Aspetti energetico ambientali dei biocarburanti

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  1. francesco1966
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    Vorrei iniziare questa discussione riportando le considerazioni fatte dal CTI:


    Perché un prodotto sia definito "buono" dal punto di vista ambientale non è sufficiente che il suo utilizzo non crei inquinamento o ne crei in misura minore rispetto ad altri, ma è necessario che anche il suo processo produttivo non comporti impatti sull'ambiente.

    Si vogliono analizzare tutti gli aspetti relativi alla filiera produttiva dei biocombustibili liquidi, a partire dall'attività agricola di produzione dei semi per arrivare poi alle tecniche di estrazione e lavorazione dell'olio e infine alle metodologie di produzione del biodiesel. Si valuteranno gli aspetti che possono in qualche maniera influenzare l'ambiente, sia per quanto riguarda il consumo di risorse fossili (non rinnovabili) sia per quanto riguarda l'emissione di sostanze inquinanti.

    Nello specifico, per poter affermare che il biodiesel è più o meno inquinante di altri combustibili, è necessario studiare il suo intero ciclo di vita.

    Nel corso di vari studi e attività di ricerca il Comitato Termotecnico Italiano ha affrontato più volte l'analisi del ciclo di vita del biodiesel e di altri biocombustibili, inoltre, a livello internazionale esistono numerosissimi studi che consentono di avere un quadro abbastanza preciso sull'argomento.

    Nelle pagine seguenti vengono riproposti per la maggior parte i risultati di uno studio eseguito dal CTI nell'ambito del progetto Biofit (Fair-CT98-3832) e sono trattati gli aspetti energetico-ambientali generali derivati dell'analisi del ciclo di vita delle seguenti fasi della catena del biodiesel:

    *
    produzione di oleaginose

    *
    produzione di olio e biodiesel

    * utilizzo del biodiesel

    I risultati finali dello studio sono poi riassunti in un bilancio generale finale che coinvolge anche il gasolio, di cui il biodiesel rappresenta un valido sostituto.

    L'impatto che il biocombustibile ha come sorgente di gas serra (effetto serra)), è stato analizzato a parte, in una sezione dedicata, in quanto si tratta di un problema focale in ogni discussione ambientale.

    Vengono approfonditi inoltre aspetti quali la biodegradabilità e gli aspetti tossicologici del biodiesel, che non sembrano avere sufficiente diffusione.

    Nello specifico, sono stati raccolti, per ogni fase produttiva, dati bibliografici relativi al consumo di risorse energetiche, mezzi, infrastrutture e alle emissioni dei principali inquinanti in funzione del loro effetto sull'ambiente e/o sull'uomo:


    image


    I risultati dello studio sono basati su particolari assunzioni di partenza, comuni a tutti i partecipanti al progetto, che possono modificare in modo più o meno rilevante i valori finali rispetto ad altri studi similari.

    Lo studio è stata effettuato impostando una vera e propria Analisi del Ciclo di Vita o Life Cycle Analysis (di seguito brevemente descritto) secondo le regole fissate dagli standard della serie UNI EN ISO 14040.

    Life Cycle Analysis - LCA

    Come è ormai noto a tutti coloro che si occupano di tematiche ambientali, l'analisi del ciclo di vita (identificata in genere con l'acronimo LCA - Life Cycle Analysis) è un nuovo potente strumento di analisi ambientale e di supporto alle scelte e decisioni nel campo della pianificazione e delle politiche ambientali.
    Secondo la definizione, la LCA è una tecnica per la valutazione, attraverso l'analisi dell'intero ciclo di vita (dalla culla alla tomba), degli aspetti energetico-ambientali e dei potenziali impatti associati con un prodotto, un processo, un'attività.
    Detta valutazione comprende quindi la quantificazione degli impatti lungo tutta la catena, dall'estrazione ed il trattamento delle materie prime, alla fabbricazione, al trasporto, alla distribuzione, all'uso, al ri-uso, al riciclo, allo smaltimento finale.

    Tale valutazione avviene tramite :

    1. la definizione degli scopi, dell'unità funzionale e dei limiti/confini del sistema da analizzare
    2. la redazione di un inventario (inventory) dei più significativi "input" ed "output" del sistema;
    3. la misura degli impatti ambientali associati con tali "input" ed "output";
    4. l'interpretazione dei risultati dell'inventory e delle fasi di impatto in relazione agli obiettivi dello studio.

