SVILUPPO SOSTENIBILE DEL CALCESTRUZZO

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    L'UTILIZZO DI CENERI DA BIOMASSA PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE DEL CALCESTRUZZO

    1. SVILUPPO SOSTENIBILE

    La prima definizione di “sviluppo sostenibile” in ordine di tempo risale al 1992 quando Bruntland, alla Conferenza svoltasi a Rio de Janeiro nel giugno 1992 su “Ambiente e Sviluppo”, così l’enunciava: “…è quello sviluppo che consente di conciliare le esigenze del Mondo attuale senza compromettere quelle delle generazioni future”.
    Il concetto di sviluppo sostenibile prevede, prima di tutto e soprattutto, un uso giudizioso delle risorse naturali; infatti nel 2002 Collepardi [1] indicava quali cardini di uno sviluppo sostenibile i seguenti:

    ● massimo risparmio delle risorse energetiche e delle materie prime non rinnovabili;
    ● minimo inquinamento dell’ambiente, riutilizzando scorie provenienti anche da altri processi quali nuove risorse per una produzione eco-compatibile.

    Per Mehta [2] vi è la possibilità di legare intimamente i principi-cardine indicati da Collepardi assumendo che il danno ambientale “D” sia espresso dalla seguente funzione:

    D = f ( P, I, W )

    dove P = popolazione; I = indice di industrializzazione; W = rendimento di utilizzo delle risorse naturali.

    Stime attendibili parlano di una crescita da 6 ad 8 miliardi della popolazione mondiale nel 2036 fino a raggiungere i 9,2 miliardi nel 2050; a ciò si aggiunga una corrispondente crescita a livello industriale. Sicché, volendo minimizzare il danno ambientale “D”, non si può che intervenire sul termine “W”. Hawken e collaboratori [3] sostengono che solo il 6% del totale dei materiali in circolazione finisce con il diventare bene di consumo, mentre gran parte del materiale vergine ritorna all’ambiente sotto forma di rifiuto sia esso liquido, solido o gassoso. Infatti fino a qualche decennio fa, influenzati dalla rivoluzione industriale, si è data enfasi esclusivamente alla produttività visto che le risorse naturali erano abbondanti e l’ambiente in buona salute. Tale scenario è purtroppo cambiato e necessariamente si deve ricorrere ad un aumento del rendimento dei materiali vergini sì da ottenere un triplice beneficio:

    1) annientare lo spreco di risorse utilizzando solo lo stretto necessario;
    2) diminuire l’impatto ambientale dei processi produttivi;
    3) fornire basi solide per un incremento di forma lavoro a livello mondiale.

    Sulla scia della definizione data in precedenza, e sempre a Rio de Janeiro all’ “Earth Summit” del1992, si pone la definizione di sviluppo sostenibile come “un’attività economica in armonia con l’ecosistema terrestre”. In quest’ottica una sfida dei ricercatori operanti nel settore dei materiali da costruzione è rappresentata dal riciclo di scorie provenienti da altri processi industriali con l’obiettivo di produrre prodotti più economici e magari più prestanti.

    2. IMPATTO AMBIENTALE DEL CALCESTRUZZO

    Il cemento Portland, il principale legante utilizzato nel moderno calcestruzzo, non solo richiede un grosso utilizzo di energia per la sua produzione ma è anche responsabile di una notevole emissione di CO2. L’industria del cemento [4,5] è responsabile per circa il 5-7% dell’emissione globale di CO2; la produzione di una tonnellata di clinker di cemento Portland implica l’emissione in atmosfera di una tonnellata di anidride carbonica.

    Mediamente un calcestruzzo ordinario contiene circa il 12% di cemento, l’8% di acqua e l’ 80% di aggregati. Ciò significa che oltre a 1,5 miliardi di tonnellate di cemento, nel Mondo, l’industria del calcestruzzo consuma annualmente 10 miliardi di tonnellate di sabbia e roccia unitamente ad un miliardo di tonnellate d’acqua. L’estrazione, la trasformazione ed il trasporto di tali enormi quantità di aggregati, in aggiunta ai circa 3 miliardi di tonnellate di materiale grezzo di cui annualmente necessita la produzione di cemento, rappresentano un ingente consumo di fonti non rinnovabili.
    E’ possibile ridurre ll’impatto ambientale dell’industria del calcestruzzo con un duplice approccio a breve e lungo termine.

