AMBIENTE NEI NUOVI SCENARI ENERGETICI

per non dimenticare da dove veniamo.

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    La realtà che circonda i nuovi scenari energetici è molto complessa e si muove su piani temporali diversi, con associazioni e operatori che sono concentrati sul breve periodo, e altri sul medio o lunghissimo periodo. Questo comporta alcune difficoltà di comunicazione, dovuta a una babele di linguaggi: si va dal linguaggio tecnico-scientifico, al linguaggio quasi visionario, a un linguaggio molto più ancorato ai dati della realtà attuale. Anche i ruoli in gioco sono diversi: dall’operatore tecnico-scientifico a quello economico, ai cittadini, alle istituzioni. Ci sono forti contrapposizioni che percorrono il mondo dell’energia, tra un mondo che si orienta soprattutto verso il risparmio energetico e un altro che guarda con più attenzione alla produzione energetica; tra un mondo che è abituato a considerare la pianificazione della produzione dell’energia delle centrali come una pianificazione centrale, calata dall’alto sul territorio, e un mondo che cerca di dar vita a una pianificazione partecipata, o quanto meno che tenta di mettere in rapporto l’elemento centrale con quello locale. E poi ci sono realtà che spingono verso scenari futuri molto innovati, che dunque spingono e sperano in un potenziamento della ricerca scientifica e nell’incentivazione del suo finanziamento in Italia, e altre realtà che invece non sentono questa spinta in maniera così forte.

