava le banche :

    La Gold-sac. era una delle principali trader sui futures del pertolio e io dico se non sai quello che vendi . . . . . . . . . . .
    Ora potrei dire " lei vendeva " perciò cari polli comprate che il prezzo arriverà a 200 più comprate e più io guadagno è più monetizzo i miei asset (e sappiamo che avevano bisogno di contante ) se poi vendendo quello che ho in portafoglio anche ci guadano bene così copro altre perdite che ho fatto con altro .
    - - - - si però se chi è chiamato a da i rating e chi deve indicare le tendenze lo fa per tornaconto personale a spese degli investitori io la chiamerei t......... ( al pari di chi vende un prodotto dicendo che funziona e dopo 3 mesi non funziona più )

    Ora dicono che scenderà a 30 ( come per dire vendete che scende ancora )

    Ora benchè la mia conoscenza non sia molto accurata al riguardo , ma dalle varie fonti in giro si dice che il costo complessivo (estrazione,royalitis, tasse,commissioni) si aggiri da 40 - 45 $ , perchè i paesi che esportano petrolio lo dovrebbero vendere sottoprezzo , pensando inoltre che potrebbero venderlo fra un anno a prezzo maggiore .

    Per me questi Super-manager , sono o incompetenti o troppo stupidi da pensare che la gente si possa prendere per il fondo schiena ogni 6 mesi .

    E questa è solo la cruna dell'ago .

    Ciao Claudio
     
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  6. claudio5
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    QUANTI ITALIANI COINVOLTI NELLA TRUFFA DI MADOFF (PROPORZIONI EPICHE)
    di WSI
    E' il disfacimento del capitalismo. Nell'hedge fund di Bernard Madoff, arrestato a New York dall'FBI, avevano investito Unicredit (ha perso $280 milioni), Banco Popolare, Aletti Gestielle, Assicurazioni Generali e Banca della Svizzera Italiana (BSI).
    Nella piu' colossale truffa della storia di Wall Street, che ha provocato un ammanco di oltre 50 miliardi di dollari, sono coinvolti vari investitori istituzionali italiani. Nell'hedge fund di Bernard L. Madoff, 70 anni, arrestato giovedi' scorso a New York dall'FBI, avevano investito tra gli altri Unicredit, Banco Popolare, Aletti Gestielle, Assicurazioni Generali e Banca della Svizzera Italiana (BSI).
    Pioneer Alternative Investments, con sede a Dublino, e' un fondo hedge di Unicredit che secondo MarketWatch ha investito capitali con Bernard L. Madoff Investment Securities, la societa' di Wall Street gestita dall'ex presidente del Nasdaq Madoff, il quale giovedi' e' stato dopo una soffiata dei due figli che hanno svelato la piu' gigantesca frode della storia finanziaria mondiale, nella quale sono spariti nel nulla $50 miliardi. Centinaia di fondi, fondi di fondi e famiglie di ricchi e famosi, soprattutto sull'asse New York - Palm Beach in Florida, sono adesso in stato di assoluto panico, per questa truffa di "proporzioni epiche" che ha mandato in fumo fortune immense.
    Secondo quanto scrive Bloomberg, Pioneer Alternative Investments, il fondo di Unicredit, ha investito "sostanzialmente tutti" i suoi $280 milioni del Primeo Select Fund con Madoff Investment Securities, stando a quanto riportato dal website di Pioneer. Shwetha Reddy, portavoce a Dublino per il fondo di Unicredit, si e' rifiutata di fare commenti sulla vicenda. Stesso comportamento da parte di Luca Mengoni, chief investment officer di Pioneer, e di Alberto La Rocca, Ceo di PAI.
    Molte altre istitituzioni finanziarie italiane e facoltosi clienti hanno affidato i loro soldi alla societa' di Madoff, allettati da alti e costanti rendimenti (che erano totalmente falsi) e rimanendo alla fine truffati con la perdita dell'intero capitale. Tra questi, secondo MarketWatch, Banco Popolare (BP.MI), Aletti Gestielle, Assicurazioni Generali (G.MI) e Banca della Svizzera Italiana, BSI. Ne' Banco Popolare ne' le Generali hanno voluto rilasciare commenti sabato dopo la diffusione di questa notizia.
    Secondo fonti di Wall Street gli investitori possono contare eventualmente sul recupero di 5 centesimi su ogni dollaro investito. La colossale truffa di Madoff e' scoppiata come una bolla quando il meccanismo del "denaro facile" innescato dagli hedge funds si e' inceppato con la crisi finanziaria di ottobre. Secondo i calcoli di Morgan Stanley gli assets totali degli hedge funds sono crollati a livello globale da $1.9 trilioni lo scorso giugno a $1.1 trilioni in novembre, dopo il tonfo delle borse e l'aumento esponenziale dei riscatti degli investitori
     