    Nonostante possa apparire banale, il primo punto è di fondamentale importanza in quanto lo scopo dello studio e i confini temporali, geografici e tecnici del sistema analizzato, se ben individuati, consentono di non disperdere energie e risorse e di arrivare al risultato finale nel modo ottimale. In questa fase vengono definiti, mediante assunzioni dettate dall'esperienza e/o dallo scopo ultimo del lavoro, tutti quegli elementi che concorrono all'individuazione del sistema da studiare. Viene inoltre definita l'unità funzionale a cui fare riferimento: essa non è altro che l'unità base da utilizzare in tutte le fasi successive per la conversione dei valori in un'unica unità.

    Il secondo punto costituisce la fase più dispendiosa dell'intero studio in termini di tempo, in quanto comporta la suddivisione del sistema considerato in tante "unità di processo" quante sono le differenti fasi della catena studiata e l'individuazione, per ognuna di queste unità, degli input (risorse energetiche, materiali, mezzi, ecc.) e degli output (prodotti, residui, rifiuti, sottoprodotti, emissioni, ecc) in modo da pareggiare tutti i bilanci di massa e di energia dell'intero sistema.

    Una volta individuati tutti gli elementi del sistema e raccolti i dati corrispondenti si passa alla loro elaborazione ed aggregazione in modo da poter misurare gli impatti ambientali: effetto serra, acidificazione, eutrofizzazione, effetto sulla fascia di ozono, ecc.

    La fase conclusiva dell'analisi è quella dell'interpretazione dei risultati e degli impatti. E' questo un passo molto delicato, nel quale si palesa la bontà o meno delle scelte iniziali (impostazione del sistema e dei suoi confini e individuazione degli scopi).

     
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  2. francesco1966
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    Aspetti ambientali nella coltivazione delle colture oleaginose

    (tratto dal sito del CTI).

    Considerata la grande quantità di specie oleginose è ovviamente impossibile effettuare uno studio particolareggiato di tutte le catene produttive; in questa sede sono quindi descritte solo le specie ritenute più interessanti sia perché maggiormente diffuse sul territorio nazionale, sia perché, proprio grazie alla loro diffusione tra le varie colture oleaginose, è stato più facile reperire i dati.

    Le catene agricole, così come descritte in altra parte del sito (colza, girasole), sono state suddivise in unità di processo:

    * Produzione di semi: comprende tutte le operazioni necessarie per la produzione del seme; è importante in quanto rappresenta l'impatto che l'utilizzo della semente ha sull'intera filiera. Normalmente viene calcolata partendo dalla filiera studiata senza considerare l'utilizzo della semente; tale sistema è poi soggetto ad aggiustamenti progressivi mediante operazioni di ricalcolo.
    * Lavorazioni del terreno: comprende tutte le lavorazioni preparatorie del terreno prima della semina, escludendo i trattamenti chimici.
    * Semina: comprende esclusivamente le operazioni di semina escludendo i trattamenti chimici.
    * Fertilizzazione: comprende le operazioni di fertilizzazione includendo la produzione dei fertilizzanti utilizzati.
    * Trattamenti chimici: comprende le operazioni di trattamento chimico della coltura includendo la produzione dei composti utilizzati.
    * Raccolta: comprende le operazioni di raccolta senza il trasporto.
    * Trasporto in azienda (1): comprende le operazioni di trasporto mediante trattore e carro dal campo all'azienda.
    * Stoccaggio: comprende le operazioni di immagazzinamento in azienda e i relativi fabbricati.

    e per ognuna di esse sono stati analizzati:

    image

    La stessa metodologia è stata applicata anche alle fasi successive della produzione di olio e biodiesel e utilizzo finale del biocombustibile.

    Aspetti Energetici

    L'analisi energetica delle filiere agricole del biodiesel è schematizzata nelle seguenti tabelle:

    image

    I dati riportati nelle tabelle sono valori medi ottenuti elaborando le informazioni raccolte dai partecipanti al progetto Biofit e riguardano l'energia fossile utilizzata da tutti gli input (energia diretta), e quella necessaria per la loro produzione (energia indiretta). In questo caso l'unità di misura utilizzata è l'ettaro o la tonnellata di semi. Unità di questo tipo consentono infatti facili raffronti tra colture differenti.

