Articoli e news sui biocarburanti

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  1. francesco1966
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    Svizzera: 300 esperti per i biocarburanti
    Un elencco di standard per i Paesi produttori per non affamare il pianeta durante la produzione di biocarburanti

    Si riparte da zero con i biocarburanti. Si riparte dalla Svizzera dove a cavallo del ferragosto 300 esperti mondiali si sono dati appuntamento all’Energy Center dello Swiss Federal Institute of Technology di Losanna (Epfl), per discutere e definire gli standard che caratterizzeranno le coltivazioni destinate a produrre il nuovo petrolio. Il punto è evitare l’eccessiva speculazione sulle materie prime che già lo scorso inverno ha portato alle impennate dei prezzi di riso e grano ma anche tutelare chi le coltiverà evitando che siano sia le risorse sia i coltivatori ad essere sfruttati.
    E dunque per non mollare la presa su quello che sembra possa essere l’unica alternativa valida al petrolio destinato a sostenere il settore dei trasporti e della logistica, la commissione internazionale ha studiato un ventaglio di standard che dovranno essere adottati dai Paesi coltivatori. L’elenco è appena allo stato embrionale e sono state appena definite le linee guida su cui ogni sotto gruppo di esperti dovrà poi approfondire e pone, tra l’altro attenzione ai diritti umani, alla conservazione della biodiversità, alla tutela del suolo, dell’acqua e dell’aria.
    A coordinare la squadra Charlotte Opal che è convinta che in futuro si potranno ottenere biocarburanti senza affamare il Pianeta e senza aggravare con emissioni di CO2 l’inquinamento e il riscaldamento globale. Ha detto la Opal in un intervistra rilasciata a TCS: 'Nei Paesi tropicali cresce la jatropa, una specie arborea che ha bisogno di pochissima acqua e fertilizzanti. La si raccoglie a mano, ciò che crea posti di lavoro. Anche la canna da zucchero del Brasile fornisce generalmente un eccellente rendimento. Permette di utilizzare il terreno in modo ottimale e senza sprechi d’acqua. Ma attenzione: si può anche coltivare la jatropa e la canna da zucchero in modo non sostenibile. Da qui l’interesse ad avere standard di qualità. Il nostro standard sarà sperimentato da attori economici e politici implicati nel processo di produzione dei biocarburanti. Ne testeranno i diversi criteri e ci indicheranno le correzioni da apportare. Una moltitudine di imprese private partecipano a questo processo, banche, costruttori automobilistici, multinazionali dell’alimentazione e del petrolio, come pure governi'.
     
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  2. francesco1966
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    Chi seminerà cereali il prossimo anno?
    Prezzi troppo alti e problemi di ricavi mettono in crisi il settore

    Il prezzo del mais è in caduta libera.
    Nella seduta del 17 settembre scorso presso la Borsa Merci della Camera di Commercio di Treviso, il mais secco ha chiuso con un minimo di 133 euro la tonnellata. E considerando che la stagione della raccolta è appena iniziata, potrebbe non essere ancora finita. Lo scorso inverno il mais aveva toccato punte anche di 25 euro al quintale ed i media si affrettarono a sostenere che le cause di detto aumento fossero da imputare principalmente ad un consistente aumento dei consumi da parte dei Paesi emergenti. La Ue così decise in tutta fretta di liberalizzare i terreni a riposo e di abolire i dazi all'importazione.
    Oggi l'agricoltura più debole si trova di fronte ad un grosso problema di ricavi. E le cause sono da ricercare solo in parte nell'aumento delle superfici e delle produzioni. La produzione mondiale di mais, ad esempio, è stabile e quindi non giustifica una tale riduzione, come pure la domanda a livello globale è sostanzialmente immutata. Quindi emerge in tutta chiarezza che i prezzi dei cereali sono stati sottoposti a forti pressioni speculative da parte di chi con l'agricoltura ha poco a che fare.
    Allarma inoltre l'aumento esponenziale dei costi di produzione, i mezzi tecnici in particolar modo, che se non andranno ad un ridimensionamento metteranno a rischio addirittura la convenienza ad effettuare le prossime semine.
    Nel corso del 2008 i fitofarmaci hanno registrato aumenti superiori al 4%. Nell'ultimo anno il gasolio è aumentato di oltre il 40% (anche se in questi giorni registra una leggera tendenza alla diminuzione). Per non parlare dei fertilizzanti: qui si lamenta un aumento medio del 52%, con punte superiori come ad esempio il fosfato biammonico passato dai 31 euro al quintale del giugno 2007, ai 56 di giugno 2008 ai 100 attuali, o i perfosfati con una progressione nello stesso periodo di 24, 42, 85 euro.
    Le imprese agricole sono quindi di nuovo in affanno, probabilmente più di due anni fa quando le agroenergie erano di moda. Da parte nostra non ci stancheremo mai di sostenere l'importanza di diversificare le produzioni, tenendo comunque conto che le quotazioni dei cereali potranno riprendere fiato solo se ne aumenteranno i consumi o se ne diminuiranno le rese. Scartando la seconda ipotesi che non va nel nostro interesse a noi pare evidente che le agroenergie possono svolgere un ruolo importante.

    Fonte: Cner - Consorzio nazionale energie rinnovabili agricole
     
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  3. francesco1966
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    Biocarburanti: aumenta la produzione, ma i prezzi dei cereali calano
    Conclusioni di uno studio della European biodiesel board

    In un recente studio dell'European biodiesel board (Ebb) sulla relazione dell'utilizzo dei biocarburanti con i prezzi delle materie prime agroalimentari, la produzione dei biocarburanti è aumentata del 35-40% negli ultimi dodici mesi mentre il prezzo delle materie agricole scende.
    Lo studio della Ebb dimostrerebbe come ci sia stata una campagna diffamatoria nello scorso anno contro i biocarburanti. Secondo i produttori di biocarburanti colpevoli di questo diffondersi di notizie a discapito dei loro prodotti sono state le decisioni dei governi di ridurre le scorte agroalimentari di sicurezza, il rincaro del petrolio sui costi di trasporto delle derrate alimentari, movimenti speculativi internazionali sui prezzi delle derrate, una politica Pac del tutto discutibile e poco attenta al problema della fame del mondo ed infine la crescita della domanda agroalimentare nei Paesi emergenti asiatici.
    Secondo i produttori, le accuse rivolte ai biofuels potrebbero avere due cause principali: da un lato, lo sviluppo incontrollato delle energie alternative mina gli interessi dello status quo costituito dalle fonti di energia tradizionali (gas, petrolio, carbone); dall'altro la decisione del presidente Bush di investire nel biofuel made in Usa riduce la dipendenza energetica dai paesi Opec ed esportatori di petrolio e quindi le entrate di gran parte dei paesi del centro dell'America Latina.
    Le accuse al bioetanolo potrebbero presto svanire se avrà un seguito industriale la scoperta di un gruppo di ricercatori della Thayer School of Engineering at Dartmouth e della società Mascoma Corporation di Lebanon, nel New Hampshire. Qui hanno messo a punto ha scoperto un nuovo metodo che permette di produrre a basso costo grandi quantità di etanolo proveniente da legno, erba e altri materiali di scarto.
    Per la prima volta, il gruppo ha modificato con tecniche di ingegneria genetica un batterio termofilico (cioè in grado di crescere in condizioni di alta temperatura) in modo che tale organismo produca etanolo come unico prodotto di processi fermentativi.