    Quali saranno i nuovi scenari energetici? Il rapporto con il territorio e l’ambiente ha storicamente condizionato la politica energetica italiana. Il fallimento del progetto nucleare in Italia ha origine a metà degli anni ’70, soprattutto con la difficoltà di localizzare le centrali atomiche sul territorio. E’ stato però proprio il rifiuto del nucleare a dare impeto allo sviluppo di fonti e modalità di generazione elettrica alternative. L’ultimo programma energetico del 1987 ha dato seguito a una serie di provvedimenti determinanti per lo scenario energetico degli anni ’90: la Legge 10/91 e soprattutto la Legge 9/91, che toglieva il limite di 3 MegaWatt sugli impianti di generazione da fonti rinnovabili e di cogenerazione esclusi dalla riserva dell’ENEL e imponeva l’accesso obbligato alla rete di trasporto di SNAM per i produttori nazionali di gas naturale. È soprattutto il provvedimento CIP 6, che rappresenta l’attuazione della Legge n. 9/91, a introdurre il principio del costo evitato e ad avviare il nuovo scenario energetico. Tutto questo ha origine dal rapporto con il territorio, che comunque non è l’unico determinante. Questi e altri provvedimenti non solo avviarono nel tempo un incremento di capacità di generazione, purtroppo non tanto a base di rinnovabili quanto a base di gas naturale, ma prepararono il terreno per il processo di liberalizzazione dei mercati elettrici e del gas, in forte anticipo rispetto all’attuazione delle direttive europee. Senza esserne consapevole, l’Italia ha infatti avviato la liberalizzazione dei mercati elettrici e del gas praticamente un decennio prima delle direttive europee. Il processo di liberalizzazione e di sviluppo della concorrenza nel settore energetico europeo nasce dalla necessità di migliorare la competitività dei prodotti e dei servizi, non in risposta a problemi di equilibrio tra domanda e offerta di energia, che la maggior parte dei paesi europei non avevano. In Italia la privatizzazione delle industrie energetiche statali, oltre ad abbattere il debito pubblico, doveva accelerare il miglioramento dell’efficienza, la riduzione dei costi e dei prezzi di mercato; tuttavia per evitare di passare da monopoli pubblici a monopoli privati, era essenziale anticipare o almeno accompagnare i processi di privatizzazione con interventi di liberalizzazione del mercato. È in questo contesto che nasce l’esigenza di una regolazione dei mercati indipendenti sia dalle imprese che dallo Stato: questa è l’origine dell’Autorità per l’energia elettrica e del gas. Infatti, anche nei mercati liberalizzati, i governi possono difficilmente funzionare come arbitri imparziali se mantengono la proprietà e il controllo delle imprese. In un contesto privatizzato, subiscono le pressioni delle lobby industriali e degli elettori. Pertanto nasce la necessità di istituire organi di supervisione dei mercati indipendenti dai poteri politici, oltre che dalle industrie. Per quanto riguarda le direttive europee, che praticamente sono alla base del processo di liberalizzazione che stiamo attualmente vivendo, si dice solo che il breve tempo dall’avvio alla liberalizzazione e le forti variazioni intervenute nel prezzo del petrolio non permettono di valutare l’effetto sui prezzi dell’energia. Tuttavia, dall’esperienza dei paesi che hanno avviato il processo da più tempo, come il Regno Unito e i paesi scandinavi soprattutto, risulta che la concorrenza, quando opportunamente regolata, può portare a forti riduzioni del prezzo dell’energia. Ci sono poi le azioni di sostegno allo sviluppo delle fonti rinnovabili: il libro Bianco sullo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile è stato pubblicato dalla Commissione europea nel 1997 e nel 2001 è stata promulgata come parte integrante della strategia la direttiva sulla promozione della generazione di elettricità da fonti rinnovabili.
    La maggior parte dei paesi ha avviato processi di promozione basati prevalentemente su uno dei cinque meccanismi:
    • incentivazione degli investimenti;
    • prezzi garantiti;
    • obblighi di fornitura;
    • certificazione di origine;
    • tassazione differenziata delle fonti non rinnovabili.
    Gli sviluppi di maggiore importanza in Italia sono stati avviati con l’attuazione delle direttive europee, in particolare con il D.lgs 79/99, che ha liberalizzato l’energia elettrica. Le principali opere che dovrebbero stimolare l’energia rinnovabile, la cogenerazione e il risparmio sono le seguenti:
    • dispacciamento prioritario di energia elettrica prodotta da fonte rinnovabile e dalla cogenerazione con l’avvio della borsa elettrica;
    • l’obbligo di immissione nel sistema elettrico di una quota di energia rinnovabile non inferiore al 2% dell’energia di origine convenzionale, prodotta o importata nell’anno precedente in misura superiore ai 100 GigaWatt/h. È esclusa dall’obbligo la cogenerazione. L’obbligo del 2% può essere assolto acquistando l’equivalente quota dei Certificati verdi da altri produttori o dal gestore della rete nazionale. Questa è un’innovazione importantissima rispetto ai precedenti sistemi basati sui prezzi garantiti.
    • Anche la definizione di cogenerazione è stata migliorata da una deliberazione che incentiva l’utilizzo del calore: prima, con il sistema del CIP6, la maggior parte della generazione era elettrica, con poco calore.
    • Il Decreto del 24 aprile 2001 stabilisce la riduzione dei consumi di energia, che deve essere ottenuta nel periodo 2002-2006 dai distributori, con oltre 100.000 clienti finali. L’Autorità sta definendo le regole e le condizioni per l’applicazione del decreto, ma la questione non è semplice, perché il 50 % della riduzione dei consumi deve risultare da interventi esterni al settore elettrico e del gas, cioè trasporti o altro, con conseguenze per gli interventi sul territorio.
    • Infine c’è il tema della devoluzione in materia energetica, che in realtà è in atto da qualche decennio. Il nuovo testo dell’articolo 117 della Costituzione, con il riferimento alle competenze concorrenti, richiede forse ulteriori precisazioni: il DDL Marzano mira a servirsi delle competenze esclusive riservate allo Stato; lo stesso articolo 117 assegna allo Stato la tutela dell’ambiente, della concorrenza e della sicurezza.
    Si vedra' in seguito come la sovrapposizione delle competenze verrà risolta: è soprattutto da questo che dipende il futuro scenario energetico dell’Italia.