    L'analisi delle tabelle mostra mediamente un maggiore consumo di risorse energetiche nella coltivazione del colza rispetto al girasole, indice di una meccanizzazione elevata e di un maggiore consumo di risorse della prima coltura.

    Le singole fasi, come descritte sopra, contribuiscono ovviamente in modo differente al fabbisogno totale di energia della coltura, come dimostra il grafico seguente, che indica il consumo di energia fossile per ogni ettaro coltivato a colza:

    image


    E' evidente come la fertilizzazione giochi un ruolo fondamentale nell'intera catena, in quanto:

    1. la produzione dei composti chimici è energeticamente dispendiosa
    2. le notevoli quantità di fertilizzanti utilizzati fa si che l'unità di processo relativa presenti l'elevato consumo energetico illustrato nel grafico.

    Di seguito è riportato il grafico relativo alla coltivazione del girasole:

    image


    La minore utilizzazione di fertilizzanti nella coltivazione del girasole influenza positivamente il consumo di energia fossile (diretta e indiretta) attribuibile all'intera catena.

    Aspetti ambientali

    Passando all'analisi dei principali impatti ambientali i dati riassuntivi sono riportati nelle tabelle seguenti; l'unità di misura è sempre il grammo (g) di sostanza per ogni ettaro (ha) coltivato a colza o a girasole.

    La conversione in altra unità può essere fatta ricordando che, molto sommariamente, si può stabilire che un ettaro produce circa una tonnellata di biodiesel.

    image

    image

    In accordo con quanto detto poco sopra si deve rilevare che mediamente il girasole risulta "meno" inquinante rispetto al "colza".
     
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  3. francesco1966
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    Aspetti energetico-ambientali relativi alla produzione degli oli e del biodiesel

    "tratto dal CTI"
    La parte industriale della filiera produttiva del biodiesel si compone di due fasi principali l'estrazione e la transesterificazione.

    Da un punto di vista energetico queste fasi comportano le seguenti spese medie:

    image

    I valori indicati sono presi da uno studio eseguito dal CTI in collaborazione con 8 Istituti di ricerca Europei (Progetto Biofit).

    Grossolanamente è possibile stabilire che l'estrazione dell'olio dai semi richiede circa il 41% dell'energia dell'intero processo, la raffinazione ne richiede il 23% mentre la transesterificazione ne richiede il 5% e il restante 31% rappresenta il contenuto energetico del metanolo.

    Passando all'impatto cha questa fase ha sull'ambiente, è necessario ricordare che, mentre i valori relativi all'emissione dei principali inquinanti (CO2, CO, NOx) sono relativamente facili da ottenere e tutto sommato facilmente reperibili in letteratura, per quanto riguarda le altre sostanze pericolose il discorso si complica notevolmente in quanto la variabilità dei dati è tale da rendere molto difficile un'attenta e ripetibile analisi dei fenomeni.

    Nella tabella seguente sono indicati quindi i valori medi dei principali inquinanti, espressi in grammi per tonnellata di biodiesel prodotto, emessi nell'aria durante le fasi industriali della lavorazione del biodiesel:

    image

    I valori citati in tabella riguardano le emissioni dirette del processo di estrazione e di transesterificazione nonché le emissioni indirette causate dalla produzione e dall'utilizzo dei mezzi produttivi (macchinari, fabbricati, combustibili, energia) impiegati nel processo descritto.
     
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  4. francesco1966
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    Tratto dal "CTI"

    Aspetti ambientali relativi all'utilizzo del biodiesel

    L'utilizzo del biodiesel e degli oli vegetali è stato studiato per anni e anche oggi sono in corso sperimentazioni a riguardo.

    Per quanto concerne il suo utilizzo come combustibile per motori i dati a disposizione sono abbastanza numerosi, mentre per l'utilizzo in caldaie la sperimentazione è molto carente.

    Utilizzo nei motori

    Gli aspetti motoristici sono descritti nella sezione "Utilizzazione del biodiesel nei motori" quindi in queste pagine sono analizzati esclusivamente gli aspetti ambientali e di salute legati all'utilizzo del biodiesel tal quale o in miscela e sono riportati i risultati di alcuni studi relativi alle emissioni al tubo di scappamento.