    Fonte: Ebb - European biodiesel board
     
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  4. francesco1966
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    Bielorussia: combustibili verdi per decontaminare Chernobyl

    La Bielorussia vuole prendere due piccioni con una fava: da un lato sviluppare la propria industria dei biocarburanti e dall'altro accelerare la decontaminazione dei siti colpiti dal disastro di Chernobyl, che si trova nell’Ucraina del Nord, non molto lontano dal confine con la Bielorussia.
    Secondo quanto annunciato qualche giorno fa a Bruxelles da Andrei Savinykh, ambasciatore bielorusso presso l’Onu a Ginevra, il governo sta mettendo a punto un programma per lo sfruttamento intensivo dei terreni nelle zone limitrofe colpite dal disastro per coltivazioni che saranno in seguito utilizzate a fini energetici.
    Da alcuni studi risulta infatti che le ripetute mietiture faciliterebbero la rimozione dei radionuclidi dal suolo, che sarebbero smaltiti successivamente nel processo di produzione di biodiesel, etanolo e biogas.
    'Attraverso questo sistema', ha spiegato Savinykh, 'sarebbe possibile decontaminare 50 mila chilometri quadrati di terra in un periodo di 20-40 anni, un’inezia se paragonati ai secoli necessari per il decadimento naturale dei radionuclidi'.
    La fase di programmazione dovrebbe terminare entro la fine del 2009 per consentire al progetto di partire l’anno successivo.
    Savinykh ha aggiunto che un simile risultato non sarebbe possibile nel normale ciclo che va dalla semina alla produzione di alimenti. E sarebbe anche poco sicuro per la salute. Benché le piante assorbano le particelle radioattive – il cesio 137 e lo stronzio 90 -, queste tornano indietro nel terreno attraverso gli scarti dei raccolti, radici, paglia e altri simili scarti.
    Questi ultimi, invece, secondo il programma a cui sta lavorando il governo sarebbero destinati alla produzione di biocarburanti. 'A furia di raccolti, saremmo in grado di rimuovere tutti i radionuclidi nell’arco di qualche decennio', ha ribadito Savinykh.
    Le biomasse prodotte, cereali o colture a rapido accrescimento, sarebbero avviate alla produzione di biocarburanti in una raffineria progettata da Greenfield Project Management Ltd, a Mozyr, in Bielorussia, un impianto in grado di produrre più tipi di biocarburante, etanolo, biodiesel, biogas, al quale sarebbe collegata una centrale elettrica. Si calcola una capacità produttiva intorno al mezzo miliardo di litri all’anno.
    Alla fine del processo di produzione sarebbero isolati gli elementi radioattivi e stoccati in depositi ad hoc.
    Per novembre è programmato un seminario a Minsk, capitale della Bielorussia, durante il quale sarà presentato questo ambiziosissimo progetto e al quale parteciperanno rappresentanti dell’Onu, dell’Unione europea, della Banca mondiale, ong e altre organizzazioni da tutto il mondo.


     
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  5. claudiocosta
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    La tecnologia OGM al servizio della produzione di biocarburanti

    http://www.genitronsviluppo.com/2008/07/14...tteri-ed-enzim/
     
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  6. francesco1966
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    ARTICOLO:

    La FAO: rivedere le politiche e i sussidi ai biocombustibili
    Il rapporto annuale SOFA 2008 valuta rischi e opportunità della bioenergia

    Politiche e sussidi relativi alla produzione di biocombustibili dovrebbero essere rivisti per mantenere l’obiettivo della sicurezza alimentare mondiale, proteggere i contadini poveri, promuovere il generale sviluppo rurale ed assicurare la sostenibilità ambientale, afferma la Fao (Food and Agriculture organization of united nations) nell’edizione 2008 del suo rapporto annuale 'Lo Stato dell’alimentazione e dell’agricoltura (Sofa) 2008'.
    'I biocombustibili presentano opportunità ma anche rischi, l’esito dipende dal contesto specifico del paese e dalle politiche adottate', ha dichiarato il direttore generale della Fao, Jacques Diouf. 'Le politiche attuali tendono a favorire i produttori di alcuni paesi sviluppati rispetto ai produttori della maggior parte dei paesi in via di sviluppo. La sfida è riuscire a ridurre, o a gestire, i rischi e condividere invece in modo più ampio le opportunità'.
    La produzione di biocarburanti basata su prodotti agricoli è più che triplicata tra il 2000 ed il 2007, ed ora copre quasi il 2% del consumo mondiale di carburanti per il trasporto. Questa crescita si prevede continuerà, ma il contributo dei biocombustibili liquidi (per lo più etanolo e biodiesel) all’energia per il trasporto, ed in generale all’uso globale di energia, rimarrà modesto. Nonostante questa limitata importanza dei biocomustibili liquidi in termini di fornitura di energia a livello globale, la domanda di materie prime agricole (zucchero, mais, semi oleosi) per la loro produzione continuerà a crescere nel prossimo decennio, e forse anche dopo, ponendo una pressione al rialzo dei prezzi alimentari.

    Opportunità per i poveri
    Se i paesi in via di sviluppo riusciranno a trarre beneficio dalla produzione di biocarburanti, e se questi benefici raggiungeranno i più poveri, una maggiore domanda di biocarburanti potrebbe contribuire allo sviluppo rurale. 'Le opportunità per i paesi in via di sviluppo di trarre vantaggio dalla domanda di biocarburanti potrebbero aumentare se venissero aboliti i sussidi attualmente dati all’agricoltura ed alla produzione di biocarburanti, e le barriere commerciali, che creano un mercato artificiale ed al momento servono solo a favorire i produttori dei paesi Ocse a spese di quelli dei paesi in via di sviluppo', ha affermato Diouf.
    Altre misure politiche che alimentano la corsa verso i biocombustibili liquidi, come la richiesta miscelatura di biocombustibili con combustibili di origine fossile, o gli incentivi fiscali, hanno creato un crescita artificiosamente rapida della produzione di bioenergia. Secondo il rapporto queste misure hanno costi economici, sociali ed ambientali elevati, e dovrebbero essere riconsiderate.