    In questo articolo è presa in considerazione una delle tante possibili soluzioni a breve termine attraverso l’utilizzo di sottoprodotti di altri processi industriali, quali le ceneri da biomassa, in parziale sostituzione del clinker di cemento Portland al fine di ridurre l’impatto ambientale legato allo smaltimento di un rifiuto e quello legato alle emissioni di anidride carbonica connesse con la produzione di clinker in cementeria.
    3. ENERGIA DA BIOMASSA
    In termini di produzione energetica la biomassa [6] consiste in tutto quell’insieme di materiali organici che possono essere utilizzati direttamente come combustibili oppure trasformati in altre sostanze (solide, liquide o gassose) di più facile utilizzo negli impianti di conversione. Le più importanti tipologie di biomassa sono residui forestali, scarti dell’industria della trasformazione del legno (trucioli, segatura, ecc.), scarti delle aziende zootecniche, gli scarti mercatali, i rifiuti solidi urbani (limitatamente alla sola parte organica), residui delle coltivazioni destinate all’alimentazione umana o animale (paglia) o piante espressamente coltivate per scopi energetici. Il principale vantaggio ambientale conseguente allo sfruttamento della risorsa biomassa [7] per fini energetici consiste nel limitare l’emissione di anidride carbonica in atmosfera poiché quella rilasciata durante la decomposizione, sia che essa avvenga naturalmente sia per effetto della conversione energetica, è equivalente alla quantità di anidride carbonica assorbita durante la crescita della biomassa stessa.

    Attualmente [8,9] la popolazione mondiale soddisfa il 12-15% del proprio fabbisogno di energia primaria grazie all’impiego di biomassa. In Europa il contributo di questa fonte al soddisfacimento del fabbisogno totale di energia è del 3-4%, mentre tale contributo sale al 35-38% nei paesi in via di sviluppo, dove tuttavia viene utilizzata con tecnologie a bassissimo rendimento energetico. Infatti, in tali paesi, spesso la biomassa sottratta all’ambiente non viene rinnovata con nuove coltivazioni; ad esempio in Asia il rapporto tra ettari disboscati e rimboscati annualmente è ad oggi di 25 a 1.

    I processi di conversione biochimica permettono di ricavare energia per reazione chimica dovuta al contributo di enzimi, funghi e micro – organismi, i quali si formano nella biomassa sotto particolari condizioni; tali processi vengono impiegati nel caso di biomasse in cui il rapporto carbonio/azoto (C/N) è inferiore a 30 e l’umidità alla raccolta superiore al 30%. Risultano idonei alla conversione biochimica le colture acquatiche, alcuni sottoprodotti colturali (foglie e steli di barbabietola, olive, patate, ecc…), i reflui zootecnici ed alcuni scarti di lavorazione (borlande, acqua di vegetazione, ecc…), nonché la biomassa eterogenea immagazzinata nelle discariche controllate. Le tecnologie adatte a questo tipo di processi sono la digestione anaerobica e quella aerobica.

    I processi di conversione termochimica sono basati sull’azione del calore che permette le reazioni chimiche necessarie a trasformare la materia in energia e sono utilizzabili per i prodotti ed i residui cellulosici e legnosi in cui il rapporto C/N abbia valori superiori a 30 ed il contenuto di umidità non superi il 30%. Le biomasse più adatte a subire processi di conversione termochimica sono la legna e tutti i suoi derivati (segatura, trucioli, ecc…), i più comuni sottoprodotti colturali di tipo ligneo – cellulosico (paglia di cereali, residui di potatura della vite e dei fruttiferi, ecc…) e taluni scarti di lavorazione (lolla, pula, gusci, noccioli, ecc…). Le tecnologie che appartengono a questo tipo di processo sono: co-firing, pirolisi, massificazione, combustione, carbonizzazione



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    4. CENERI DA BIOMASSA

    In Italia la diffusione degli impianti energetici basati sulla biomassa [10] rende significativo il problema dello smaltimento delle ceneri residue che sono prodotte in quantità elevate. Per queste ceneri [11] l’attuale legislazione sui rifiuti offre le seguenti possibilità:

    ● conferimento in discarica;
    ● recupero in cementifici e nell’ industria dei laterizi;
    ● produzione di compositi;
    ● produzione di fertilizzanti;
    ● autorizzazione allo spandimento a scopo agricolo.