    Poiché il biodiesel ha una composizione molto diversa rispetto al gasolio il suo comportamento in termini di emissioni al tubo di scappamento si discosta a volte anche in maniera rilevante dal quello osservato per il gasolio; diverso ancora è il discorso se si prende in esame l'intero ciclo di vita.

    Gli inquinanti più studiati sono anche quelli regolamentati dalla legislazione attuale, esistono però alcuni lavori relativi alle cosiddette emissioni non regolamentate:

    *
    Anidride carbonica
    *
    Ossidi di azoto
    *
    Biossido di zolfo
    *
    Particolato
    *
    Monossido di carbonio
    *
    Idrocarburi incombusti
    *
    Aldeidi
    *
    Tossicità ed emissioni non regolamentate

    Anidride carbonica - CO2
    L'aspetto principale che caratterizza il biodiesel è la sua rinnovabilità: questo implica che, oltre al fatto di essere una fonte di energia rinnovabile, emette anidride carbonica rinnovabile. In altre parole quasi tutta la CO2 emessa durante la combustione del biodiesel è destinata, in tempi brevi, ad essere riassorbita dalla coltura (colza, girasole, soia, ecc.). Tutto ciò ovviamente non accade nel caso del gasolio per il quale la CO2 emessa verrà riassorbita dal sistema (petrolio) solamente in tempi geologici molto più lunghi (millenni). Il concetto di rinnovabilità è quindi legato al tempo medio di permanenza dell'anidride carbonica nell'atmosfera. Le miscele possono venire considerate rinnovabili solamente per quel che riguarda la frazione di biocombustibile.
    Un minimo apporto di CO2 fossile nel bilancio del biodiesel è determinato dal metanolo utilizzato nel processo di transesterificazione. Qualora anche tale composto chimico provenisse da fonti rinnovabili (biomassa) allora anche tutta la CO2 prodotta dalla combustione del biodiesel sarebbe rinnovabile.
    Indipendentemente dal concetto di rinnovabilità l'emissione di CO2 al tubo di scappamento di un motore alimentato con biodiesel è pressoché uguale rispetto a quella misurabile per lo stesso motore alimentato a gasolio (Fosseen, 1994; Taberiski, 1998, Arcoumanis, 1999, PSA, 1998)

    Ossidi di azoto - NOx
    Il problema degli ossidi di azoto, attualmente considerati tra i composti maggiormente pericolosi, è il punto dolente del biodiesel. Mediamente si parla di un aumento delle emissioni di NOx del 10-13% rispetto al gasolio a causa dell'elevato contenuto di ossigeno del biocombustibile. In questo caso le miscele causano un'aumento minore della emissione di NOx che si attesta attorno al 2-3 % per il B20 sempre rispetto al gasolio.

    Confronto emissioni di NOx (biodiesel vs gasolio)

    Autore/Fonte/Tipo di combustibile/Biodiesel-Gasolio/Variazione rispetto al gasolio

    Sharp C. B100-2D +12%
    Sharp C. B20-2D +4%
    PSA Peugeot B30-EN590 - Motore DI +6%
    PSA Peugeot B30-EN590 - Motore IDI +4%
    PSA Peugeot B30-EN590 - Motore HDI +5%
    PSA Peugeot B100-EN590 - Motore DI +10%
    PSA Peugeot B100-EN590 - Motore IDI +12
    PSA Peugeot B100-EN590 - Motore HDI +14%
    ARB 2000 B100-2D +13%
    ARB 2000 B20-2D +2%
    Fossen B20-2EPA Diesel +2,2%

    DI: Iniezione diretta
    IDI: Iniezione a precamera
    HDI: Common Rail

    Idrocarburi incombusti - HC
    Gli Idrocarburi prodotti durante la combustione del biodiesel (B100) sono mediamente inferiori 15-20 % rispetto a quelli prodotti dal gasolio.