    La sicurezza alimentare
    La crescente domanda di biocarburanti, con il conseguente aumento dei prezzi dei prodotti agricoli, possono offrire opportunità ai paesi in via di sviluppo e l’agricoltura potrebbe diventare il motore di crescita per la riduzione di fame e povertà. La produzione di colture da destinare alla bioenergia potrebbe creare reddito ed occupazione, specialmente se i piccoli contadini ricevessero aiuti per espandere la produzione e guadagnare acceso ai mercati. Promuovere la partecipazione dei piccoli coltivatori alla produzione agricola, compresa quella da destinare ai biocombustibili, richiede investimenti nelle infrastrutture, nella ricerca, nella finanza rurale, nelle istituzioni commerciali e nei sistemi legali.
    Si profilano tuttavia non pochi rischi, soprattutto per la sicurezza alimentare. Prezzi agricoli sostenuti stanno di già avendo un impatto negativo sui paesi in via di sviluppo, che dipendono in larga misura dalle importazioni alimentari per il fabbisogno interno. Particolarmente a rischio sono i consumatori poveri delle aree urbane ed i compratori netti di cibo delle aree rurali. Si stima che le popolazioni povere spendano ben oltre la metà del proprio reddito per l’alimentazione. 'Qualsiasi decisione relativa ai biocarburanti non può prescindere da considerazioni sulla sicurezza alimentare e sulla disponibilità di terra e di acqua', ha aggiunto Diouf .
    'Tutti gli sforzi dovrebbero puntare a preservare l’obiettivo prioritario di liberare l’umanità dalla vergogna della fame', ha sottolineato.

    I gas serra
    Se si guarda alla dimensione ambientale, non sempre il bilancio è positivo. 'Un maggiore uso, e dunque una maggiore produzione di biocarburanti, non necessariamente contribuirà a ridurre le emissioni di gas serra così come era sembrato in un primo momento', si legge nel rapporto. 'Mentre alcuni prodotti di base destinati alla produzione di biocombustibili, come lo zucchero, possono far diminuire sensibilmente le emissioni, questo non accade per molti altri', ha fatto notare Diouf.
    Il maggiore impatto dei biocombustibili sulle emissioni di gas serra è determinato dal cambiamento di destinazione d’uso della terra. 'I cambiamenti nell’uso della terra, per esempio la deforestazione per soddisfare la maggiore domanda di prodotti agricoli, rappresentano una grave minaccia per la qualità del terreno, per la biodiversità e per l’emissione di gas serra', ha rilevato Diouf.
    Secondo il rapporto, criteri di sostenibilità basati su norme stabilite a livello internazionale potrebbero aiutare a migliorare l’impronta ecologica dei biocarburanti, ma non dovrebbero creare nuove barriere commerciali per i paesi in via di sviluppo.

    La seconda generazione di biocombustibili
    La prossima generazione di biocombustibili, attualmente in fase di sviluppo ma non ancora disponibili sul mercato, che impiega come materia prima legno, piante erbacee, e residui agricoli e forestali, potrebbe migliorare l’equilibrio dei biocombustibili in termini di gas serra ed energia fossile. 'Queste considerazioni sembrano offrire motivazioni valide affinché gli investimenti sui biocombustibili sia indirizzati maggiormente nella direzione della ricerca, specialmente verso lo sviluppo delle tecnologie di seconda generazione, che se ben concepite ed implementate fanno ben sperare per la riduzione delle emissioni di gas serra ed allo stesso tempo per una minore pressione sulle risorse naturali', ha concluso Diouf.
     
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  7. francesco1966
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    Biodiesel, l'ascesa degli investimenti italiani
    L'Italia passa dal 14° all'8° posto nella classifica mondiale. Retrocede la Germania

    I biocarburanti tengono banco all’interno delle decisioni nella Comunità europea in tema di sostentabilità energetica e lotta ai cambiamenti climatici. Su questo tema arriva una notizia sull’Italia che per certi versi potrebbe stupire, considerando che per quel che riguarda la crescita economica, il nostro paese si trova attualmente in fase di stallo.
    L’Italia ha infatti migliorato il proprio piazzamento nella classifica legata agli investimenti in biodiesel, passando dalla quattordicesima all’ottava posizione mondiale. Questo sicuramente grazie ad un piano governativo dell’Unione europea che prevede agevolazioni fiscali sul biodiesel italiano per 250 mila milioni di tonnellate all’anno nel periodo 2007 -2010.
    L’indagine 'Biofuels country attractiveness indices', che misura il livello di attrattività per gli investimenti in biocarburanti. Dallo studio emerge anche come il Brasile abbia preso il posto degli Stati Uniti in qualità di destinazione preferita per gli investimenti in biocarburanti, collocandosi al top della classifica.

    Il livello attrattivo del Brasile ha subito un significativo incremento in seguito all’introduzione obbligatoria del mix B-3, ovvero la normativa legale in base alla quale vi è l’obbligo di miscelare il 3% di biodiesel e il 97% di carburante tradizionale. Come conseguenza della normativa B-3, la domanda annua di biodiesel in Brasile è passata da 800 milioni di litri a ben 1,2 miliardi di litri.
    La Germania è il Paese ad aver registrato la retrocessione più evidente nell’All biofuels index, passando dal terzo al sesto posto.
    Un fatto strettamente legato alla decisione del governo di ritirare il piano E10, che prevedeva di miscelare il 10% di biodiesel con carburante tradizionale. In crescita anche la Francia, la Spagna e il Canada. Di certo il balzo dell’Italia in questa speciale classifica è favorito da numerosi fattori che apportano condizioni economiche potenziali positive.

    Fonte: Ecoblog
     
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  8. francesco1966
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    Articolo:

    Biocarburanti, questi sconosciuti
    Prima, seconda, terza generazione. Ecco l'evoluzione dei biocombustibili


