SI AL NUCLEARE IN EUROPA

ITALIA IN CODA

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    Al termine della tre giorni di seduta plenaria, il 7 aprile il Parlamento europeo ha respinto tutte le risoluzioni proposte sul tema “Insegnamenti da trarre dall’incidente in Giappone per la sicurezza nucleare in Europa”. Stessa sorte per la proposta di risoluzione comune , quella avanzata come sintesi di tutte le altre risoluzioni nella quale era rimasta solo la richiesta di moratoria mentre era cancellata l’ipotersi di smantellamento delle centrali, che ha ricevuto 264 voti favorevoli e 300 contrari. Bocciati sia il phase out che la moratoria, così come non si è raggiunto un accordo per una linea comune sull’applicazione dei stress test.

    Stress test: i primi dissidi. Già nel corso della discussione tenutasi nella seduta del 6 aprile, erano emerse le diverse posizioni dei gruppi politici. Enikő Győri del Partito Popolare europeo aveva precisato, in avvio di dibattito e a nome del Consiglio europeo, la consapevolezza dell’UE dei “problemi legati alla sicurezza nucleare”, assicurando una revisione degli standard a seguito degli esiti degli stress test, con buona probabilità disponibili già a fine anno. E aggiungendo: “Fonti energetiche alternative saranno prese in considerazione, ma gli Stati membri che hanno scelto il nucleare non potranno semplicemente chiudere le centrali”.

    Un’ulteriore precisazione, su questo punto, è arrivata dal Commissario per l’energia Günther Oettinger, che ha parlato di “una lista di criteri redatti dalla Commissione, che saranno inviati al Parlamento e resi pubblici” per la fine di maggio. Oettinger ha, poi, ricordato: “I test saranno effettuati dai singoli Stati”.

    Dure obiezioni sono giunte soprattutto dai gruppi dei Verdi e dei Socialisti europei, che hanno stigmatizzato proprio l’impostazione volontaristica e nazionale degli stress test, sottolineando la necessità di affidarli a team di esperti internazionali e non alle autorità nazionali. Critiche, sebbene di tutt’altro tenore, sono giunte anche dai conservatori britannici secondo i quali una sospensione dei programmi nucleari in attesa dei risultati degli stress test, e’ come ”decidere una condanna senza avere prima le prove del reato”.

    No al phase out. Nel corso delle votazioni sugli emendamenti presentati per le risoluzioni, i diversi i punti di rottura tra gli europarlamentari si sono resi ancora più evidenti. L’accordo è mancato su una proposta presentata dal gruppo social democratico, d’accordo con i Verdi, che chiedeva di inserire ”l’invito agli Stati membri a mettere a punto eventuali strategie per uno smantellamento a medio o a lungo termine dell’energia nucleare”. La proposta di pensare ad un ‘phase out’ dall’atomo e’ stata respinta con 326 no e 251 sì. Altra spaccatura sulla richiesta di ”moratoria per lo sviluppo e l’attivazione dei nuovi reattori nucleari almeno per il periodo in cui si svolgono e si valutano le prove di stress”. L’idea generale e’ passata con 311 sì, 277 no e 31 astensioni, tra i quali sono rientrati anche il sì dei socialisti francesi e il sostegno di 9 deputati Pdl.

    Sulla durata della possibile moratoria, invece, sono prevalsi i no e nella votazione finale la risoluzione comune è stata complessivamente respinta. Il Partito popolare europeo, orientato all’approvazione, ha perso 56 dei suoi voti. Tra i socialdemocratici il capogruppo Schulz si è astenuto ma la maggioranza, incluso il Pd guidato da Sassoli, ha votato per la bocciatura di un testo considerato monco. Stessa scelta per i Verdi. Nell’Alde, l’Alleanza dei Liberal Democratici, ai 43 favorevoli compreso il capogruppo Verhofstadt si sono contrapposti 10 contrari.

    Divisa anche l’Italia dei Valori che ha visto il sì del capogruppo Rinaldi e i no di Alfano, Uggias e Vattimo.
    Non trovano accordi fra loro, figuriamoci con altri partiti.

     
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