LA VERA STORIA DI GREENPEACE

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    Questo è lo slogan che campeggia sulla pagina del sito di Greenpeace. E’ assolutamente corretto ma incompleto. Dovrebbe infatti riportare: “sei coinvolto anche nell’evitare di farti fregare da organizzazioni come Greenpeace”. Certo, perché dietro alla facciata di campagne dalla filosofia spesso condivisibile, nascondono ben altro. Come è spiegato anche nel libro “Le bugie degli ambientalisti” di cui riportiamo alcuni interessanti stralci.

    “Greenpeace si presenta come un'associazione per la difesa dell'ambiente, in verità è una multinazionale che cerca potere politico e denaro.” Così disse alla rivista brasiliana “Veja” il giornalista islandese Magnus Gudmundsson. Patrick Moore, membro fondatore e direttore per 15 anni di Greenpeace, ha raccontato al “Sole 24 Ore”: “Oggi gran parte dei leader verdi sono in realtà attivisti politici che si servono della retorica ambientalista per promuovere iniziative che hanno molto più a che fare con la lotta di classe e con l'anti-globalizzazione che con l'ecologia e la scienza”. Kalle Hestvedt, portavoce di Greenpeace, ha detto al quotidiano norvegese “Verdens Gang”: “La verità è che molte questioni ambientali per le quali ci siamo battuti negli ultimi dieci anni sono ormai risolte. Nonostante ciò, la strategia continua a basarsi sul presupposto che tutto sta andando in malora”.

    In effetti Greenpeace è un'organizzazione ambientalista con caratteristiche particolari. Più che dedicarsi a programmi di sviluppo per far crescere boschi o a salvaguardare specie in via di estinzione, è nota per gli assalti alle navi, per le manifestazioni contro l'industria chimica, per gli attacchi alle piantagioni biotech, per le tecniche spettacolari e aggressive utilizzate contro imprese che sarebbero la causa di "inquinamento". Slogan duri, campagne pubblicitarie vaste e diffuse, una grande capacità di apparire sui mezzi di comunicazione di massa, azioni dimostrative e un organizzatissimo ufficio stampa, questa è la forza di Greenpeace. Sulla base di questa capacità di "fare notizia" Greenpeace ha costruito un vero e proprio impero finanziario con decine di sedi e milioni di dollari.

    L'impero finanziario di Greenpeace
    Greenpeace International ha sede ad Amsterdam ed è la più grande organizzazione dell'universo di Greenpeace. Gli uffici nazionali di Greenpeace sono circa quaranta, distribuiti in tutto il mondo. Alcuni sono entità indipendenti, altri, invece, sono satelliti di Greenpeace International. Nel 2000 il budget totale di tutte le organizzazioni Greenpeace, incluso la International, è stato di 143 milioni di dollari. Negli USA le entità principali e indipendenti sono Greenpeace, Inc. e Greenpeace Fund, Inc. Entrambe sono organizzazioni no-profit ma con differente profilo. La legge statunitense prevede due tipi di no-profit, la principale differenza tra i due è che nel primo caso i benefattori possono dedurre dalle tasse i contributi, ma questi ultimi possono essere impiegati dall'associazione solo per attività educative, caritative, religiose e altre, ma mai per intraprendere azioni legali o partecipare a campagne pro o contro candidati politici.

    Greenpeace Fund, Inc. ha la sua principale sfera d'azione nel raccogliere fondi da destinare ad altre Greenpeace e non svolge attività in proprio. Nel panorama statunitense merita un cenno anche Greenpeace Foundation, Inc. Si tratta di una delle prime organizzazioni Greenpeace, con base nelle Hawaii. Essa è in aperto contrasto con Greenpeace USA e Greenpeace International. A esse rimprovera spregiudicatezza nella raccolta dei fondi, antiamericanismo e insufficiente devozione alla causa della difesa degli animali. È una organizzazione di tipo 501 (c) (3) e non spende più di 250.000 dollari all'anno. Il fatto che Greenpeace Fund, Inc. si occupi esclusivamente di raccolta di fondi deducibili e della loro successiva distribuzione a organizzazioni collegate ma con diverso regime fiscale è alla base di molti dubbi e sospetti, anche perché non si capisce il motivo dell'esistenza di organizzazioni a diverso statuto per uno scopo apparentemente unico, come l'asserita tutela dell' ambiente.