    I biocarburanti vengono alternativamente dipinti come il toccasana in grado di rimediare al supposto esaurimento del petrolio e limitarne l'incremento dei prezzi e dell'inquinamento o come concorrenti delle produzioni alimentari e zootecniche senza un positivo effetto ambientale.
    Ma cosa sono effettivamente? E' importante una prima precisazione. Si usano spesso indifferentemente i termini bioenergie, biomasse, biocombustibili, biocarburanti, ecc. Sono invece termini diversi per materie prime impiegate, modalità di ricavare energia, caratteristiche e destinazione d'uso del prodotto energetico ottenuto. In particolare, i biocarburanti sono una categoria dei biocombustibili utilizzata per produrre energia meccanica per autotrazione nel settore dei trasporti, delle macchine agricole e della motopesca. Sono costituiti da etanolo, bio-eteri e biodiesel.
    I primi sono ricavati da colture ricche di carboidrati (zuccheri ed amidi) quali canna da zucchero, cereali, barbabietola, ecc., mentre i biodiesel derivano da colture oleaginose quali colza, girasole (potenzialmente anche soia) e brassicacee in ambienti temperati e palma, jatropha e altri in ambienti tropicali.
    La seconda generazione di biodiesel ed etanolo, in rapido progresso a livello di ricerca (con l'impegno di oltre venti grandi Compagnie) e già in fase sperimentale operativa nel 2008 in USA, Giappone ed anche Europa, è basata invece su colture lignocellulosiche annuali e poliennali, che hanno rese notevolmente superiori a quelle della prima generazione.
    Una terza generazione (alghe) e una quarta (lieviti) sono solo in fase di studio, così come il corretto utilizzo di rifiuti solidi urbani. Uno dei problemi attuali è se favorire comunque la diffusione di biocarburanti cosiddetti di prima generazione oppure aspettare quelli di seconda che hanno una efficienza notevolmente superiore. Inoltre, le colture lignocellulosiche per biofuels di seconda generazione sono spesso specie ad elevata produttività, anche in terreni non competitivi per il settore alimentare.
    Attualmente si ritiene che i biocarburanti di prima generazione, pur con alcune controindicazioni, siano comunque un passaggio obbligato per entrare in un sistema più efficiente. Mancano però ancora molte conoscenze sia a livello di produzione primaria (combinazioni fra situazioni pedoclimatiche, colture e tecniche colturali) sia per trasformazione ed uso. Manca inoltre una visione integrata in grado di fornire indicazioni sulle migliori destinazioni energetiche di ciascuna materia prima: quale coltura preferire? Per quale conversione? In quale areale? In tutti i settori la ricerca sta procedendo, ma l’incalzare degli eventi richiederebbe un impegno molto più massiccio.
    Un ulteriore aspetto fondamentale va posto in evidenza. L'apporto dei biocarburanti è e sarà trascurabile ad assicurare una disponibilità energetica, ma ha ed avrà un ruolo importante sotto l'aspetto ambientale. In molte situazioni potrà anche assicurare un miglior reddito al mondo rurale. Il settore dei trasporti, a livello mondiale, assorbe da un 1/5 a 1/4 dei consumi di energia ed è responsabile di circa 2/3 dell'emissione di gas serra. Attualmente, nell'U.E., l'energia per i trasporti viene ottenuta per circa il 98% dal petrolio, che è importato per oltre l'80%. Per alcuni anni i biocarburanti sono stati considerati come uno dei principali fattori per contrastare le emissioni di gas effetto serra, con un conseguente aumento nella loro produzione. Questo 'boom' ha comunque portato a destinare ad etanolo meno dell'1% dei cereali prodotti in UE (circa il 2% se si considerano anche i cereali d’importazione) e a biodiesel appena il 2 % dell'olio di semi prodotto a livello mondiale.
    Il loro effetto concorrenziale verso destinazioni zootecniche ed alimentari è quindi estremamente limitato, così come il loro apporto (0.3 %) ai consumi energetici mondiali. Molto più robusto è invece il loro contributo ambientale. Va ricordato che la riduzione di emissione di CO2 per ogni 100 Km percorsi rispetto ai carburanti tradizionali può variare da 5.5 Kg con etanolo da cereali a 6.8 con biodiesel da oleaginose, fino a 13-14 Kg con biocarburanti derivanti da lignocellulosiche. Ciò corrisponde ad una riduzione delle emissioni di CO2 in un range dal 30 fino all’80% rispetto ai carburanti fossili. La produzione di biocarburanti, inoltre, deve sottostare a vincoli stringenti. Ad es. l'U.E. ritiene che i biocarburanti siano giustificati solo se comportano una riduzione del 35% (alcuni Stati propongono il 50%) nell’emissione di CO2. Inoltre la produzione di biocarburanti deve salvaguardare biodiversità, terreni con alto contenuto di carbonio, e tutte le situazioni in cui un cambiamento può ridurre la disponibilità locale di cibo od anche di produzioni a destinazione non alimentare. Per nessun altro tipo di produzione sono previsti vincoli così robusti.

    Con metodologie e motivazioni diverse a seconda degli areali del mondo, i biocarburanti possono quindi rappresentare una bella sfida….. da affrontare e vincere.

    Prof. Gianpietro Venturi
    Università di Bologna
    Chairman P.T. Biofuels Italia


    Articolo:

    Bioenergie del futuro: il biobutanolo secondo DuPont
    Intervista a Paolo Marchesini, responsabile comunicazione DuPont Europa, sulle nuove frontiere delle energie di origine agricola



    Bioenergie si o bioenergie no? Le bioenergie vanno bene solo se prodotte in casa d'altri? Levano il pane dalla bocca dei poveri, o danno al mondo intero nuovi sbocchi commerciali utili proprio per fronteggiare la povertà delle aree più disagiate del pianeta? Insomma, di fronte a problemi come il caro petrolio, l'inquinamento atmosferico, l'effetto serra e la conseguente desertificazione di ampie aree geograifche, possono essere le nursery di laboratorio delle grandi compagnie mondiali la soluzione a molti dei nostri mali?

    Paolo Marchesini - responsabile europeo per la comunicazione di DuPont Corporate - porta il proprio contributo, raccontando in una breve intervista la posizione di DuPont sulle bioenergie e quanto fino ad ora conseguito dal punto di vista della ricerca scientifica e della produzione industriale.



    Dr. Marchesini, quali sono gli elementi che distinguono le bioenergie di "prima" da quelle di "seconda" generazione?



    I biocarburanti definiti come di “prima generazione” sono quelli già attualmente prodotti su larga scala, a partire da derrate agricole di cui viene utilizzata la frazione a più alto contenuto energetico. Nel caso del bioetanolo viene, per esempio, usata la parte rappresentata dall’amido contenuto nella granella, che viene poi fatta fermentare fino alla produzione dell’alcool.
    I biocarburanti di "seconda generazione" saranno disponibili sul mercato nel prossimo futuro e rappresentano una nuova frontiera nella possibilità di ottenere la produzione di detti combustibili a partire dalla frazione fibrosa della pianta. Nel caso del mais usato per la produzione di etanolo si impiegheranno per esempio gli zuccheri ottenuti a partire dalla fibra delle foglie e dal fusto della pianta. Tutto ciò permetterà una maggiore flessibilità in termini di colture da utilizzare, ma anche valorizzerà il potenziale di specie quali il mais, che oltre ad essere un grande produttore di granella, è anche un eccezionale produttore di fibra. In tale processo DuPont si pone in una posizione di leadership, ulteriormente rafforzata dalla recente firma di un accordo di partnership con Danisco. La joint venture ha collaborato con la fondazione per la ricerca dell’Università del Tennessee, tramite Genera Energy LLC, per lo sviluppo di un impianto pilota e della filiera agronomica per il panìco verga, o switchgrass, nel Tennessee. L’impianto convertirà materie prime non alimentari, fra cui tutoli di pannocchie e switchgrass, in etanolo per consentirne l’introduzione sul mercato senza la necessità di ricorrere a prove su scala dimostrativa. Si prevede che l’impianto sarà operativo nel 2009.
    Accanto all’innovazione nella matrice vegetale utilizzata per la produzione di biocarburanti, viene poi a collocarsi l’innovazione nella tipologia di biocarburante che viene prodotto. In questo contesto, un esempio è lo sviluppo che DuPont sta effettuando del biobutanolo, un innovativo biocarburante che viene a risolvere molti dei limiti insiti nel tradizionale bioetanolo attualmente in fase di commercializzazione.