    Il recupero in cementifici e nell’industria dei laterizi è previsto dal D.M. 5 Febbraio 1998; quindi tale operazione è sottoposta a procedura semplificata (comunicazione anziché autorizzazione). La scheda 13 del suddetto decreto si occupa appunto delle ceneri da impianti di combustione di biomasse ed affini, fanghi di cartiera inclusi. Purtroppo nella realtà gli impianti che producono questo tipo di ceneri incontrano non poche difficoltà nel trovare qualcuno disposto ad attuare il loro recupero; ciò è dovuto a problemi legati esclusivamente alla mancanza di figure professionali competenti, tanto nei processi industriali legati alla loro produzione, quanto nei processi industriali legati alla produzione di cemento. Infatti, l’eterogeneità che caratterizza la qualità delle ceneri è correlabile, come ovvio, con la natura della biomassa utilizzata, ma anche con lo specifico processo di conversione da cui le ceneri derivano.

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    5. CARATTERIZZAZIONE FISICA, CHIMICA E MORFOLOGICA DELLE CENERI

    In precedenza si è visto come la produzione delle ceneri da biomassa avvenga a mezzo di diversi processi tecnologici sì da ottenere ceneri estremamente eterogenee dal punto di vista delle caratteristiche fisico – chimiche. A ciò si aggiunga l’eterogeneità del materiale di partenza tanto che T.R. Naik e collaboratori [12], a proposito di ceneri derivanti dalla combustione di legno, notano forti influenze sul buon esito delle loro applicazioni in calcestruzzi strutturali imputabili, tanto al diverso metodo di trattamento, quanto a differenti caratteristiche fisico-chimiche dettate dalla specie arborea e persino dalle diverse condizioni e zone di crescita. Pertanto, nella ricerca oggetto di questo articolo sono state studiate dieci ceneri complessivamente, di cui sei provenienti esclusivamente dall’incenerimento di biomassa. Va precisato che il termine “fly ash” (cenere volante) può essere impiegato per tutte le suddette ceneri tranne una (classificata come cenere 7) che risulta essere una “bottom ash” (letteralmente cenere di fondo ovvero cenere più grossolana).

    Le ceneri oggetto di studio (Tabella 1) sono state così denominate:

    ● CENERE 1, provenienza biomassa, essiccata in forno 24 ore e setacciata al setaccio UNI 2 (passante 100% in peso);
    ● CENERE 2, provenienza biomassa, essiccata in forno 24 ore e setacciata al setaccio UNI 2 (passante 100% in peso);
    ● CENERE 3, provenienza biomassa, essiccata in forno 24 ore e setacciata al setaccio UNI 2 (passante medio 97% in peso);
    ● CENERE 4, provenienza non specificata, essiccata in forno 24 ore e setacciata al setaccio UNI 2 (passante medio 98% in peso), nel trattenuto sono stati rinvenuti rametti di legno e foglie privi di segni di combustione;
    ● CENERE 6, provenienza non specificata, essiccata in forno 24 ore e setacciata al setaccio UNI 2 (passante medio 98% in peso), nel trattenuto sono stati rinvenuti chiodi e materiale di tipo vetroso con segni di combustione;
    ● CENERE 7, provenienza biomassa, essiccata in forno 24 ore e setacciata al setaccio UNI 2 (passante medio 58% in peso), nel trattenuto sono stati rinvenuti chiodi e rottami di ferro con segni di combustione;
    ● CENERE 8, provenienza biomassa, essiccata in forno 24 ore e setacciata al setaccio UNI 2 (passante 100% in peso).

    Inoltre, a scopo comparativo si è scelto di affiancare alle ceneri in esame due fly ash (provenienti dalla combustione del carbone) già in uso per il confezionamento di calcestruzzo e quindi con comprovate e note caratteristiche chimico-fisiche sia proprie sia conferite al calcestruzzo (lavorabilità, a/c, reologia, ecc.). Le due fly ash da carbone sono classificate come:

    ● CENERE VES, proveniente dalla combustione di carbone in centrale termoelettrica;
    ● CENERE BRI, proveniente dalla combustione di carbone in centrale termoelettrica.

    Nella Tabella 1 vengono riportati i valori della massa volumica di ogni singola cenere misurata seguendo le indicazioni della UNI EN 1097 parte 7. Questi dati sono stati in seguito utilizzati per il calcolo del valore della superficie specifica Blaine.

    Durante la determinazione della massa volumica le ceneri 2, 3, 6 e 8 hanno messo in evidenza la risalita di parte del materiale incombusto che rimaneva poi in galleggiamento sul solvente contenuto nel picnometro. Nella Tabella 2 è quantificata la presenza di materiale incombusto contenuto nelle ceneri in esame attraverso la determinazione della perdita al fuoco (p.a.f.) secondo le indicazioni della EN 196 parte 2. A tal proposito val la pena notare come il valore della p.a.f. per alcune ceneri da biomassa (nello specifico la cenere 1, 2 e 7) risulti comparabile con i valori mostrati dalle ceneri provenienti dalla combustione di carbone.