    Confronto emissioni di HC (biodiesel vs gasolio)

    Autore/Fonte/Tipo di combustibile/Biodiesel-Gasolio/Variazione rispetto al gasolio

    Sharp C. B100-2D -80/-90%
    Sharp C. B20-2D -20/-30%
    PSA Peugeot B30-EN590 - Motore DI +3%
    PSA Peugeot B30-EN590 - Motore IDI -4%
    PSA Peugeot B30-EN590 - Motore HDI +11%
    PSA Peugeot B100-EN590 - Motore DI -30%
    PSA Peugeot B100-EN590 - Motore IDI -36%
    PSA Peugeot B100-EN590 - Motore HDI +10%
    ARB 2000 B100-2D -93%
    ARB 2000 B20-2D -30%
    Fossen B20-2EPA Diesel -26,4%

    DI: Iniezione diretta
    IDI: Iniezione a precamera
    HDI: Common Rail

    Monossido di carbonio - CO
    Le emissioni di CO sono mediamente inferiori del 40% (per il B100) rispetto al gasolio; il biodiesel in miscela al 20% emette mediamente il 15% in meno di CO.
    Il monossido di carbonio però nell'ambito motoristico non crea grandi problemi e può essere considerato un inquinante minore, ma è invece indice di cattiva combustione in quanto si produce in carenza di ossigeno. Maggiore è il quantitativo emesso e maggiori sono i problemi della combustione. L'ossigeno contenuto nei combustibili vegetali (mediamente il 10% nel biodiesel contro il 2% nel gasolio) favorisce la combustione e diminuisce le emissioni di CO.


    Confronto emissioni di CO (biodiesel vs gasolio)

    Autore/Fonte/Tipo di combustibile/Biodiesel-Gasolio/Variazione rispetto al gasolio

    Sharp C. B100-2D -40%
    Sharp C. B20-2D -10/-20%
    PSA Peugeot B30-EN590 - Motore DI +5%
    PSA Peugeot B30-EN590 - Motore IDI -6%
    PSA Peugeot B30-EN590 - Motore HDI +23%
    PSA Peugeot B100-EN590 - Motore DI -2%
    PSA Peugeot B100-EN590 - Motore IDI -12%
    PSA Peugeot B100-EN590 - Motore HDI +41
    ARB 2000 B100-2D -50%
    ARB 2000 B20-2D -20%
    Fossen B20-2EPA Diesel -23,9%

    DI: Iniezione diretta
    IDI: Iniezione a precamera
    HDI: Common Rail

    Particolato - PM
    Parlare semplicemente di particolato è fuorviante perché esistono ben precise definizioni che classificano questo componente e spesso si fa confusione tra PM, PM10, PM2,5.
    Inoltre il tema del particolato merita un approfondimento in quanto non basta verificare se un combustibile emette più o meno particelle di un altro, ma bisogna considerare la sua composizione in quanto la pericolosità del particolato varia molto in funzione delle specie chimiche che lo compongono e delle dimensioni medie delle sue particelle.
    Sulle particelle solide è adsorbita una certa quantità di sostanze aromatiche che sono considerate più o meno cancerogene e mutagene. Il biodiesel però, contenendo una minore percentuale di molecole aromatiche rispetto al gasolio, produce quantità inferiori di tali sostanze e quindi i suoi effetti sulla salute sembrerebbero meno pericolosi.
    Secondo studi recenti sembra infatti che il particolato emesso dal biodiesel sia mediamente meno pericoloso rispetto a quello emesso dalla combustione del gasolio in quanto costituito da particelle più grosse e quindi meno inalabili di quelle prodotte dal gasolio.


    Confronto emissioni di PM (biodiesel vs gasolio)

    Autore/Fonte/Tipo di combustibile/Biodiesel-Gasolio/Variazione rispetto al gasolio

    Sharp C. B100-2D -30/-50%
    Sharp C. B20-2D -5/-15%
    PSA Peugeot B30-EN590 - Motore DI -22%
    PSA Peugeot B30-EN590 - Motore IDI -9%
    PSA Peugeot B30-EN590 - Motore HDI -22%
    PSA Peugeot B100-EN590 - Motore DI -60%
    PSA Peugeot B100-EN590 - Motore IDI -35%
    PSA Peugeot B100-EN590 - Motore HDI -46%
    ARB 2000 B100-2D -30%
    ARB 2000 B20-2D -22%
    Fossen B20-2EPA Diesel-2,3%

    DI: Iniezione diretta
    IDI: Iniezione a precamera
    HDI: Common Rail

    Opacità dei gas di scarico
    La fumosità diminuisce notevolmente, fino al 70% circa.
    Combustibile



    Biossido di zolfo - SO2
    L'emissione di SO2 non costituisce un problema essendo il biodiesel totalmente privo di zolfo. Ovviamente la miscelazione gasolio/biodiesel comporta l'aumento di emissioni di SO2 in percentuale uguale al contenuto di combustibile fossile.