    Energia, ambiente e territorio sono tre elementi legati indissolubilmente da opportunità e vincoli, tre fattori che si influenzano a vicenda nello sviluppo di un rapporto reciproco che nessuno ormai può ignorare. Vanno rilette le questioni energetiche nell’ottica della sostenibilità e dell’impatto sul territorio, che è una necessità ormai non solo dei cittadini e dei consumatori, ma un preciso riferimento per i produttori di energia elettrica.
    Cos’è la sostenibilità?
    Se ne parla molto, in modi che rivelano una molteplicità di punti di vista. L’accento va posto sul concetto di integrazione: integrazione tra economia, ambiente e società, nell’obiettivo comune dello sviluppo, della crescita e della creazione di un benessere più diffuso. Proprio partendo da questa impostazione bisogna porsi di fronte alle problematiche ambientali e territoriali con un duplice atteggiamento: realismo e disponibilità. Realismo per non cadere in entusiasmi facili e frustranti e per rilevare attentamente gli elementi di criticità da affrontare e superare. Disponibilità per rispondere attivamente alle necessità di un cambiamento che coinvolge l’intera società. Le imprese elettriche hanno cercato di dimostrare, ma senza grande impegno, di essere attente alle problematiche ambientali e con i loro interventi solo nell’ultimo decennio hanno parzialmente contribuito a una riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera pari a circa 23 milioni di tonnellate l’anno ma non e' abbastanza. Le riflessioni restano aperte su questo punto, alla ricerca di un giusto e possibile equilibrio tra le esigenze energetiche e una salvaguardia di ambiente e territorio sempre migliore, alla ricerca delle soluzioni più appropriate per assicurare al paese l’energia elettrica di cui ha bisogno alle migliori condizioni economiche, di affidabilità e di sostenibilità ambientale anche se, purtroppo, troppo spesso assistiamo ad autentici diktat delle autorita' preposte per assumere posizioni di vantaggio, quasi di monopolio di alcuni nei confronti di altri. Sarebbero altresi necessarie regole certe, chiare e coerenti. Lo scenario energetico è in rapida evoluzione, ma gli elementi di incertezza sono tanti tra spinte al rinnovamento e rigurgiti di conservazione. Il processo di liberalizzazione deve proseguire correttamente a tutti i livelli sia per quanto riguarda il comparto elettrico, sia per quanto riguarda chiarezza degli operatori nei confronti degli utenti finali che sono sempre l'anello piu' debole di una catena che incomincia a mostrare i segni di affaticamento del tempo. Questo potra' consentire una maggiore competizione e l’ulteriore apertura del mercato, senza la quale i traguardi finora raggiunti potrebbero in breve essere vanificati. Solo il pieno compimento di questo processo consentirà l’avvio di nuovi investimenti e, quindi, un più ampio rinnovamento delle tecnologie produttive di energia con il conseguente raggiungimento di una maggiore efficienza degli impianti, e un minor costo dell’energia ai consumatori. Senza dimenticare la indispensabile riduzione delle emissioni di anidride carbonica, che evidentemente richiede investimenti finanziari duraturi.
    Anche se non da sottovalutare i costi che lo sforzo di riduzione delle emissioni di anidride carbonica comporterà per l’attuazione del Protocollo di Kyoto non aumenteranno proporzionalmente come paventano gli addetti del settore produzione energia perche' possono tranquillamente rientrare negli adeguamenti tecnologici che la scienza richiede con cadenza quasi annuale.
    Un primo importante appuntamento sarà rappresentato, da questo punto di vista, dal programma nazionale di riduzione delle emissioni dei gas serra. Gli interventi necessari all’adempimento degli obblighi assunti con il Protocollo di Kyoto. La previsione di evoluzione e' notevolmente ambiziosa e si ritiene che gli obiettivi di riduzione delle emissioni stabiliti non tengano adeguatamente conto dei problemi da affrontare. I limiti si vedono gia' adesso costringendo le nostre industrie ad acquistare all'estero i famosi Certificati verdi con conseguente degrado ambientale a scapito dei cittadini italiani.
    Nell’ottica di un corretto rapporto tra energia, ambiente e territorio, va anche sottolineato il grande vantaggio della generazione distribuita in termini di minori perdite di energia sulla rete, oltre che di maggiore efficienza e risparmio energetico. Pertanto il contributo della generazione distribuita alla copertura della domanda vada incrementato, predisponendo le necessarie modifiche alle reti, presupposto indispensabile per favorire anche una maggiore diffusione delle fonti rinnovabili e della cogenerazione.
    Ci sono molteplici osservazioni da fare anche sulle fonti rinnovabili. La direttiva europea recepita nel 2002 anche in Italia, prevede per il 2010 il conseguimento di un incremento del 40% circa del contributo delle fonti rinnovabili. L’obiettivo, anche questo ambizioso, può essere raggiunto, ma solo a certe condizioni, vista l’attuale mancanza di competitività delle fonti rinnovabili rispetto a quelle tradizionali:
    • Lo sviluppo delle fonti rinnovabili deve essere inserito in un contesto coerente di rinnovo del parco elettrico nazionale;
    • Vanno considerate attentamente le differenze di costo delle diverse tipologie impiantistiche e la discontinuità nella disponibilità di alcune fonti (per esempio il sole e il vento, per cui servono soluzioni adeguate a garantire in ogni istante una disponibilità di potenza sulle reti, in linea con la prevedibile richiesta di energia elettrica);
    • Le contraddizioni e gli ostacoli burocratici, che stanno ritardando se non impedendo la realizzazione di nuovi impianti a fonti rinnovabili, vanno affrontati e superati: da una parte si continua a sostenere l’esigenza di un maggior apporto delle fonti rinnovabili, dall’altra, come sta avvenendo per l’eolico, si contraddicono tali enunciazioni con prese di posizione ostruzionistiche alquanto discutibili.
    Il rapporto con il territorio assumerà un’importanza crescente: ogni insediamento, sia esso un insediamento industriale o elettrico, determina inevitabilmente un impatto sul territorio stesso. Molto spesso però vengono enfatizzati gli aspetti negativi derivanti da questo aspetto e non si mettono in rilievo le ricadute positive, non solo economiche e occupazionali, sia per le comunità locali sia per la collettività nazionale. Ci si augura che possa rafforzarsi ulteriormente il dialogo che è stato avviato con le amministrazioni e le comunità locali, al fine di ricercare le migliori soluzioni per la realizzazione di tutti gli impianti che fino a ora stanno avendo degli ostacoli.