    Gestione antidemocratica
    Un articolo apparso sul settimanale tedesco «Der Spiegel» aveva già svelato alcuni retroscena riguardanti l'organizzazione interna di Greenpeace. Ha scritto «Der Spiegel»: «Greenpeace è la più ricca organizzazione ecologista del mondo. La multinazionale dell'ambientalismo ha 40 filiali in 25 paesi e dichiara 200 milioni di dollari di introiti l'anno. L'oligarchia di Greenpeace decide e amministra sopra le teste del popolo verde. Milioni che vanno, milioni che vengono, e i percorsi sono poco chiari. Sotto accusa è la fitta rete di società controllate al 100% da Greenpeace ID Germania che permetterebbe alla holding ecopacifista di mantenere il proprio status di organizzazione senza scopo di lucro e di conseguenza di beneficiare di esenzioni fiscali. Le accuse mosse da «Der Spiegel» riguardano anche la struttura interna di Greenpeace: “La base non ha alcun potere sull' amministrazione delle risorse e sulla definizione degli obiettivi. Il potere è tutto nelle mani di 12 grandi elettori. Su 25 delegati solo 12 hanno diritto di voto, quelli dei paesi i cui uffici sono abbastanza forti da permettersi di versare a Greenpeace International almeno il 24 % del proprio bilancio annuo. Sono i ricchi che decidono. In Germania su 700.000 iscritti solo 30 hanno potere decisionale, una rappresentanza dello 0,0004 %".

    Dirigenti cacciati
    Ute Bellion, ex presidente di Greenpeace, sulle colonne di “Greenpeace magazine” ha scritto: “I simpatizzanti di Greenpeace non possono partecipare al voto. I direttori non amano l'influenza dei membri. Quest'ultimi ci sono solo per pagare e tacere”. Bjorn Okern, ex direttore di Greenpeace in Norvegia, avrebbe dichiarato: “Se uno crede che in Greenpeace vi sia democrazia farebbe meglio a prendere il vocabolario per sapere il significato del termine. In Greenpeace non può esservi democrazia. È una struttura piramidale, dove tutto è deciso al vertice, proprio come in un sistema militare”. Bjorn Okern, ha diretto Greenpeace Norvegia per due anni, dopodiché nel 1993 fu allontanato perché voleva discutere pubblicamente i metodi di gestione interna. Ha raccontato la sua esperienza in un libro (Potenza senza responsabilità), dove definisce Greenpeace come un movimento “ecofascista più preoccupato dei soldi che dell'ambiente”. In una intervista rilasciata a “Reclaiming Paradise”, Okern ha ribadito: “Chiunque pensi che i soldi di Greenpeace siano utilizzati per l'ambiente, sbaglia. Viaggiano in prima classe, mangiano nei migliori ristoranti e fanno la bella vita del jet-set ecologista; il motivo principale per cui danno importanza alle balene è perché ci si fanno i soldi”.

    Canada: Greenpeace non e un associazione caritativa
    Nel 1999 il governo canadese ha negato a Greenpeace lo stato di "opera caritativa" (corrispondente al nostro "associazione senza scopo di lucro") che la multinazionale verde aveva richiesto per facilitare la raccolta di fondi tra i cittadini. L'ufficio delle tasse Revenue Canada che si occupa delle concessioni ha dichiarato che “le attività di Greenpeace non hanno un beneficio pubblico", anzi le campagne condotte dall'organizzazione ecologista per mettere fine a diverse attività industriali potrebbero impoverire la gente. Per aggirare la legge, Greenpeace fondò un altro gruppo separato con l'idea di registrarlo come "opera caritativa", nonostante le autorità federali giudicarono che le attività della nuova organizzazione non erano previste dalla legge. In particolare, il governo segnalò la grande quantità di denaro che il gruppo del Canada inviava all'ufficio internazionale di Greenpeace. La legge canadese non permette che le opere caritative funzionino come agenti per altri gruppi nella raccolta di fondi.

    Come conseguenza Greenpeace perse di nuovo lo stato di opera caritativa nel 1995 e perse pure l'appello nel 1998. Per aggirare di nuovo la legge i dirigenti di Greenpeace hanno fondato una nuova entità Greenpeace Environmental Foundation come mezzo per conseguire la registrazione di opera caritativa. Il governo ha negato la registrazione spiegando che quella di Greenpeace è stata un'operazione per aggirare le sentenze negative precedenti. Greenpeace ha di nuovo presentato appello e lo ha perso. In questa ultima sentenza Revenue Canada ha spiegato che, seppure la difesa dell'ambiente può essere considerata un'attività caritativa, Greenpeace non può rientrare in questa registrazione perché i suoi obiettivi e le sue campagne sono finalizzati al cambiamento dell' opinione pubblica e non alla difesa dell' ambiente. Un portavoce del Governo ha commentato che la maniera con cui Greenpeace dice di difendere l'ambiente crea dei problemi, visto che la diffusione della propaganda non ha alcun effetto migliorativo dell' ambiente.