    Oltre alla misura della massa volumica e della p.a.f. è stata effettuata una setacciatura a umido con lo scopo di caratterizzare granulometricamente la parte più fina delle ceneri in esame. Infatti tale prova, eseguita secondo le indicazioni della UNI 451 parte 2, quantifica il trattenuto al setaccio con apertura di 45 μm. I risultati sono riportati nella Tabella 3.

    Si può notare come la cenere 1 (da biomassa) risulti ricca di particelle inferiori a 45 micron tanto quanto le ceneri provenienti dalla combustione di carbone. Estremamente grossolana risulta invece la cenere 7, com’era lecito aspettarsi visto che si tratta di una bottom ash (da biomassa), e piuttosto povera in fine risulta anche la cenere 2 anche se risulta nominalmente classificata come fly ash. L’analisi granulometrica delle ceneri è stata ulteriormente approfondita attraverso la determinazione della finezza Blaine effettuata secondo le indicazioni della UNI EN 196 – 6.

    In questo modo si è ulteriormente qualificata la parte più fina delle ceneri in esame; infatti il valore della finezza Blaine si rileva sul materiale passante al setaccio di 150 μm. I risultati della finezza Blaine sono riportati nella Tabella 4.

    Il valore della finezza Blaine della cenere 1 (da biomassa) è decisamente superiore tanto a quello dei cementi più fini quanto a quello delle ceneri da carbone. Il valore della finezza Blaine della cenere 7 non è stato misurato in quanto risultava troppo grossolana per questa determinazione.

    Alla caratterizzazione fisica delle ceneri è stata affiancata anche una caratterizzazione chimico-morfologica eseguita attraverso un’analisi al microscopio elettronico a scansione (SEM). La caratterizzazione morfologica delle ceneri usate per la produzione di calcestruzzo viene indicata da P.K. Mehta e V.M. Malhotra come fondamentale per la spiegazione di alcuni comportamenti fisici, meccanici e reologici di calcestruzzi di tipo HVFA (High Volume Fly Ash) tanto allo stato fresco quanto a quello indurito [13]. L’utilizzo del SEM ha permesso di avvalersi della tecnologia EDXA (Energy Dispersion X-ray Analyzer) che consente di effettuare un’analisi chimica di tipo qualitativo e semi-quantitativo del campione in esame all’interno del microscopio. Per l’analisi al SEM sono stati utilizzati due campioni per ognuna delle ceneri, preparati rispettivamente con la cenere tal quale (essiccata in stufa per 24 ore e passante al setaccio UNI 2) e con la cenere finemente macinata a mezzo di mortaio (sempre previa essiccatura in forno) fino ad ottenere il completo passaggio al setaccio UNI 0,063. Con questa procedura, il primo campione di cenere manteneva pressoché inalterate le sue caratteristiche morfologiche mentre nel secondo avveniva una omogeneizzazione del materiale utile all’analisi chimica.

    Lo studio delle composizioni chimiche mediante EDXA (qui non riportate per mancanza di spazio) ha evidenziato come diverse ceneri, tutte provenienti da biomassa, possano risultare chimicamente eterogenee; per esempio, nella cenere 1 è presente una rilevante presenza di Silicio ed una notevole quantità di Alluminio, Ferro, Calcio e Potassio, mentre nella cenere 3 si nota solo presenza di Calcio, Potassio e Ferro. La diversa composizione chimica è ovviamente collegata alla diversa tecnica di conversione energetica ed all’eterogeneità dei materiali che ricadono all’interno della definizione di biomassa. D’altro canto nelle ceneri 1 e 2 da biomassa si registra una composizione chimica simile a quella delle ceneri da carbone.

    Passando all’analisi dei risultati dello studio morfologico si evidenzia una netta differenza tra le ceneri da biomassa e quelle da carbone; a tal proposito basta osservare la quasi totale presenza di cianosfere e plenosfere dimensionalmente assortite nel caso delle foto delle Fig.1 e 2 e l’assenza, o quasi, di forme geometricamente regolari nelle foto delle Fig. 3, 4 e 5.

    L’origine delle ceneri identificate con i numeri 4 e 6 non è ben precisata salvo che si tratta di materiale “misto”: queste ceneri da biomassa si differenziano nettamente da tutte le altre ceneri (siano esse da biomassa o da carbone) tanto a livello chimico quanto a livello morfologico. Si confronti per esempio la morfologia della cenere 8 (Fig.5) con quella della cenere 6 (Fig.6) : infatti, mentre nella cenere 8 (Fig.5) prevalgono particelle geometricamente regolari anche se non sferiche, nella cenere 6 (Fig.6) si registra la presenza di particelle geometricamente irregolari.
    Infine, è degno di nota che la cenere 7 da biomassa ma di tipo bottom ash risulta chimicamente simile alle ceneri 1 e 2 da biomessa di tipo fly ash.