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  7. claudio5
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    Gli incendiari delle banche centrali accelerano l'iperinflazione

    Fonte: movisol

    La vertiginosa rapidità con cui la City di Londra cola a picco, trascinando l'intera economia britannica (fondata sui servizi finanziari) in una spirale deflazionistica è tale che nel gabinetto di guerra di Sua Maestà si sta decidendo di accelerare la spinta iperinflazionistica e costringere il resto del mondo a comportarsi alla stregua degli incendiari britannici.

    Il 4 dicembre, la BCE e la Banca d'Inghilterra hanno tagliato nuovamente i tassi, annunciando al contempo di essere pronte a ulteriori misure reflazionistiche, e cioè stampare denaro direttamente. Negli ambienti finanziari britannici questa viene chiamata "l'opzione nucleare".

    Con un taglio dell'1 per cento, la Bank of England ha portato il tasso al 2%, che corrisponde al tasso di inflazione programmata. Quindi il tasso britannico ufficiale è virtualmente zero. Ora può solo andare sottozero. Contemporaneamente la BCE ha abbassato il tasso di 0.75 punti, portandolo allo 2,5 per cento – molto vicino allo zero virtuale dato che l'inflazione programmata di Eurolandia si avvicina al due per cento (ma visto che la BCE non ne ha mai azzeccata una, sarà sicuramente superiore). Anche qui siamo vicini alla fine del palo.

    La cosa più significativa, però, è che la BoE ha accompagnato la decisione con una dichiarazione in cui si afferma che la riduzione dei tassi non servirà a niente. "È improbabile – recita il comunicato – che il volume dei prestiti bancari torni ad un livello normale senza ulteriori misure". Ergo, serve qualcos'altro. Ma una volta azzerati i tassi, non resta che l'"opzione nucleare". Dal canto suo, il governatore della BCE, Jean-Claude Trichet, quando gli è stata posta direttamente la domanda, ha risposto: "Considereremo ciò che è appropriato in ogni momento. Se necessario, saranno prese nuove decisioni".

    La BoE "sta valutando l'opportunità di premere il bottone della stampante, adottando la cosiddetta politica di quantitative easing" (che letteralmente significa allentamento quantitativo ma, in sostanza, ultima spiaggia), ha scritto il Daily Telegraph il 6 dicembre. "Le misure in considerazione includono l'acquisto diretto di titoli, ad esempio di debito pubblico o di investimenti commerciali, da parte della banca centrale o del Tesoro, oppure aumentare il bilancio della banca centrale, un modo per pompare liquidità aggiuntiva nel settore bancario".

    La fazione che preme per l'"opzione nucleare" è ben consapevole che ciò provocherà iperinflazione. Ambrose Evans-Pritchard, che da sempre si è fatto portavoce della politica di "salvare il sistema a tutti i costi", ha scritto sul Telegraph: "La politica [di quantitative easing] lascia dietro di sé un lago di liquidità. C'è il pericolo che esso allaghi il sistema una volta sbloccati i condotti del credito. L'economia potrebbe bruscamente volgersi dalla deflazione all'iperinflazione". Ciononostante Evans-Pritchard, una volta ricordato che la Federal Reserve ha da tempo premuto il "bottone nucleare", e la scorsa settimana ha iniziato ad acquistare direttamente titoli immobiliari, si è augurato che la Banca d'Inghilterra "prima straccia il suo libro delle regole e si prepara a seguire il copione di Bernanke, e più saranno le chances che eviteremo di schiantarci al suolo".

    Lo stesso vale per la BCE. "Il Trattato di Maastricht", insiste Pritchard, "proibisce alla BCE di iniettare stimoli acquistando debito pubblico dei quindici stati dell'Eurozona – un metodo noto come 'monetizzare il deficit' o, più crudamente, 'stampare denaro'. Ma essa può ottenere lo stesso risultato rastrellando sul mercato aperto titoli di stato, cartolarizzazioni immobiliari o persino obbligazioni societarie, come ha già cominciato a fare la Fed. Al momento, la BCE accetta alcuni titoli come collaterale in cambio di prestiti, ma non ha ancora premuto il bottone nucleare acquistandoli direttamente con denaro stampato di fresco".