    Parla un dirigente pentito
    Con un lungo articolo pubblicato da “Il Sole 24 Ore”, Patrick Moore, membro fondatore e direttore per 15 anni di Greenpeace, ha spiegato che come dimostrato dai “disordini di Seattle, in occasione della conferenza del WTO, il movimento ambientalista si è trasformato nei fatti in un movimento protezionistico e antiscientifico che usa le questioni commerciali come arma contro le multinazionali e i governi. Gli ambienti più radicali hanno finito per confondere e fuorviare l'opinione pubblica servendosi di sensazionalismo, disinformazione e contraffazione”. A dimostrazione delle sue tesi, Moore cita alcuni esempi riguardanti l'uso delle biotecnologie, il mancato utilizzo ambientale delle piattaforme petrolifere, le campagne per impedire il taglio degli alberi e le falsità diffuse in merito alla presenza di fitofarmaci negli alimenti. Per quanto riguarda le biotecnologie, Moore ha affermato che “molti ambientalisti sono violentemente contrari all'uso delle biotecnologie sebbene non sia mai stato provato che queste possano pregiudicare la salute dell'uomo.

    Le preoccupazioni ecologiste riguardo agli OGM sono però largamente controbilanciate dai benefici derivanti dall'aumento della produttività e dall'uso ridotto di fitofarmaci e fertilizzanti. Se da un lato è importante essere prudenti con qualsiasi nuova tecnologia, dall'altro bandire le biotecnologie sarebbe tanto stupido quanto decidere di fare a meno dei computer o delle medicine”. Circa la politica di impedire il taglio degli alberi, Moore ha spiegato che “Il movimento ambientalista ha adottato una politica anti-silvicoltura raccontando all'opinione pubblica che si dovrebbero tagliare meno alberi e usare meno legno. Questa, in effetti, è in realtà una posizione antiambientalista perché logicamente incoerente con le politiche che apporterebbero risultati positivi sia per le trasformazioni climatiche sia per la conservazione della biodiversità.”

    Un movimento contro il razzismo contesta Greenpeace
    “Africa yes, Greenpeace no”: questo lo slogan che si è levato contro Greenpeace a Jersey City (Stati Uniti) l'11 maggio 2003. Alcuni esponenti del CORE (Congress of Racial Equality di New York), uno tra i primi gruppi di attivisti neri per i diritti civili, hanno però deciso di sfruttare l'occasione per contestare apertamente Greenpeace. I manifestanti di CORE, si sono scagliati contro la politica di Greenpeace che, osteggiando l'introduzione di piante geneticamente modificate e lottando per l'abolizione su scala mondiale del DDT, di fatto impedisce all'Africa di sviluppare un'economia moderna. Nella provincia più colpita dalla malaria, il Kwa Zulu Natal, con la reintroduzione del DDT i casi della malattia sono calati dell'80%. Charles Wiirster, un ambientalista dirigente dell'Environmental Defence Fund, quando nel 1972 1'Agenzia statunitense per la protezione dell'ambiente (EPA) stava discutendo di bandire il DDT, di fronte all'obiezione che tale divieto avrebbe provocato molte morti nei paesi poveri, disse: “E allora? La popolazione è la causa di tutti i problemi. Abbiamo troppa gente. Abbiamo bisogno di meno persone e questa è una buona strada”. il portavoce nazionale di CORE, Niger Innis, ha sottolineato che bandire il DDT significa lasciare in balia di se stessi e totalmente inermi i Paesi afflitti dalla malaria. Innis ha dichiarato pubblicamente: “A volte ho la sensazione che a Greenpeace stia più a cuore la sorte dei virus che quella degli uomini”.

    FONTE INGANNO AMBIENTALISTA
     
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    Ok e quindi quale associazione consiglieresti?
     
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    Tra tutte direi non GreenPeace, in rete ne trovi tante, cerca con attenzione, leggi soprattutto i commenti, verifica gli scopi e come vengono finanziate, poi scegli secondo i tuoi principi!
     
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2 replies since 27/1/2009, 20:38   1145 views
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