Se i giovani trascurano la previdenza integrativa

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  1. metodico
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    Se i giovani trascurano la previdenza integrativa

    Ciao vi riporto qui un articolo importante per i GIOVANI e non, ovviamente pubblicato anche su alagoas.it :

    di Massimiliano Di Pace

    Il cambiamento del sistema previdenziale non è ancora percepito da tutti. Lo dimostra il numero piuttosto limitato degli iscritti alla previdenza complementare: 3,2 milioni rispetto ai 23 milioni di occupati, dei quali 17 milioni lavoratori dipendenti.
    Eppure la pensione media percepita dai 16,5 milioni di pensionati è un po’ meno di 1.300 euro lordi al mese, ed accanto agli 1,6 milioni di pensionati che hanno una pensione mensile di oltre 2mila euro, ve ne sono altri 4 milioni che non arrivano a 500 euro al mese, affiancati da ulteriori 5 milioni che devono cavarsela con una pensione compresa tra 500 e 1.000 euro.
    Eppure la spesa pensionistica è la componente più elevata della spesa pubblica: 215 miliardi di euro nel 2005 secondo i dati Istat-Inps, mentre la Banca d’Italia ha certificato che nel 2006, su 745 miliardi di euro di spesa pubblica complessiva, ben 253 miliardi erano stati destinati a prestazioni sociali in denaro, che comprendono anche trattamenti come la cassa integrazione.
    Non è quindi una sorpresa che il tema delle pensioni sia al centro delle attenzioni di tutti i Governi. Il motivo dell’interesse è chiaro: dato che la spesa pensionistica rappresenta ormai circa un terzo della spesa pubblica totale, e dato l’andamento demografico, ecco che la questione previdenziale è sempre presente nelle agende di tutte le coalizioni.
    Insomma tutti riconoscono che il sistema previdenziale va rivisto, ed al tempo stesso tutti sono d’accordo su un punto: i diritti acquisiti non si toccano, quindi le pensioni attuali non possono essere ridotte, e neppure è possibile rivedere in modo significativo i meccanismi di calcolo delle pensioni per gli attuali lavoratori. Insomma spetta alle prossime generazioni sopportare il peso delle riforme. Ed a questa filosofia è stata ispirata l’unica vera riforma del sistema pensionistico italiano, la riforma Dini del 1995, che ha modificato il sistema di calcolo delle pensioni, passando dal retributivo al contributivo, ma solo per coloro che cominciavano a lavorare dal 1996 (ed in parte anche per coloro che avevano meno di 18 anni di contributi a fine 1995).
    CITAZIONE
    Di fatto, il nuovo sistema comincerà ad entrare in funzione dopo il 2015, ossia quando inizieranno ad andare in pensione coloro che avevano meno di 18 anni di contribuzione a fine 1995, per entrare a pieno regime solo nel 2035, quando diventeranno pensionati quelli che avevano iniziato a lavorare nel 1996.

    Le differenze tra i due sistemi non sono di poco conto. Per coloro che hanno il sistema retributivo è importante solo avere stipendi alti negli ultimi 10 anni di lavoro, poiché è alla media di questi stipendi che si applica il coefficiente dell’80% per calcolare la pensione, ovviamente se hanno avuto 40 anni di contributi, altrimenti questa percentuale si riduce di 2 punti per ogni anno di contribuzione in meno.

    Invece i lavoratori con il sistema contributivo devono preoccuparsi di accumulare contributi il più possibile fin dall’inizio. Tanto per fare un esempio, con gli attuali coefficienti, che ciascuno di noi può leggere sull’estratto conto contributivo, si scopre che per avere da 65 anni in poi 2.000 euro di pensione mensile lorda (che vuol dire circa 1.600 euro netti), occorre aver accumulato 400mila euro. Infatti, applicando a questo montante il coefficiente 6,136%, si ottiene poco più di 24mila euro, che diviso 12 dà appunto 2mila.

    Insomma, se non si hanno contributi pari a 10mila euro l’anno (per 40 anni), ossia una media di circa 30mila euro lordi annui di stipendio, non ci si può attendere una grande pensione. Con questi chiari di luna è evidente che deve cambiare la mentalità dei lavoratori, soprattutto di quelli più giovani, non sempre consapevoli di questa nuova realtà.