    Un’ultima considerazione riguarda la cogenerazione: la cogenerazione unisce in un unico impianto la produzione di energia elettrica e di calore, sfruttando in modo ottimale il potenziale energetico dei combustibili. Gli obiettivi raggiungibili sono evidenti: una migliore efficienza energetica, un utilizzo delle risorse più corretto, una salvaguardia dell’ambiente più efficace.
     
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  2. hubble81
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    ciao mets ho una domanda da porre. I sistemi Cogenerativi, di cui hai parlato sopra, se confrontati con sistemi tradizionali per la produzione del fabbisogno energetico presentano notevoli risparmi in termini di fabbisogno energetico........sono daccordo con l' incentivazione di questi sistemi ma....c'è un ma.... a livello locale che impatto ambientale presentano? di questo penso se ne parli poco, oppure nn mi sono informato abbastanza!!!! tu/voi cosa ne pensi/ate?

    ciao e buon natale a tutti!!!!
     
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    I sistemi a cogenerazione permettono prevalentemente dei risparmi di risorse, spesso olio combustibile, gasolio o gas.
    Tutti gli altri parametri restano invariati e sara' cura del produttore semmai realizzare un prodotto a scarso o ridotto impatto ambientale.
    Le grandi centrali in cogenerazione si fanno tuttora ma senza sostanziali riduzioni delle emissioni effetto serra.
    Ciao e Buon Natale anche a te!

    MetS
     
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  4. viky69
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    Il post di apertura è veramente lodevole.
    Complimenti MetS! quoto al 100%.
     
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3 replies since 7/11/2007, 17:14   243 views
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