     
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  8. francesco1966
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    MERCATI. I listini del Vecchio Continente attorno allo zero. Fondo: «Crisi ancora più grave»

    Il mega-taglio della Fed non convince le Borse

    MILANO
    Le Borse europee non credono alle favole: il taglio deciso del tasso d’interesse da parte della Federal Reserve americana lascia freddi, anzi pessimisti, gli operatori del Vecchio Continente: chiudono tutte intorno allo zero le principali piazze europee, con Milano e Londra rispettivamente a +0,26% e +0,35%, e Francoforte e Parigi a -0,46% e -0,30%. E ieri anche Wall Street, che martedì aveva festeggiato con un rialzo superiore al 5% la notizia dell’azzeramento del costo del denaro, è tornata a perdere a metà seduta circa il 2%.
    In pratica, il fatto che il denaro non costi praticamente più niente in America significa soltanto che, da oggi, la Fed non ha più margini per aiutare ulteriormente l’economia. Una brutta notizia, che si aggiunge ad altre di segno potentemente negativo.
    Primo, il petrolio scende a 40,2 euro al barile sulle previsioni di recessione globale e prolungata. Secondo, il dollaro affonda e salgono alle stelle di conseguenza le quotazioni dell’euro (oltre 1,4 il cambio di ieri) e dell’oro (868,10 dollari l’oncia). Terzo, il Fondo Monetario Internazionale annuncia che la crisi sarà ancora più grave del previsto e che «rivedrà nuovamente al ribasso le proprie stime di crescita, probabilmente in modo significativo, nell’aggiornamento del World Economic Outlook che sarà diffuso in gennaio» e chiede «un’ulteriore e vigorosa azione politica per evitare un seria contrazione dell’economia globale». Quarto, il presidente eletto americano Barack Obama, che 3 americani su 4 vedono ormai come il salvatore della patria dalla crisi, ammette che solo «nel 2010 potremo cominciare a vedere una traiettoria dell’economia in ascesa» purché si facciano «le scelte giuste». Per il 2009, insomma, nessuna speranza.
    L’Europa vede nero anche per conto suo, con la sola Gran Bretagna in attesa di 3 milioni di disoccupati nel prossimo anno. La presidenza francese della Ue ha convocato per stasera a Parigi un Ecofin straordinario per discutere altre misure comuni contro la crisi, nonostante la Commissione Ue abbia dato il via libera proprio ieri al quadro di misure temporanee contro la stretta creditizia, tra le quali «un aiuto forfettario fino a 500 mila euro per le imprese in difficoltà, senza la necessità di dover notificare la decisione all’antitrust europeo» e la Banca Centrale Europea abbia già fatto sapere di avere i margini di manovra per ridurre i tassi d’interesse «sotto il 2%».
    Il problema è che i margini di manovra derivano dal drammatico calo dell’inflazione, scesa di colpo sotto il 2% mentre il commissario agli affari economici Joaquin Almunia avverte che «non è escluso che a giugno-luglio 2009 sia addirittura di segno negativo»: quindi, recessione più deflazione.
    L’Ecofin straordinario, al quale parteciperà l’italiano Giulio Tremonti, potrebbe però essere disertato da importanti ministri, a cominciare dal tedesco Peer Steinbrueck, ufficialmente per impegni precedentemente assunti, il cancelliere dello Scacchiere, Alistair Darling, e il premier lussemburghese e presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker. Tutti, secondo le malelingue, un po’ irritati dai continui allarmi lanciati dalla presidenza francese.
    Tecnicamente giustificati ma a loro avviso evidentemente usati politicamente soprattutto per tirare l’acqua al mulino di Parigi.
    http://2002.ilgiornaledivicenza.it/framepage.html







    ALLARME. La situazione è precipitata dopo l’estate con la chiusura di varie fabbriche: molti non riescono a pagare affitti e bollette e si presentano in contrà Torretti