    Un passo quindi interessante. Ma quali sono - in sostanza - i vantaggi del biobutanolo rispetto al bioetanolo?



    Il biobutanolo presenta alcuni chiari vantaggi rispetto al bioetanolo, così riassumibili:


    ➢ Può essere facilmente mescolato alla benzina, data la sua bassa tensione di vapore.
    ➢ Ha un contenuto energetico più alto dell’etanolo, senza quindi compromettere in maniera significativa l’efficienza del veicolo:


    Bioetanolo = 21.1-21.7 MJ/L (megajoules per litro)
    Biobutanolo = 26.9-27.0 MJ/L
    Benzina = 32.2-32.9 MJ/L


    ➢ Può essere mescolato a più alte concentrazioni dell’etanolo in motori standard, arrivando al 10% nel caso della benzina in Europa.
    ➢ E’ ben adattato all’attuale tecnologia motoristica.
    ➢ È meno suscettibile alla separazione in presenza di acqua rispetto alla miscela bioetanolo/benzina, rendendone possibile quindi l’uso nell’esistente rete distributiva delle industrie petrolifere.



    Differenze importanti, vedo. Ma ci sono differenze nei processi produttivi di fabbricazione tra bioetanolo e biobutanolo?



    La produzione del biobutanolo si avvale di una specifica tecnologia applicata nei processi di fermentazione degli zuccheri di proprietà di DuPont, la quale ha una grande facilità di introduzione di impianti di bioetanolo di prima generazione, attualmente già operativi.
    Ciò di fatto determina la possibilità di un passaggio dalla produzione di bioetanolo a quella di biobutanolo in maniera veloce, senza costi eccessivi e con immediati benefici.



    E ciò non guasta. Anzi. Una domanda "da agronomo" ora: ci sono differenze tra le specie vegetali coltivate per il biobutanolo rispetto a quelle per il bioetanolo? Se si, quali?



    La produzione di biobutanolo può essere effettuata a partire dalle stesse matrici vegetali già attualmente impiegate per la produzione di bioetanolo. Colture ampiamente diffuse quali la canna da zucchero, la bietola da zucchero, il mais, il frumento, la cassava ed il sorgo sono tutte eccellenti per la produzione di biobutanolo, e nel futuro, con lo sviluppo commerciale di biocarburanti basati sulla trasformazione di cellulosa, sarà possibile l’utilizzo anche di colture erbacee a crescita veloce come pure di co-prodotti agricoli (come gli stocchi di mais).



    Un anello importante e critico nella filiera dei biocarburanti è rappresentato dalla rete distributiva. Pioneer sta svolgendo azioni o sta stringendo collaborazioni al fine di semplificare la distribuzione 'a valle' della propria produzione?



    Pioneer opera in modo da creare le migliori condizioni per la valorizzazione delle colture ottenute a partire dalle proprie sementi. E’, infatti, cruciale assicurare la massima redditività per l’agricoltore, sia massimizzando la quantità di raccolto ottenuta per unità di superficie (quindi la resa), sia massimizzando il valore delle proprie produzioni.
    Il valore è chiaramente un parametro legato alla capacità della filiera di poter riconoscere il plus derivante da una determinata produzione, e di poter assicurarsi quantitativi consistenti ed omogenei di tali produzioni. In tal senso gioca quindi un ruolo chiave l’attività di Pioneer nel mettere in relazione tutti gli attori di filiera in modo che si crei quella comunicazione di tipo tecnico e commerciale atta a garantire il successo della filiera dei biocarburanti stessi.
    DuPont e BP hanno annunciato ultimamente una partnership volta a sviluppare e commercializzare il biobutanolo, che punta ai percorsi metabolici avanzati dell’ 1-butanolo nonché ad altri isomeri di biobutanolo con un più elevato numero di ottani. Le due società hanno anche annunciato che i test eseguiti su questi biocarburanti avanzati dimostrano che l'utilizzo di biobutanolo permette di incrementare la quantità di biocarburanti nelle miscele di benzina, superando così l’attuale limite del 10% posto dall’etanolo, senza compromettere le prestazioni.



    Dati incoraggianti quindi. Nell'ambito della sperimentazione, il biobutanolo è già stato impiegato in macchinari agricoli? Con quali risultati?



    Il biobutanolo è stato inizialmente valutato a livello sperimentale sui motori a combustione attualmente sul mercato, confermando i vantaggi precedentemente descritti. Attualmente è in atto un’estesa sperimentazione su parco automobilistico circolante che sta nuovamente confermando quanto già precedentemente emerso.



    Nell'arco temporale dei prossimi 10 anni, quale prevede sia lo sviluppo delle bioenergie di seconda generazione ed in particolare del biobutanolo? Quali sono le aspettative rispetto alla vostra produzione?



    I piani di sviluppo di DuPont, dopo le sperimentazioni condotte nel 2007, stanno vedendo nel 2008 la prova su larga scala del biobutanolo. In seguito nel 2009 ci sarà l’avvio delle prime produzioni pilota di biobutanolo, che diverrà una tecnologia matura per la commercializzazione nel 2010. Negli anni a seguire si definiranno gli investimenti produttivi per il pieno sviluppo commerciale di tale biocarburante a livello globale.



    Ancora pochi anni di pazienza, dunque. Una domanda ora di carattere più "globale": possono le coltivazioni per le bioenergie competere in pratica con le crescenti esigenze alimentari mondiali?



    La produzione di biocarburanti di prima generazione può avvenire in maniera efficiente e senza perturbazioni di mercato tenendo fermi alcuni punti chiave:


    1. la massimizzazione delle rese per ettaro delle colture destinate alla produzione di energia. In questo modo si risponde nel modo più efficiente possibile alla crescente richiesta di derrate agricole da parte del consumo alimentare, che è stato il reale fattore alla base delle recenti oscillazioni dei prezzi mondiali dei cereali
    2. la massimizzazione delle rese in biocarburante per unità di cereale utilizzato. E’ cruciale in sostanza produrre quanto più etanolo possibile per ogni singolo kilogrammo di cereali utilizzato.
    3. la massimizzazione del valore nutrizionale dei co-prodotti della produzione di biocarburanti. Nel caso del mais, dopo la produzione di bioetanolo, un terzo del quantitativo iniziale di granella è rappresentato da co-prodotto ad elevato valore nutrizionale per alimentazione zootecnica (denominato DDGS - Dry Distilled Corn Grains and Solubles). Questo co-prodotto, rimesso nella filiera dell’alimentazione zootecnica, contribuisce in maniera significativa a soddisfare il fabbisogno di alimenti.
    Con il passaggio alla produzione di biocarburanti a partire dalla cellulosa si verrà poi definitivamente a superare la tematica della doppia destinazione dell’uso delle derrate agricole. La cellulosa di mais, infatti, non ha attualmente alcun valore per la filiera agroalimentare, e quindi di fatto sgancerebbe completamente la produzione di bioetanolo dal resto delle filiere basate sull’utilizzo della coltura di mais.