    Aldeidi:
    sembra sia un argomento controverso: diverse fonti affermano che il biodiesel emette meno aldeidi rispetto al gasolio, mentre studi più recenti dimostrano il contrario (Krahl J. 1996).

    Utilizzo nelle caldaie
    L'utilizzazione del biodiesel nelle caldaie, anche se abbastanza diffusa a livello nazionale, non è stato oggetto di studi particolarmente approfonditi, se non in alcuni casi sporadici (ENEA, CNR, NOVAOL). Nel grafico sono riportate le emissioni di polveri, NOx, SO2 e CO misurate al camino di una caldaia di 1750 kWatts alimentata a biodiesel e raffrontate con quelle emesse bruciando gasolio contenente zolfo allo 0,25% in peso (De Stefanis et Al., 1994).Come si può osservare le emissioni degli inquinanti considerati sono inferiori per il biodiesel rispetto al gasolio, tranne nel caso degli NOx, punto dolente del biodiesel.

     
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  5. francesco1966
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    Uno studio mette in evidenza l'impronta idrica della bioenergia
    Per comprendere quanta acqua è necesseraia per le colture da biomassa
    campo-colza.jpg

    I ricercatori e gli operatori del settore sono impegnati a cercare fonti di energia alternative, per esempio sostituendo il petrolio con i biocarburanti. I riflettori sono attualmente puntati sull'impronta idrica, il volume di acqua dolce usata per produrre beni e servizi per il consumo.
    Una nuova ricerca proveniente dai Paesi Bassi valuta l'impronta idrica della bioenergia, la quantità di acqua necessaria per le colture di biomassa.
    I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas) Early Edition.
    Sulla base di due studi precedenti, che avevano stimato l'impronta idrica dei prodotti alimentari e delle fibre e l'impronta idrica del calore proveniente dalla biomassa, i ricercatori dell'Università di Twente si sono proposti di fornire una panoramica globale sull'impronta idrica per unità di bioenergia come elettricità, bioetanolo e calore.
    Secondo i ricercatori, nonostante il fatto che l'impronta idrica della bioenergia sia molto più ampia rispetto alle altre forme di energia, si risparmia più della metà dell'acqua con la produzione di bioelettricità rispetto alla generazione di biocarburanti.
    'L'impronta idrica della bioelettricità è minore rispetto a quella dei biocarburanti perché è più efficiente usare tutta la biomassa (per es. per l'elettricità o il calore) rispetto ad una frazione delle colture (il loro contenuto in zucchero, amido o olio) per i biocarburanti', è quanto dimostra la ricerca. Il team è riuscito a mostrare l'impronta idrica per 13 colture (orzo, manioca, granturco, patate, semi di colza, riso, segale, sorgo, semi di soia, barbabietola da zucchero, canna da zucchero e grano; e jatropha, una coltura adatta alla produzione di energia).
    Queste colture contribuiscono per l'80% alla produzione totale di raccolti. Lo studio ha rivelato che per la bioelettricità le colture migliori sono granturco, barbabietola da zucchero e canna da zucchero, mentre le meno convenienti sono i semi di colza e la jatropha, che ha un'efficienza 10 volte minore dal punto di vista dell'acqua.
    Per il bioetanolo sono la barbabietola da zucchero e la patata a dimostrarsi le migliori, mentre la canna da zucchero si classifica al terzo posto. Sono necessari appena 1.400 litri di acqua per produrre 1 litro di bioetanolo dalla barbabietola da zucchero, spiegano i ricercatori. La coltura che offre meno vantaggi è il sorgo. Per il biodiesel, le colture migliori sono i semi di soia e i semi di colza, mentre la jatropha è la peggiore.
    I ricercatori hanno asserito che sono necessari circa 14 mila litri d'acqua per produrre 1 litro di biodiesel dalla soia o dai semi di colza, contro una media di 20 mila litri d'acqua per un litro di biodiesel dalla jatropha.
    Nello studio sono state incluse in tutto quattro categorie di biomassa: amido e tuberi, zucchero, olio e alberi. I ricercatori hanno mostrato come la coltivazione delle messi influisce sul consumo di acqua. Hanno determinato che scegliere il luogo più propizio per ogni coltura è fattibile quando il consumo di acqua è legato al sito e ai fattori climatici.
    Fare ciò tiene la coltivazione di biomassa sotto controllo e la produzione alimentare, in aree nelle quali la quantità di acqua disponibile non è sufficiente, sono meglio protette, hanno aggiunto. 'Se ci sarà un cambiamento verso un maggiore contributo della bioenergia all'approvvigionamento di energia, i risultati di questo studio potranno essere usati per scegliere le colture e i paesi che producono bioenergia in maniera più efficiente dal punto di vista dell'acqua', scrivono gli autori.
    Sviluppata dal co-autore, il professor Arjen Hoekstra del dipartimento di ingegneria e gestione dell'acqua dell'università, l'impronta idrica potrebbe essere usata per determinare come le persone dovrebbero usare le risorse limitate di acqua dolce in tutto il mondo, hanno dichiarato i ricercatori.
    'Negli anni a venire l'umanità si troverà di fronte a sfide importanti, non solo dovrà soddisfare il bisogno fondamentale umano di acqua, ma dovrà anche assicurare che l'estrazione di acqua da fiumi, torrenti, laghi e falde idriche (strati o letti sotterranei che forniscono acqua a pozzi e sorgenti) non abbia effetti negativi sugli ecosistemi dell'acqua dolce che hanno funzioni ecologiche', ha dimostrato la ricerca.
    Gli autori avvertono: 'Con una popolazione mondiale di 9,2 miliardi entro il 2050, secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, ci sono motivi di preoccupazione riguardo la sufficienza di cibo e fibre per soddisfare i bisogni delle generazioni future in regioni caratterizzate da risorse idriche limitate'.