    La crisi arriva in famiglia
    Mancano denaro e cibo
    di Roberta Bassan

    Undici famigliole in un solo giorno si sono presentate allo sportello Donna-Famiglia della Caritas di via Torretti. Otto di queste, mai viste prima, con il nodo alla gola, raccontavano lo stesso identico problema: perdita del lavoro, impossibilità di pagare affitto, acqua, luce, gas.
    Portafoglio vuoto. Impossibilità di sfamare i figli. Una mamma teneva in braccio un bimbo di pochi anni visibilmente sottopeso.
    DRAMMI. Per la prima volta la coordinatrice dello sportello Luisa Bressan, venerdì scorso, davanti a queste 11 storie sfilate davanti ai suoi occhi si è sentita impotente. Lo ha raccontato lei stessa ieri, accanto a don Giovanni Sandonà, direttore della Caritas diocesana. Non senza accennare ad un’altra storia, passata sotto al suo sguardo abituato ormai a tutto solo un’ora prima quando, allo sportello, si sono presentati due coniugi, vicentinissimi entrambi: 32 anni lui, guardia giurata senza occupazione dopo che la cooperativa per la quale lavorava lo aveva lasciato a casa a causa di un appalto non confermato; 29 anni lei, lavoro saltuario di commessa, ora senza neppure quello e con esigue possibilità di trovare un posto fisso visto il superamento dell’età dell’apprendistato e la penuria di lavoro per una qualifica di operaia. «Due giovani distinti e angosciati, lui così incattivito ci ha dato l’impressione di essere pronto a qualsiasi gesto dettato dalla disperazione. Li abbiamo aiutati con il pagamento delle utenze, ma neppure la Caritas ha tanti fondi». Sempre più situazioni drammatiche, ormai non più relegate alle vicende degli extracomunitari, ma che ormai attanagliano diverse famiglie vicentine, catapultate nel giro di pochi mesi nella disperazione totale.
    EVOLUZIONE. «Non era così solo quattro mesi fa - commenta don Sandonà - prima si verificavano disagi, sopperiti poi dal lavoro garantito dalle agenzie interinali e dalle cooperative. Ora non più». La situazione è scivolata via in modo pesante dopo l’estate: «A settembre c’era la fila in Caritas per chiedere materiale scolastico per i bambini che si apprestavano ad entrare in classe». Poi sempre peggio in concomitanza con la crisi economica, fabbriche chiuse, stipendi ridimensionati, prospettive nere. Chi ha una rete di parenti e amici veri ce la fa in qualche modo. Molti bussano in Caritas, soprattutto chi ha bimbi piccoli. L’associazione fa quello che può, attiva una rete di sostegno coinvolgendo i servizi sociali, si fa carico di alcune situazioni, ma ormai comincia a scarseggiare di tutto, soprattutto di generi per la prima infanzia. E lancia un appello drammatico alla solidarietà.
    DATI. Non senza illustrare i dati che testimoniano la situazione: 400 colloqui in più allo sportello donna-famiglia nel 2008 rispetto al 2007, un centinaio di donne in più che si sono rivolte per chiedere aiuto, un aumento considerevole delle italiane passate dal 24,10% dello scorso anno al 26,2% del 2008. Fra gli stranieri poi, sempre più numerose le famiglie che stanno rimandando a casa moglie e figli «perché di fronte alla crisi non riescono a garantire loro in Italia una vita decente». Tuttavia - segnala la Caritas - sia per le italiane che per le donne straniere, con figli piccoli, si incrementano le convivenze precarie e gli abbandoni causa di solitudine e precarietà economica. Il microcredito ha avuto un aumento del 50% delle richieste. In diminuzione invece la richiesta di aiuto di donne vittime della tratta. Don Sandonà punta il dito contro il provvedimento Carfagna: «Così costringe le prostitute a nascondersi».
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    Notizia dell'ultimo minuto: il petrolio ha raggiunto 33.4$ al barile, un livello che non si vedeva dall'estate del 2003.
    Che succederà ancora?

    Edited by MetS - 19/12/2008, 21:14
     
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  10. claudio5
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    Anche se non è attendibile " in quanto non sono un guru dei mercati " mi permetto di dire la mia oppinone personale per quello che vale : :max:

    Anche in questo caso penso si tratti di speculazione , e dico il mio perchè .

    primo "finanziaria" - i grandi hedge funds stanno continuando a vendere futures sul petrolio per fare cassa , molti stanno smobilizzando investimenti (quelli che riescono a vendere) e i fondi non hanno letteralmente money per far fronte alla marea dei riscatti , già alcuni hedge hanno inviato lettere ai loro clienti paventando un blocco dei riscatti; e visto che questi hanno in pancia molti asset finanziari crollati o invendibili vendono quello che riescono a monetizzare.