    Come salvare capre e cavoli, insomma. Saluto e ringrazio Paolo Marchesini e penso che dovrò presto fare un altro pieno di gasolio alla mia automobile. La solita pompa, il solito carburante. Però almeno ho il piacere di pensare che non dovremo aspettare i nostri nipoti per vedere cambiare le cose. E questo mi lascia un certo ottimismo sul futuro.


    Fonte: DuPont

    Articolo:

    Piattaforma Biofuels Italia
    La risposta italiana in fatto di biocarburanti alle richieste di organizzazione dell'Unione europea

    Presentata all'Università di Bologna all'inizio del 2008, la Piattaforma Tecnologica Biofuels Italia intende promuovere l'uso di biocarburanti in Italia. La piattaforma italiana è stata istituita di quale corrispettivo nazionale della European Biofuels Technology Platform varata l'8 Giugno 2006 dalla Commissione europea. Sostenibilità delle filiere di produzione, i tipi di coltura più idonea su cui puntare in Italia nel breve e nel lungo termine, la ricerca di soluzioni capaci di incrementare la resa di biocarburanti diminuendo l’impatto ambientale sono alcuni dei temi sui quali si stanno concentrando gli esperti italiani riuniti nella piattaforma.

    Scopo della piattaforma è rispondere agli obiettivi dell'Unione europea nel campo dei combustibili e, parallelamente, contribuire in maniera forte alle esigenze ambientali. Per raggiungere questi obiettivi la piattaforma promuove la ricerca relativa allo sviluppo di filiere competitive, eco-compatibili e in grado di creare un mercato sostenibile per la produzione e l'uso di biocarburanti per autotrazione, macchine agricole e motopesca, attraverso l'emanazione di linee guida, l'integrazione di studi di sistema, la promozione di programmi di ricerca e il coordinamento di attività di divulgazione.

    Biofuels Italia è composta da un'Assemblea di oltre 150 aderenti alla Piattaforma rappresentanti del mondo operativo e di quello della ricerca dell'intero settore. Al suo interno opera un Direttivo che raggruppa tutte le componenti della filiera - dalla ricerca (Università ed ENEA), alle organizzazioni della produzione (ITABIA, Confagricoltura che rappresenta anche Coldiretti e CIA) alla trasformazione (ASSODISTIL per l'Etanolo, Assocostieri – Unione Produttori Biodiesel per il biodiesel, Lyondell per gli eteri), alla distribuzione (ENI), fino agli usi finali (Centro Ricerche Fiat e Magneti Marelli). E' inoltre presente un Comitato Scientifico suddiviso in 5 gruppi di lavoro (biomasse, trasformazione, sostenibilità, uso, economia) a cui partecipano circa 100 specialisti ad elevatissima professionalità.

    Biofuels Italia non si occupa di tutte le bioenergie, ma solo di un settore di esse: i biocarburanti. La Commissione europea vede nei biocarburanti uno degli assi portanti della politica energetica e ambientale. Già nel 2003 l'Europa si era posta l’obiettivo di sostituire nel 2005 e nel 2010 rispettivamente il 2% e il 5,75% dei combustibili per il trasporto su strada con biocarburanti. Nel 2007, nonostante i risultati non particolarmente entusiasmanti, ha rilanciato puntando al 10% entro il 2020. L'Italia è ancora lontana da questi obiettivi e nel 2005 aveva raggiunto una percentuale media di incorporazione dello 0,46%. Nel 2020, l’Italia dovrebbe consumare oltre 4 milioni di TEP (tonnellate equivalenti di petrolio) di biocarburanti, dei quali 0,6 TEP saranno prodotti sul territorio nazionale mentre il resto dovrà essere importato. Con le tecnologie attuali, sul territorio nazionale, dai 600 agli 800 mila ettari di seminativo saranno impegnati in queste produzioni. Con i biocarburanti, cosiddetti di seconda generazione per le stesse quantità le superfici sarebbero ridotte di quasi un terzo

    La piattaforma si occuperà anche degli aspetti critici legati ai biocarburanti: il potenziale conflitto food e non food e l'importazione di materie prime o di prodotti finiti dall’estero.
    Ad esempio, esistono biocarburanti buoni o cattivi? La risposta è no e la generalizzazione è sicuramente un errore fondamentale. I biocarburanti possono essere buoni o cattivi a seconda delle situazioni in cui viene realizzata la filiera. Proprio lo studio delle filiere produttive in tutta la loro complessità rappresenta un obiettivo fondamentale di Biofuels Italia per individuare le soluzioni più appropriate a ciascuna realtà di produzione, distribuzione e consumo
    Tenendo conto dei vincoli ambientali, di quelli sociali ed economici, esistono ancora ampi margini di miglioramento sia relativamente alla scelta delle colture, che possono essere geneticamente migliorate, alla tecnica di coltivazione, alla loro collocazione negli areali più adatti, a logistiche, trasformazione, fino all'uso finale. Tutti questi aspetti porteranno ad un incremento delle rese di materia prima agricola e dell’efficienza di trasformazione, consentendo di limitare la concorrenza fra usi alimentari ed energetici delle colture, grazie ad un potenziamento della produttività a parità di superficie agricola investita.

    I biocarburanti rappresentano quindi un tema di indubbio interesse nazionale, oltre che europeo, nell’ottica dell’utilizzo di fonti di energia rinnovabili e alternative a quelle tradizionali, della ricerca di nuovi mercati per la produzione agricola nazionale e dello sviluppo tecnologico competitivo dell’industria. Un tema che, vista l'importanza, necessita che tutti gli attori coinvolti, pubblici e privati, industriali e di ricerca, possano presentarsi con una posizione condivisa che tenga conto delle esigenze di tutti mantenendo le specificità relative alla nostra Nazione. Nel corso del 2008 la piattaforma ha lavorato per creare questa posizione condivisa ed entro l'anno, Biofuels Italia si propone di completare il Vision document e la Strategic Research Agend. Inoltre i suoi membri hanno partecipato a numerosi congressi e tavole rotonde per contribuire a divulgare una informazione corretta sull’argomento. Pregiudizi e disinformazione, infatti, sono spesso stati alla base di prese di posizione, anche autorevoli, contrarie ai biocarburanti.