    Ecco dunque che le forme previdenziali complementari, prima solo un optional, diventano ora sempre più necessarie. Esse sono costituite principalmente da fondi pensione aperti, ossia gestiti da banche o da assicurazioni, e da fondi pensione chiusi (detti anche negoziali), istituiti dalle associazioni dei datori di lavoro e dai sindacati, per specifici settori produttivi, che rappresentano il cosiddetto secondo pilastro del sistema pensionistico. Spetta al lavoratore scegliere quale fondo utilizzare, destinandovi innanzitutto il Tfr, sebbene vada detto che i fondi pensione chiusi possono essere alimentati anche da contributi ulteriori previsti dai contratti collettivi. Va però riconosciuto che la pensione ottenibile da questi fondi, se alimentati solo dal Tfr, può essere circa pari ad un quarto di quella ottenuta dall’Inps o dagli altri enti previdenziali, visto che il contributo previdenziale è il 33% dello stipendio (23% per i collaboratori), mentre quello del Tfr è solo il 7,4% del salario.

    CITAZIONE
    Non va quindi escluso neppure il TERZO PILASTRO del sistema previdenziale, dato dai piani individuali previdenziali, basati su polizze sottoscritte con compagnie assicurative del ramo vita. Secondo la relazione della Covip per il 2006, vi sono oggi solo 3,2 milioni di iscritti alla previdenza complementare, di cui 1 milione con le polizze individuali, ed il rimanente nei fondi pensione. La debolezza della previdenza complementare è ancora più evidente se si considera che sono state accumulate risorse per le prestazioni pari a 51 miliardi di euro, neppure un quarto della spesa pensionistica di un solo anno (214 miliardi di euro).

    Fonte: repubblica.it supplemento Affari&Finanza del 26 novembre 2007

    se avete domande ..parliamone.

    Edited by MetS - 10/11/2008, 05:05
     
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  2. claudio5
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    Premetto che la mia risposta non ha carattere polemico ma visto che ci sono molte oppinioni in merito e io ritengo che la previdenza complenentare sia una via per affidare alle " attualmente sofferenti gestioni bancarie " una parte di denaro che prima era nelle casse delle aziende produttive con il tfr mi permetto di allegare questa intervita :

    Beppe Scienza, docente di Metodi e modelli per la pianificazione economica all'Università di Torino e autore del libro «Il risparmio tradito».

    Che cos’è che non va nella legge sulla destinazione del Tfr alla previdenza complementare?
    «Oltre alla subdola clausola del silenzio-assenso, soprattutto una grave disparità di trattamento: chi tiene il Tfr nella forma attuale potrà sempre cambiare idea; chi passa alla previdenza complementare, non potrà mai tornare sui suoi passi. Poi ci sono vere e proprie assurdità».

    Ci faccia un esempio...
    «Nei fondi pensione chiusi piazzeranno i propri uomini (e donne) sia i sindacati sia le aziende. Ma qui la concertazione non ha nessun fondamento: i soldi nei fondi spettano solo ai lavoratori che aderiscono. Che cosa c’entrano i datori di lavoro?».

    Eppure è una legge che gode di un largo consenso…
    «Diciamo pure che è un esempio da manuale di un provvedimento cosiddetto bipartisan: il Governo Prodi ha anticipato in fretta e furia la riforma Maroni-Tremonti, praticamente senza cambiarne una virgola».

    Ma nella sostanza conviene tenersi il Tfr o aderire a un fondo pensione?
    «Per chi entra ora nel mondo del lavoro, rinunciare al Tfr vuol dire non ricevere più la liquidazione nel momento in cui venisse licenziato: già questo è molto grave. Per tutti significa che, all’età della pensione, almeno metà del capitale nel fondo sarà obbligatoriamente convertito in una rendita a condizioni decise da altri. In ogni caso è prudente tenersi ben stretto il Tfr finché non esistono fondi che garantiscano il potere d’acquisto delle somme versate».

    Quali garanzie abbiamo che la gestione dei fondi sia trasparente?
    «La legge sulla previdenza complementare non impone nessuna particolare trasparenza, per cui è scontato che essa sarà ancora minore rispetto a quella (quasi nulla) dei fondi comuni d’investimento».

    È vero che la pensione integrativa sarà liquidata un giorno da una compagnia di assicurazioni?
    «Potrebbe anche essere lo stesso fondo pensione a farlo. In entrambi i casi si corrono rischi d’insolvenza, perché non esiste nessun fondo di garanzia, come invece per i soldi depositati in banca».