    secondo "strategica" visto che tutta l'attenzione è in pratica sull'economia USA che a causa del libertinaggio finanziario è andata in palla , vogliono provocare "gli arabi" che ad un certo punto si arrabbieranno e daranno una drastico blocco all'esportazione di petrolio (visto che è la mia ricchezza perchè devo vendertela a 5 $ al barile) questo probabilmente provocherà uno scenario economico da brivido in quanto se il prezzo schizzerà all'insù con delle economie gia boccheggianti avremo un scenario di iperrrrrinflazione (probabilmente tutte le comodity gli andranno dietro) e a questo punto sarà colpa loro che il mondo va a rotoli . . . . . . . . . . . . e qui mi fermo non voglio pronosticare le strategie del grande di turno per far calare la cresta agli arabi.

    Salutoni e state tutti più buoni

    Edited by MetS - 19/12/2008, 21:22
     
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  11. claudio5
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    NOURIEL ROUBINI
    La Stampa

    Il sistema finanziario del mondo ricco si sta dirigendo verso un crollo. Per la prima volta in settant’anni si è avuto paura di una corsa indiscriminata a ritirare i depositi dalle banche, mentre il sistema bancario «ombra» - agenti, prestatori di mutui non bancari, strumenti strutturati di investimento, hedge funds, fondi monetari di mercato e società di private equity - sta correndo rischi sulle sue passività a breve termine.

    Dal lato dell’economia reale, tutte le economie avanzate - che rappresentano il 55 per cento del Prodotto interno lordo globale - erano entrate in recessione anche prima del pesante shock finanziario iniziato alla fine dell’estate 2008. Di conseguenza, ci troviamo oggi di fronte a una recessione, a una crisi finanziaria severa e a una profonda crisi bancaria nelle economie avanzate.

    A seguire: "Intervista a Nouriel Roubini" (La Repubblica)

    I mercati emergenti hanno inizialmente subito le conseguenze di questa crisi solo quando gli investitori stranieri hanno cominciato a ritirare i loro investimenti. Poi il panico si è diffuso sui mercati di credito, monetari e valutari.

    Evidenziando così la vulnerabilità dei sistemi finanziari di molti Paesi in via di sviluppo e di settori aziendali che, di fronte all’espansione del credito, si sono indebitati a breve e in valute estere.

    I più fragili sono stati i Paesi con un grande deficit di conto corrente e/o con un grande deficit fiscale e con forti debiti in valute estere a breve termine. Ma anche quelli con la migliore performance - come Brasile, Russia, India e Cina - sono adesso a rischio di un atterraggio brusco. Molti mercati emergenti stanno quindi rischiando una grave crisi finanziaria.

    La crisi è stata causata dalla più grande bolla finanziaria e creditizia della storia, causata da un uso estremo della leva finanziaria. L’utilizzo della leva finanziaria e le bolle speculative non si sono limitati al mercato immobiliare americano, ma hanno caratterizzato il mercato immobiliare anche di altri Paesi. Inoltre, al di là del mercato immobiliare, in molti sistemi economici vi è stata un’eccessiva concessione di prestiti da parte di istituzioni finanziarie e di alcuni settori di impresa e della pubblica amministrazione. Il risultato è che ora stanno esplodendo contemporaneamente una bolla immobiliare, una bolla dei mutui ipotecari, una bolla del mercato azionario e obbligazionario, una bolla del credito, una bolla delle materie prime, una bolla del private equity e degli hedge fund.

    L’illusione che la contrazione economica negli Stati Uniti e nelle altre economie avanzate sarebbe stata profonda ma breve - una recessione cioè di sei mesi a V - è stata sostituita dalla certezza che la crisi sarebbe stata una lunga e protratta recessione a U, che può durare almeno due anni negli Stati Uniti e si avvicina ai due anni in gran parte dei Paesi nel resto del mondo. In più, dato il rischio crescente di un collasso del sistema finanziario globale, non si può neppure escludere la prospettiva di una recessione a forma di L della durata di una decina d’anni: come quella vissuta dal Giappone dopo il collasso della sua bolla immobiliare e azionaria.

    Nouriel Roubini (Docente di Economia presso la New York University e presidente di RGE Monitor)
    Fonte: www.lastampa.it/
     
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  12. claudio5
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    WALL ST. GIU', TIMORI SU DETERIORAMENTO ECONOMIA
    di WSI

    Operatori sulla difensiva dopo la perdita di oltre mezzo milione di posti di lavoro a dicembre. Operatori pessimisti. Paulson: "la ripresa sara' difficile". Greggio -12% in settimana. L'euro scivola a $1.3430.