    Ringraziamento. Questo articolo è stato ricavato da una ricerca condota come tesi sperimentale dell’Ing.Giuseppe Sforza presso i laboratori della Calcestruzzi Spa sotto la guida dell’Ing. Giuseppe Marchese.


    6. BIBLIOGRAFIA

    [1] M. Collepardi: “Sviluppo sostenibile” Enco Journal” n° 21, anno VIII, pag. 5.
    [2] P.K.Mehta: “Reducing the environmental impact of concrete”; Concrete International, Ottobre 2001, pag. 61 – 66.
    [3] P. Hawken, E. Lovins, H. Lovins: “Natural capitalism- Creating the next Industrial Revolution”, Little Brown and Co., 1999.
    [4] P.K. Mehta, V.M. Malhotra: “High Volume Fly Ash Concrete”, Supplementary Cementing Materials for Sustainable Development Inc., Ottawa, Canada, 2002.
    [5] P.K. Mehta: “Greening of the Concrete Industry for Sustainable Development”; Concrete International, July 2002, pag. 23 – 28.
    [6] www.energialab.it
    [7] Atti della IIa Conferenza Mondiale ed Esposizione Tecnologica sulla Biomassa per l’Energia, l’Industria e la Tutela del Clima, Palazzo dei Congressi Roma, 10 - 14 Maggio 2004.
    [8] P. Caputo, pHd in Energetica, Politecnico di Milano ed Accademia di Mendrisio.
    [9] A. Romer, direttore Elettricità Svizzera Italiana..
    [10] M. Alberti: “La gestione delle ceneri da biomassa: un problema da risolvere”; Progetto Fuoco, Verona, 23 Marzo 2002, M. Alberti CTI Energia Ambiente.
    [11] Regione Lombardia & Comitato Termotecnica Italiano: “Attività PROBIO della regione Lombardia”, Gennaio 2004.
    [12] T.R.K. Naik: “Greener Concrete for Sustainable Construction”, Two Days International Seminar on Sustainable Development in Cement and Concrete Industries, 17 – 18 Ottobre 2003, Politecnico di Milano.
    [13] V.M. Malhotra, P.K. Mehta: “High Performance, High Volume Fly Ash Concrete”; Supplementary Cementing materials for Sustainable Development I.N.C., Ottawa, Canada, 2002.

    fonte: www.enco-journal.com/journal/ej31/sforza.html

    Ecco una ragione in piu' per incentivare l'utilizzo di energia prodotta da biomassa la cui produzione di ceneri troverebbe un ruolo importante per lo sviluppo sostenibile e le costruzioni. A me piace l'idea, sentiamo che dicono gli esperti?
     
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    Immane Rompiball

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    Mi dispiace ma non riesco ad apprezzare la sottigliezza della cosa.
    Il cemento, il calcestruzzo o comunque qualsiasi materiale solido per edilizia vien fuori dalla terra, dalle cave o dai monti. Sia come materia prima, direttamente dalle cave, sia come sottoprodotto di lavorazione della pietra o di materiale di risulta o recupero da scavi, dragaggi ecc...
    Che ci si fa con il calcestruzzo? Lo bruciamo dentro dei reattori nucleari appositi e lo convertiamo in energia e scompare? No. Ci facciamo delle costruzioni. Quindi che facciamo in pratica? Spostiamo le montagne da un posto all'altro adattandole di forma. Dov'è il problema ecologico? Che differenza fa andare a stare in un caverna piuttosto che spostarla in un agglomerato di caverne che oggi chiamiamo città?
    L'acqua che si usa nel cemente serve per agglomerarlo, una volta che è indurito l'acqua ha fatto il suo lavoro ed è evaporata non si combina con il cemento nè con gli inerti. Quindi dov'è lo spreco di risorse? Ecco cosa non capisco di tutto questo che mi pare solo una masturbazione mentale ecologistico-ambientalista. Cos'è che mi sfugge? :unsure:
    Quindi, le ceneri da combustione della bio-massa che contengono sali minerali provenienti appunto dalla biomassa ed utili per lo sviluppo delle piante non è meglio usarle come concimi? A me pare una bestialità usarle come inerti. :unsure:
    Ah, già, ma io non sono ambientalista... <_<
     
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