    Prof. Gianpietro Venturi
    Università di Bologna
    Chairman P.T. Biofuels Italia
     
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  9. francesco1966
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    Biocarburante no-food, da competizione e non solo
    Bioetanolo derivato dagli scarti di vino e grappa, altrimenti non utilizzabili

    Fonte: Ecoblog.it

    La Magigas, azienda che opera nel settore energetico, negli ultimi tre anni, è stata una delle aziende in Italia più attiva nell’ambito della ricerca sul carburanti a base di bio-etanolo.
    L’esperienza maturata nel mondo delle corse dalla divisione Extreme Competition ha permesso a Magigas di individuare nel Bio-Etanolo un prodotto 'verde' ottime caratteristiche 'racing' (elevato fronte di fiamma ed un alto indice ottanico, Ron 104). Caratteristiche che consentono, ad un motore benzina alimentato con miscele a base di Bioetanolo, di incrementare la compressione e la pressione di sovralimentazione e di poter 'anticipare l’accensione', con conseguente crescita della potenza senza pericolo di battito in testa o di pre-detonazione.
    Il Bioetanolo ha una formula chimica (CH3CH2OH) ricca di ossigeno e, grazie anche a questo, una combustione molto più pulita e completa dei carburanti di origine fossile, tale da rendere i 'fumi' allo scarico ricchi di vapore acqueo, con bassissima presenza di monossido di carbonio e ossido di azoto (NOx).
    Al fine di prevenire e superare le critiche che ad oggi gravano sui carburanti verdi derivati dai cereali, e in attesa che nuove colture (alcune alghe e alcune piante a crescita rapida capaci di adattarsi a suoli poveri e poco fertili) trovino il loro spazio ma anche che nuovi procedimenti chimici permettano di sfruttare in maniera industriale (conveniente e rapida), tutte le biomasse di tipo cellulosico ancora oggi inutilizzate (cioè la gran parte dei sottoprodotti delle coltivazioni), Magigas preleva la sua materia prima (alcol etilico) dagli scarti derivanti dalla produzione di vino e grappa, acquistando tutto quell’alcool che per vari motivi non può essere impiegato nelle suddette filiere.
    Il Bio-Etanolo Magigas è pertanto assolutamente di origine No-Food. Magigas fornisce i propri prodotti 'verdi' anche al comune di La Spezia, unico in Italia ad aver aderito al progetto europeo Best (BioEthanol for Sustainable Trasport, cioè Bio-Etanolo per un Trasporto Sostenibile). Il comune ha acquistato tre nuovi mezzi per il trasporto pubblico alimentati a bio-etanolo e diverse vetture Flexi Fuel (con un obiettivo dichiarato di ca 100 vetture). Si trova infatti a La Spezia il primo distributore di Bio-Etanolo funzionante in Italia.
    L’esperienza precocemente maturata da Magigas nell’utilizzo del Bioetanolo ha permesso all’azienda ed ai suoi tecnici l’individuazione di un perfetto mix di Bioetanolo e Benzina uso competizione, il Bio Racing Fuel.
    Se siete interessati e volete approfondire l’argomento vi rimandiamo al sito www.extremecompetition.it

    Fonte: Ecoblog.it
     
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  10. francesco1966
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    27 gennaio 2009 - 12:52
    Obama sostiene la produzione di biocarburanti dall'agricoltura
    Coldiretti

    Nonostante il crollo del prezzo del petrolio il neo presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, nel proprio programma agricolo si pone l’obiettivo di sostenere la leadership americana nella produzione di biocarburanti provenienti dai prodotti agricoli delle campagne americane.
    E’ quanto afferma la Coldiretti sottolineando che si tratta di un obiettivo coerente a sostegno dell’impegno a rivedere i limiti nelle emissioni inquinanti delle auto nel proprio Paese.
    Il bioetanolo, spiega la confederazione, viene prodotto tramite processi di fermentazione e distillazione di materiali zuccherini, amidacei o sottoprodotti come cereali, barbabietola da zucchero e prodotti della distillazione del vino, mentre il biodiesel deriva dall'esterificazione degli oli vegetali ottenuti da colture come il colza e il girasole.
    Con il biodiesel, conclude la Coldiretti, è possibile ridurre dell'80% le emissioni di idrocarburi e policiclici aromatici e del 50 quelli di particolato e polveri sottili mentre con il bioetanolo si riducono le emissioni di idrocarburi aromatici come il benzene del 50% e di oltre il 70% l'anidride solforosa, mentre cali più contenuti si hanno anche per il particolato e per le polveri sottili.

    Fonte: Agrapress

    Usa: la moda del biocarburante da olio da cucina
    Energia pulita utilizzatissima nei campus universitari

    Un sistema sicuramente sostenibile per produrre e utilizzare biocarburanti è quello che stanno sperimentando un numero sempre maggiore di campus universitari negli Usa.
    L’ultimo in ordine di tempo è il Sinclair Community College, che trasforma l’olio usato alla mensa dell’università per friggere le patatine o gli anelli di cipolla in carburante per alimentare i serbatoi dei trattori e delle falciatrici impiegati nelle attività di manutenzione dei giardini del campus.
    Non è stato il test di un solo giorno, ma una pratica ormai consolidata, tanto che finora gli studenti hanno già prodotto 454 litri di biodiesel al costo di 1 dollaro per ogni 4,54 litri. Considerando il prezzo del diesel tradizionale, 2,54 dollari a gallone (cioè ogni 4,54 litri) il risparmio è stato di 150 dollari.
    'E' un gesto simbolico', ha dichiarato Bob Gilbert, direttore del centro di Istruzione sull'energia del college. 'Il nostro primo obiettivo è l’istruzione', ha aggiunto. Ma un sistema così efficace forma professionisti che saranno motivati ad applicarlo anche in futuro nelle loro attività private o creando aziende nel settore dei combustibili verdi o delle energie pulite.
    Nei campus americani è ormai diventato una moda. All’università statale di New York gli studenti hanno fuso una gigantesca statua di burro da 400 chili, esposta a una fiera nazionale, ricavando combustibili per alimentare i veicoli del campus.
    Il Dickinson College di Carlisle, Pennsylvania, produce ogni settimana da 227 a circa 680 litri di biodiesel che alimentano le falciatrici del campus e il camion che trasporta i rifiuti. Dopo aver raddoppiato la produzione, l’università ha iniziato a produrre dai sottoprodotti del biodiesel anche compost e saponi biologici che vengono venduti nella libreria del campus. Nell'università del Kansas, la ricerca sul biodiesel è iniziata nel settembre del 2007 con il coinvolgimento di due persone, adesso al progetto partecipano 25 volontari.