    Gli indici americani hanno archiviato la seduta in ribasso in seguito alla diffusione dell’ultimo rapporto occupazionale che ha segnalato un deterioramento delle condizioni del mercato del lavoro ed un inasprimento della fase di recessione. Il Dow Jones ha ceduto l'1.64% a 8599, l’S&P500 il 2.13% a 890, il Nasdaq ha riportato una perdita del 2.81% a 1571. In settimana l'indice industriale ha riportato una perdita del 4.8%, l'S&P500 ha ceduto il 4.5%, -3.7% per il listino hi-tech.
    Gli operatori hanno preferito rimanere sulla difensiva in vista del weekend, sempre meno propensi ad assumere nuove posizioni sull’azionario, in un periodo che resta particolarmente debole per l’economia a stelle e strisce. Nell’ultimo mese gli Usa hanno assistito all’eliminazione di oltre mezzo milioni di posti di lavoro, dopo i 584 mila persi nel mese di novembre, e ad un balzo del tasso di disoccupazione ai massimi degli ultimi 16 anni. Nel 2008 il mercato del lavoro ha registrato il maggior numero di licenziamenti in oltre 60 anni, dai tempi della Seconda Guerra Mondiale.

    Molti analisti restano purtroppo pessimisti sull’outlook economico. Bill Gross, manager di Pimco, ritiene che prima di una ripresa economica gli Stati Uniti vedranno svanire ancora diversi milioni di posti. Allarmista anche Rob Carnell, economista di ING: "Tra qualche tempo le perdite di posti di lavoro supereranno la soglia di un milione su base mensile". Michael Mullaney, money manager di Fiduciary Trust ha affermato: "Siamo nel pieno della recessione e gli utili continuano a diminuire. Nessuno ha intenzione di mantenere posizioni sull’azionario in vista del weekend". Lo stesso Paulson, segretario al Tesoro Usa uscente, ha affermato che la ripresa sara’ difficile e che l’America ha ancora davanti a se’ sfide significative.

    Nel comparto energetico, debole la blue chip Chevron a causa dell’allarme lanciato sugli utili. In rosso anche la "sorella" Exxon Mobil. Il greggio ha chiuso in ribasso per la quarta seduta consecutiva, scivolato al di sotto della soglia psicologica dei $40 durante le contrattazioni. I futures con consegna febbraio hanno chiuso la seduta con un ribasso di $0.81 a $40.83 al barile. Negativa la performance settimanale pari ad un ribasso del 12%.

    Alcune pressioni hanno interessato nuovamente il comparto retail dopo le deludenti vendite al dettaglio riportate durante la stagione delle festivita’ natalizie. Stando alle stime dell’International Council of Shopping, il dato ha registrato una contrazione del 2.2% nell’ultimo mese, la peggiore da decenni. L’indice settoriale RTH ha ceduto il 2.80%.

    Tra gli altri titoli, la societa’ di abbigliamento Coach ha risentito (-13.35%) del profit warning lanciato a causa del limitato traffico dei consumatori. Sospese le contrattazioni su Satyam Computer Services, il gigante indiano specializzato in software alle prese con la cancellazione dei contratti per ordine di numerosi clienti, dopo la mega truffa da $1 miliardo.

    In controtendenza il colosso media online Yahoo!: il Wall Street Journal scrive che la societa’ nominera’ presto il nuovo CEO dopo l’uscita di scena di Yang alla fine dello scorso anno. Tra i favoriti c’e’ Carol Bartz, ex di Autodesk. L’azione avanza dell'1.15% al momento. Bene anche la societa' di servizi per il settore scolastico Apollo Group, forte degli ultimi numeri trimestrali.