    Chi ci guadagna di più dai fondi pensione: il lavoratore o il gestore?
    «Il gestore ci guadagna comunque vadano le cose. Il rischio è scaricato tutto sul lavoratore, che può guadagnarci o rimetterci anche molto. Il vero vantaggio del Tfr non risiede comunque in un’alta redditività, ma in un’elevata sicurezza».

    Ma i fondi pensione possono anche fallire?
    «No, ma in situazioni come quelle degli anni Settanta, un fondo azionario perderebbe anche il 75 per cento del suo valore reale. In un caso simile i ¾ della pensione integrativa andrebbero in fumo. Il limite di tutta la previdenza complementare è l’assenza di garanzie in termini reali, mentre il Tfr difende egregiamente il potere d’acquisto delle somme accantonate».

     
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  3. metodico
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    Con tutto il rispetto per il professore di economia Beppe Scienza non capisco dove vuole andare a parare. Il tfr lo teniamo in azienda ? Perchè prima il tfr lo si lasciava al datore di lavoro non si intascava mensilmente, quindi la sua affermazione "c'è li teniamo noi" non a senso !! E quanti lavoratori hanno perso la liquidazione lasciandolo in aziende piccole che sono fallite ?
    O in aziende grandi come quelle americane, vedi ENRON ?
    Certo se il tfr lo mettiamo in un FONDO COMPLEMEnTARE, quindi lo diamo da gestire a una banca o un'assicurazione, non possiamo tornare indietro, non prendiamo i soldi domani mattina. Però dopo 8 anni possiamo riscattare una parte per acquisto di una casa, per ristrutturare, per operazioni mediche.
    I soldi non sono tutelati, o c'è il rischio di vederli decurtati di valore ? Certo questo è possibile, dipende da come vengono gestiti e da come li si vuole investire : ci sono linee monetarie, obbligazionarie, bilanciate, azionarie.
    La storia economica dice che un'investimento azionario nel lungo periodo (che va dai 20 ai 30 anni tipico investimento sia del tfr che la pensione integrativa per un giovane) è sempre RISULTATO VINCENTE rispetto all'investimento obbligazionario, tanto più rispetto a quello monetario. E questo è tanto maggiore quanto gli investimento siano fatti mensilmente, perchè permettono di sfruttare la naturale oscillazione in basso e in alto dei mercati azionari.
    Se i soldi li teniamo sotto il letto perdono di valore perchè esiste l'inflazione !! se li teniamo in banca sul conto corrente on line ci rendono come un BOT ma l'inflazione è comunque superiore (quella reale non quella che indica l'ISTAT).
    Quindi nonostante la verità che le banche e assicurzioni ci guadagniano con le operazioni di investimento non mi sembra "corretta" l'analisi del professore, e piuttosto di parte, ma non riesco a capire di quale parte voglia essere.
     
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  4. metodico
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    mi sono dimenticato di dire:
    il fondo complementare prevede che se l'ammontare globale del tfr maturato non garantisce almeno la metà della pensione minima (oggi corrispondenti a circa 250 euro al mese) TUTTA LA CIFRA ACCUMULATA viene liquidata.
    Facendo i calcoli con i parametri di oggi accumulare 100.000 euro di tfr che sono già abbastanza soldi non garantisce questo limite minimo quindi i soldi al momento della pensione (oggi 65) viene interamente liquidata.

    CITAZIONE
    In più lasciare il TFR in azienda comporta una ritenuta fiscale superiore a quella dei fondi compplementari (l'aliquota minima è del 23%) dell'ammontare complessivo del tfr accumulato mentre per i fondi è del 15% ma che descresce di 0,30 per ogni anno in più dal 15 (es. un fondo complementare come il mio fatto per 28 anni, pagherà una trattenuta del 15 % meno (0,3 X 13 =3,9) quindi 15-3,9 =11,1 % meno di un BOT !. sono in questo c'è un guadagno notevole di soldi e se l'aliquota reddito è più alta del 23% ancora di più. La decurtazione massima per un fondo complementare è del 6% (cioè non si scalano più di 6 punti percentuali dai 15 % inziali, quindi si arriva al massimo a pagare una trattenuta del 9% anche se gli anni di contribuzione superiori ai 15 moltiplicati per lo 0,30 facessero di più del 6%)



    Edited by metodico - 11/11/2008, 01:18
     
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3 replies since 9/11/2008, 12:28   142 views
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