    Fonte: ZeroemissionTV
     
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  11. francesco1966
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    Lo sceicco proibisce i biocarburanti
    'Sono composti da alcool', non consoni all'Islam

    Secondo lo Sceicco Mohammed al-Najimi, i biocarburanti non sono consoni alla religione islamica. Dice infatti il religioso: 'sono essenzialmente composti da alcol '.
    Ma ha anche precisato che il suo parere non deve essere considerato una fatwa o un pronunciamento giuridico dell’Islam, ma deve indurre i leader islamici a studiare il problema.
    Al-Najimi ha detto che il divieto dell’uso dei biocarburanti dovrebbe essere esteso a tutti i Paesi islamici (tra cui l’Indonesia la cui popolazione è per 86% musulmana) e dovrebbe toccare anche quei musulmani che vivono e studiano all’estero e che potrebbero usare veicoli che vanno a biocarburanti o che usano miscele addizionate.
    Infatti, ha specificato lo Sceicco allo Shams, giornale arabo, che il Profeta Maometto ha proibito tutto ciò che ha a che fare con l’alcol, inclusa la vendita, l’acquisto, il trasporto, il berlo, il servirlo e il produrlo.

    Fonte: Ecoblog

    Brasile: si vende più bioetanolo che benzina


    Cresce la vendita di bioetanolo in Brasile, infatti per la prima volta nella storia del paese sud americano le vendite come carburante per autoveicoli hanno superato quelle di benzina.
    L’etanolo è un combustibile che può essere derivato da tante materie prime, ma che in Brasile viene trasformato in gran parte dalla canna dalla zucchero, attraverso un processo di fermentazione alcolica degli zuccheri presenti nella pianta.
    In Brasile, gli scambi sono aumentati in un anno del 45%, raggiungendo la quota di circa 16 miliardi di litri venduti nei distributori sparsi nel Paese. Si tratta di cifre da capogiro da cui si evince come questo non sia ormai più un mercato di nicchia.

    Fonte: Ecoblog.it
     
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  12. francesco1966
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    Ue: arrivano i dazi 'antidumping' al biodiesel Usa
    Introdotti provvisoriamente dalla Commissione europea


    Con il Regolamento (CE) n. 193/2009 della Commissione europea, dell’11 marzo 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale europea (L67 del 12 marzo), viene istituito come annunciato nei giorni scorsi un dazio 'antidumping' provvisorio sulle importazioni di biodiesel originario degli Stati Uniti d'America.
    'Il dazio antidumping', si legge nel regolamento, 'sarà applicato alle miscele contenenti, in peso, più del 20% di biodiesel in misura proporzionale al loro tenore di biodiesel'.
    A partire da domani, dunque, le compagnie statunitensi che importano biodiesel dovranno pagare, inizialmente solo per un periodo di sei mesi, tariffe addizionali contro la 'concorrenza sleale' secondo un'aliquota che per il dazio antidumping dal 3,4% arriva fino al 29%, mentre per il dazio compensativo delle sovvenzioni che i produttori di biocarburanti ricevono negli Usa va dal 29 al 41%.Tradotto in euro, le due misure provvisorie contro il biodiesel a stelle strisce costeranno da 211,20 euro a 237 euro a tonnellata, per quanto riguarda il provvedimento 'anti sovvenzioni', e da 23,60 a 208,20 euro a tonnellata per quello 'antidumping'.
    Trascorsi i sei mesi, Bruxelles deciderà se imporre o meno 'dazi definitivi' per almeno cinque anni. Ma questi ultimi dovranno essere approvati dai 27.

    Fonte: ZeroemissionTV
     
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  13. francesco1966
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    Belgio, dall'1 luglio 2009, il 4% di biofuel alla pompa
    Si accellerano i provvedimenti sui biocarburanti


    Seguendo l'esempio della vicina Francia, il Belgio accelera sui biocarburanti.
    A partire dall'1 luglio, il carburante venduto alla pompa dovrà contenere almeno il 4% di biocarburanti secondo un progetto di legge approvato la settimana scorsa.
    Finora il Belgio aveva attuato solo misure di incentivo alla diffusione dei biocarburanti: i 7 produttori del Paese erano esentati dal pagamento dell'accisa.
    Tuttavia, questa strada non ha sortito gli effetti sperati: meno dell'1% del carburante fornito dai distributori è costituito infatti da biodiesel, appena lo 0,63% da bioetanolo.
    L'obbligo è stato dunque introdotto per avvicinare il raggiungimento del target di 5,75% di biocarburante alla pompa stabilito dall'Unione europea per 2010, obiettivo da cui il Belgio è ancora molto lontano.
    Secondo l'Unione delle società petrolifere belghe, una volta approvata questa misura causerà un aumento del prezzo del carburante alla pompa di 3 centesimi al litro.
    Il governo ha ribattuto che l'esenzione dal pagamento dell'accisa permetterà di limitare la riduzione del prezzo.

    Fonte: ZeroemissionTV
     
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  14. francesco1966
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    Il Sudan punta sull'etanolo da canna da zucchero
    Gli impianti per la produzione di biocarburante saranno forniti da un'azienda brasiliana
    zoom zucchero di canna.jpg

    Grandi mire nella produzione di etanolo dalla canna da zucchero per il Sudan.
    Il presidente sudanese, Omar al Bashir, rivela Apcom, ha lanciato ieri un programma ambizioso che mira a fare del Paese il capofila africano nel settore dei biocarburanti.
    Già oggi il gruppo Kenana, di proprietà del governo sudanese e di fondi arabi, produce zucchero e melassa a partire dalla canna da zucchero e presto dovrebbe avviare la produzione vera e propria.
    Utilizzerà impianti forniti dal gruppo brasiliano Dedini.
    Lo stabilimento è situato nello Stato del Nilo bianco, 250 chilometri a sud di Khartoum.
    L'obiettivo è arrivare a produrre 65 milioni di litri di etanolo entro la fine dell’anno per balzare a 200 milioni di litri in due anni, stando a quanto annunciato dal governo di Khartoum.

    Fonte: ZeroemissionTV
     
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  15. francesco1966
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    L'auto da Formula Uno che va a carote e patate
    Realizzato il prototipo dell'auto da corsa sostenibile

    Chi l’ha detto che nella Formula 1 tutto e tutti devono sottostare alla legge della velocità, a scapito dell’ambiente?
    Sono partiti da questa idea i ricercatori che hanno sviluppato il prototipo di una macchina da corsa sostenibile.
    Il volante dell’auto è fatto di Curran, un polimero della carota, altre componenti della carrozzeria della macchina vengono da patate e da fibre di lino. I pannelli, invece, provengono da bottiglie di vetro riciclate e da pannelli in fibra al carbonio.
    Il sedile è fatto di schiuma proveniente dall’olio di semi di soia e come lubrificante si usa olio proveniente dalle piante. Infine, il telaio elettrico, che viene da materiali riciclati privi di componenti alogene. Il prototipo di macchina da corsa eco-friendly per una Formula 1 sostenibile non è ancora completato, ma lo si potrà vedere in pista per una prova demo presso il Goodwood Festival in Inghilterra, a dimostrazione del fatto che anche la Formula 1 può essere verde.



    Fonte: Ecoblog.it
     
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22 replies since 29/8/2008, 10:45   782 views
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