    Sugli altri mercati, sul valutario, in ribasso l’euro nei confronti del dollaro. Nel tardo pomeriggio di venerdi' a New York il cambio tra le due valute e’ di 1.3430. Invariato l’oro: i futures con consegna febbraio sul metallo prezioso hanno guadagnato $0.50 a $855.00 l’oncia. In progresso i Titoli di Stato Usa. Il rendimento sul Treasury a 10 anni e’ sceso al 2.4070% dal 2.4450% di giovedi'.

    fonte wsi
     
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  13. claudio5
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    IN CERCA DI BUONE NOTIZIE? SPIACENTI, NON CE NE SONOdi Giuseppe Turani

    C´è voluto un po´ di tempo, ma si comincia a capire che questa crisi (anche se non avrà le dimensioni catastrofiche di quella del 1929) rischia di fare moltissimi danni. Alcuni dei quali forse irreparabili, e sui quali varrebbe la pena, un giorno, di riflettere. Abbiamo appena visto che l´intera industria mondiale dell´auto (che contava le maggiori aziende del pianeta, giganti grandi come Stati) è in ginocchio. Abbiamo visto i maghi della giapponese Toyota (campioni e inventori del "nuovo modo" di produrre auto) diventare primi nel mondo, superando la "storica" General Motors, per finire poi in crisi nel giro di poche settimane.
    Tra i vari imputati sul banco di questo periodo di grande ripensamento ci sono le banche di tutto il mondo per i sub-prime, le cartolarizzazioni, i veicoli fuori bilancio e tanta altre cose. Ma ci stiamo accorgendo che non sono i soli colpevoli per quanto sta accadendo. C´è un altro aspetto del problema che sta emergendo con grande chiarezza: quello delle operazioni a forte leva finanziaria (insomma, fatte con i debiti e i soldi delle banche). Per limitarsi al nostro paese, si pensi al caso Ferretti (uno dei tanti, purtroppo), tuttora vanto dell´industria italiana nel mondo del lusso, che ci ha consentito di esportare prodotti di fascia altissima, di quegli oggetti del desiderio (grandi e bellissimi yacht) che sembravano costituire un filone che poteva non dover finire mai.

    Oggi questa è un´azienda che ha difficoltà con i fornitori. E c´è da sperare che tutto vada a posto con i dipendenti e che non sorgano problemi anche su quel fronte. Ma cosa è successo? Molto semplice: troppi debiti già alla partenza. La società infatti è stata pagata circa due miliardi di euro che i soci hanno diviso in poco più di 300 milioni di euro di capitale ed il resto di debiti. In realtà una parte di questi debiti, 400 milioni, venivano degli stessi soci, per cui in un certo senso era come se fosse capitale.

    Oggi tutto ciò, è in pericolo. Il debito vero, quello concesso dalle banche, era di circa 1,3 miliardi, quasi il doppio del fatturato. Una cosa assurda perché non si capisce in quanti anni sarebbe stato - almeno in teoria - ripagato. Oggi tranches di quel debito sono offerte in vendita con sconti che toccano il 75/80 per cento del valore facciale. E nessuno le vuole perché i tempi sono comunque difficili. Gli amministratori tremano, i sindaci sono molto preoccupati, ma soprattutto le banche stanno facendo un "mea culpa" sulle modalità di concessione del credito degli scorsi anni. Cosa succederà della società è cosa che dipende dalla disponibilità dei soci di mettere mano - ex post - a quel portafoglio che non hanno voluto utilizzare all´atto dell´acquisizione.

    Però la questione e' complicata perché i soci sono - essenzialmente - quei famosi fondi di private equity che non hanno alcun dovere verso le società nelle quali hanno investito. In teoria potrebbero fare spallucce e dire che si sono sbagliati, o che sono stati sfortunati e lasciar andare tutto alla rovina. O lasciare andare la società nelle mani di chi potrebbe essere disposto a raccogliere ciò che è rimasto. Se lo si trova.

    Negli Stati Uniti, mesi fa, il gruppo Carlyle ha lasciato fallire un fondo che aveva accumulato 16 miliardi di dollari di debiti senza fare una piega. Ma se anche le aziende simbolo di quest´Italia eccellente, esportatrice vengono travolte dai debiti di cui le hanno caricate finanzieri e banche senza scrupoli, cosa resterà di sano? La sola classica azienda meccanica di Reggio Emilia con l´imprenditore che si alza alle cinque del mattino e riesce ad esportare in tutto il mondo? O quel poco di made in Italy che è riuscito a passare indenne attraverso la furia distruttrice del private equity?