    Fonte: Cordis - Unione Europea - Servizio Comunitario di Informazione in materia di Ricerca e Sviluppo

    In redazione: A.F
     
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  6. reddy78
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    Carissimo Francesco,

    ti disturbo ancora.

    Oltre a ringraziarti delle pronta risposta di ieri sulla produzione di biomasse per un impianto a biogas, ti formulo il seguente quesito, riferito appunto agli olii vegetali.

    La tariffa omnicomprensiva riconosce un incentivo di 0,28 eurocent/KWh prodotto purchè l'olio sia di provenienza EU.
    Nel caso in cui abbia la possibilità di avere una coltura in un paese EU, quale documentazione dovrei fornire al GSE per ottenere il riconoscimento della tariffa? Ho letto in qualche sito che il GSE pur riconoscendo questa tipologia di impianti di fatto non li autorizza proprio perchè non esiste un regolamento che stabilisca come riconoscere l'olio di provenienza EU.

    Ti ringrazio per le informazioni che saprai fornirmi.

    Buon lavoro,
    Daniele
     
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  7. francesco1966
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    Onestamente non ho mai seguito la cosa, però in tutta la EU vige un sistema dove chi semina ha diritto ad avere dei contributi ( contributi PAC), in questa domanda di contributi ogni coltivatore deve indicare tutto, dati personali, e aziendali, fino ai numeri mappali.
    Compreso il tipo di coltura e l'utilizzo che se nè farà, quindi presumo che questa documentazione abbinata a qualche altra, (tipo il contratto di ritiro del 1° trasformatore, cioè colui che ottiene l'olio) siano sicuramente indispensabili.
    Però nella sezione leggi o nella sezione certificati verdi ho inserito le varie normative / riferimenti a riguardo, se hai tempo, leggile.
    ciao

    Edited by MetS - 10/12/2010, 23:13
     
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  8. espositore
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    Ieri 10/4/2011 trasmissione reporter sui biodisel e biogas, da una ricerca risulterebbe che coltivando tutto il terreno coltivabile mondiale al fine di ottenere biocarburanti, se ne ricaverebbe solo il 25% del fabbisogno mondiale per autotrazione!
    Se il calcolo è corretto diventa evidente che occorre trovare altre modalità per ottenere olii combustibili per autotrazione.
     
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    Bravo Esp, finalmente qualcuno l'ha capita.
    Si dimentica fra l'altro che la gente deve anche mangiare.
     
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8 replies since 14/6/2008, 22:26   2188 views
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