    In questi giorni si sente dire che anche altre aziende del nostro made in Italy avrebbero problemi di eccesso di debito dovuto ad acquisizioni troppo aggressive. Possibile che ci sia stato un filone cosi grande e violento di finanziamenti disinvolti da rischiare di travolgere società di questo livello e marchi rinomati ovunque? Speriamo di no. Però la distruzione di valore a cui si sta assistendo è enorme e se anche in Borsa i crolli sono mediamente del 50/60 per cento, nella finanza più sofisticata molti hedge funds hanno perso più del 90 per cento ed il capitale di una parte di questo genere di private equity sembra interamente perduto. Per eccesso di ingordigia di chi lo ha gestito e per eccesso di faciloneria di chi lo ha finanziato.

    Commissioni e parcelle di decine di milioni di euro hanno ruotato attorno a questo mondo fino a poche settimane fa, e anche grandi di professionisti hanno consentito e avallato questa enorme distruzione di valore. Ma, soprattutto, sta accadendo che si rischia di perdere alcune aziende del made in Italy. Dopo la crisi, cioè, potremmo essere più poveri non solo nel portafoglio, ma anche nella dotazione "glamour" del paese. Insomma, più poveri e meno invidiati per tutto "il bello" che in questi anni le nostre aziende sono riuscite a esprimere.

    Tratto da wsi
     
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  14. claudio5
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    Per il momento molti se la passano peggio di noi

    La classifica dei calo della produzione industriale rispetto ad un anno fa (gennaio 2009 contro gennaio 2008)

    Taiwan (-43%),
    Ukraine (-34%),
    Japan (-30%),
    Singapore (-29%),
    Hungary (-23%),
    Sweden (-20%),
    Korea (-19%),
    Turkey (-18%),
    Russia (-16%),
    Spain (-15%),
    Poland (-15%),
    Brazil (-15%),
    Italy (-14%),
    Germany (-12%),
    France (-11%),
    US (-10%)
    Britain (-9%)
    Norway (+4%)



    PS. Io posto per informazione poche info tratte dal web (quelle che ritengo possano far riflettere) , ma se qualcuno crede che nell'attuale situazione :cry: possa diventare troppo deprimente , . . . . . . . . . . .

    Saluti Claudio
     
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  15. claudio5
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    Questo lo posto per Sergio , per chiedere se visto che bazzica da quelle parti quello che scrice il TIMES è in parte vero .

    Sergio te lo copio in inglese visto che lo parli perchè il traduttore automatico farebbe una vagonata di errori .

    Driven down by debt, Dubai expats give new meaning to long-stay car park
    For many expatriate workers in Dubai it was the ultimate symbol of their tax-free wealth: a luxurious car that few could have afforded on the money they earned at home.

    Now, faced with crippling debts as a result of their high living and Dubai’s fading fortunes, many expatriates are abandoning their cars at the airport and fleeing home rather than risk jail for defaulting on loans.

    Police have found more than 3,000 cars outside Dubai’s international airport in recent months. Most of the cars – four-wheel drives, saloons and “a few” Mercedes – had keys left in the ignition.

    Some had used-to-the-limit credit cards in the glove box. Others had notes of apology attached to the windscreen.

    “Every day we find more and more cars,” said one senior airport security official, who did not want to be named. “Christmas was the worst – we found more than two dozen on a single day.”

    When the market collapsed and the emirate’s once-booming economy started to slow down, many expatriates were left owning several homes and unable to pay the mortgages without credit.

    “There were a lot of people living the high life, investing in real estate and a lifestyle they couldn’t afford,” one senior banker said.

    Under Sharia, which prevails in Dubai, the punishment for defaulting on a debt is severe. Bouncing a check, for example, is punishable with jail. Those who flee the emirate are known as skips.

    The abandoned cars underscore a worrying trend. Five years ago the Emir, Sheikh Mohammed bin Rashid Al Maktoum, embarked on an ambitious plan to transform Dubai into a hub for business and tourism. A building boom fuelled double-digit growth, with thousands of Westerners arriving every day, eager to cash in on the emirate’s promise of easy living and wealth.

    Many Westerners invested in Dubai’s skyrocketing real estate market, buying and reselling homes before building was even complete. But, as the recession took effect, property and financial companies made thousands of workers redundant and banks tightened lending. Construction companies have delayed or cancelled projects and tourism is slowing.

    -------------------------------------------------------
    Peccato io ero rimasto affascinato di come la città pullulava di lavoro e di crescita , e mia moglie mi diceva sempre andiamo a vivere a DUBAI

    Ciao Sergio , buon ritorno al lavoro , sono curioso dimmi che voci corrono la

    Saluti Claudio
     
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51 replies since 12/12/2008, 11:09   1993 views
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